domenica 7 aprile 2013

«Questioni scolastiche»



Non è necessario “il pensiero dialettico materialista per pervenire a concepire l'evoluzione della materia e l'origine e lo sviluppo della specie umana come processi indipendenti da ogni forma di creazione”. A questo ci pensano già in tanti senza essere “dialettici”, naturalmente interpretando in maniera errata il processo di formazione della materia e non arrivando a una motivazione esauriente; tuttavia è grazie al pensiero dialettico materialista che possiamo concepire l’evoluzione e lo sviluppo come processi e conseguentemente la possibilità dello sviluppo umano dalla necessità alla libertà. Non solo concepire, ma agire in tal senso. “La via dell’umanità – scrive Hegel – è la via che dal regno della necessità porta al regno della libertà”.



Ciò non significa però che nel passato l’uomo non abbia avuto alcuna cognizione dei rapporti sociali e non si sia servito di questa cognizione per acquistare maggiore libertà. È certo comunque che con il marxismo si è fatto un grande passo avanti nella comprensione di noi stessi e della vita sociale. La teoria marxista ha capito nella loro necessità e casualità i processi storici (*), astenendosi dal dare un giudizio morale.

Non basta dunque “concepire” (vedi l’XI Tesi su Feuerbach), è necessario agire; perciò è importante la formazione e la crescita di una coscienza sia individuale e sia collettiva di classe – la consapevolezza del mondo nel quale si vive, nel sapere necessario a decifrare la realtà del mondo. Ma ciò non è sufficiente: poiché la libertà dell'uomo è una questione che investe le forze produttive, i rapporti di produzione e la lotta di classe, è quindi indispensabile l’organizzazione politica della lotta di classe.

Ecco dunque spiegato perché Marx, fin dai suoi Manoscritti giovanili, parla di “socialismo”, intendendo come poi farà il comunismo, e non semplicemente a ogni piè sospinto di “pensiero dialettico materialista” (**), il quale è un metodo sì per conoscere la realtà (cosa di per sé d’interesse relativo), ma per trasformarla secondo degli scopi (cosa di per sé d’interesse assoluto). Scrive Marx:

Il difetto principale di ogni materialismo fino ad oggi, compreso quello di Feuerbach, è che l'oggetto, il reale, il sensibile è concepito solo sotto la forma di oggetto o di intuizione; ma non come attività umana sensibile, come attività pratica, non soggettivamente […].

La questione se al pensiero umano appartenga una verità oggettiva non è una questione teorica, ma pratica. E' nell'attività pratica che l'uomo deve dimostrare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere terreno del suo pensiero. La disputa sulla realtà o non-realtà di un pensiero che si isoli dalla pratica è una questione puramente scolastica.


(*) Ciò che è possibile è determinato per necessità (da leggi), ma non accade per necessità, bensì casualmente.

(**) Se non ricordo male, la locuzione "materialismo dialettico" è stata coniata da Lenin.



6 commenti:

  1. Di queste note, sì preziose, grato ti sono. Ma anche colpevolizzato, dacché l'agire langue, ahimè!

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  2. Dalla tua analisi si evince come il pensiero scorrelato dalla realtà sia di per sè non fruttifero ( o solo parzialmente fruttifero), si limiti cioè a un esercizio filosofico/scolastico.

    Non credo sia quindi un caso se il nostro sistema scolastico tende invece a convincerci del contrario, da un lato elevando il pensiero meramente astratto a massima espressione della mente umana, e dall'altra svilendo il fine pratico della conoscenza.

    Nella sostanza si eleva a fine quello che dovrebbe essere il mezzo della conoscenza, poichè le categorie della ragione non dovrebbero essere l'oggetto della conoscenza (come volevano invece gli idealisti) ma il mezzo attraverso cui conosciamo il mondo. E del mondo non dovrebbe interessarci la sostanza, ma le leggi che ne governano l'evoluzione.

    Complimenti per il blog, leggerti è sempre un piacere per la mente!

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    1. ciao Peperin, sulla prima parte del tuo commento sono perfettamente d'accordo. meno sulla seconda. non sono d'accordo sulla dicotomia da te tracciata tra oggetto e mezzo della conoscenza. per comprendere il mondo, per poi trasformarlo secondo uno scopo, è necessario conoscere le forme di movimento della materia.

      Scrive engels nella Dialettica della natura: "Nello sviluppo storico la casualità gioca un suo ruolo, che tanto nel pensiero dialettico quanto nello sviluppo dell'embrione è compreso nella necessità".

      Ma attenzione: "Tanto la scienza quanto la filosofia hanno finora del tutto trascurato l'influsso dell'attività dell'uomo sul suo pensiero: esse conoscono solo la natura da un lato, il pensiero dall'altro. Ma il fondamento più essenziale e più immediato del pensiero umano è proprio la modificazione della natura ad opera dell'uomo, non la natura come tale di per sé solo, e l'intelligenza dell'uomo crebbe nella stessa misura in cui l'uomo apprese a modificare la natura". Eccetera.

      Perciò l'uomo, il cui cervello è l'organizzazione più alta della metaria, ha fatto il salto dalla cieca necessità e ha la possibilità di affrancarsi da essa. purtroppo, anche nella scienza così come per il resto, facciamo tutto il possibile perché ciò non accada.

      con molta cordialità

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    2. Ciao,

      forse mi sono espresso male o in maniera confusa, ma è esattamente quello che intendo io quando scrivo "non dovrebbe interessarci la conoscenza della sostanza (Mondo, per parlare Kantiano), ma le leggi che ne governano l'evoluzione".

      Infatti io non ho suggerito nessuna dicotomia a livello logico (peraltro assurda, infatti senza uno strumento di conoscenza, non si può certo conoscere) bensì a livello ideologico.

      Per parlare più pratico, nella cosiddetta cultura dominante si tende a elevare a massima espressione della conoscenza i mezzi della conoscenza stessa (dialettica, logica, matematica...), piuttosto che l'oggetto e il fine della conoscenza stessa.

      Credo che non sia ideologicamente casuale, poichè è proprio l'applicazione degli strumenti di conoscenza al fine di conoscere le forme di movimento della materia (per usare le tue parole), che fornisce la possibilità concreta di comprendere e modificare mondo, natura, società, rapporti sociali (rapporti di produzione...).

      Come più volte hai ben argomentato, la cultura "minstream" è espressione della classe dominate, servendone gli scopi di prevaricazione.

      Un caro saluto

      Marco

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  3. a me pare che Marx intenda la prassi già come sintesi di potenza (concetto, mente) e atto (azione, mano). ce lo spiega bene quandi ci dice che il peggiore degli architetti è migliore della migliore ape, perchè l'uomo ha già realizzato nella sua mente le celletta che poi andrà a fare, mentre l'ape no.

    il materialismo si contrappose all'idealismo per motivi prettaente congiunturali, del clima del tempo, oggi invece ha poco senso. lo stesso Marx (ma non Engels, in particolare dopo la morte dell'amico fraterno) insiste fino alla noia che l' essenza del modo di produzione (di dis-umanità, ancor prima di merci e denaro) è un rapporto immateriale, un rapporto di dominio che si sostanzia in particolare nella schiavitù salariata

    da

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