venerdì 18 gennaio 2013

Mal d'Africa



C’è chi si lamenta per il redditometro, troppo invasivo, inquisitorio. La solita associazione dei consumatori dice di aver già dato mandato ai propri legali di impugnare «in tutte le opportune sedi», dalle Commissioni tributarie al Tar del Lazio, il decreto ministeriale sul redditometro «affetto da rilevanti vizi d’illegittimità in palese violazione degli articoli 3, 24 e 53 della Costituzione». Nientemeno. Si pensi che lo scostamento tra reddito dichiarato e spese dovrà essere – per destare un qualche accertamento – superiore al 20%, ma opererà anche una franchigia di 1.000 euro il mese (avercele, dirà qualcuno, 1.000 euro al mese per certe spese extra). L’Agenzia delle entrate ha chiarito che quest’anno è previsto che gli accertamenti sintetici siano 35 mila su una platea di contribuenti pari a 40-50 milioni. Fatti due conti sui 40 milioni di dichiarazioni dei redditi, al massimo ne potranno essere prese in esame ben lo 0,0875%. Se va bene – o male, secondo certi punti di vista – si tratterà di una dichiarazione su mille. Auguri.

Quello che invece c’è da osservare, è che negli ultimi anni l’Italia, per quanto riguarda il reddito pro capite, è passata dal 26° al 29° posto. Essendo una delle prime dieci economie del mondo non mi pare un gran risultato. Però si sa come vanno queste statistiche, spesso riflettono una realtà come quella descritta da Trilussa, c’è chi mangia due polli ma poi risulta che ne abbiamo mangiato mediamente uno a testa. Succede anche per altri paesi.

Per esempio, la Guinea equatoriale non è molto lontana dall’Italia nella classifica del reddito pro capite. Non solo, ha il reddito pro capite più alto dell’Africa. La crescita economica è tra le più alte del mondo e la prima del continente africano. Eppure è un paese poverissimo, dove la maggior parte della popolazione non ha acqua potabile. Come si spiega? Anche lì, come in Italia, grandi numeri di Pil e concentrazione della ricchezza. Forse che la Nigeria è in condizioni migliori? E il mitico Sudafrica? Pieno di debiti, sull’orlo del tracollo, ma la popolazione autoctona – salvo certa élite – vive in baracche e lavora a chilometri di profondità nelle miniere per paghe da fame, e le donne a servizio dei bianchi, i quali vivono negli agi – quando non nei lussi – tipici dell’occidente sviluppato.

Questo a dimostrazione, per l’ennesima volta, che l’apartheid si misura anche in rapporto alle differenze di classe sociale. Per rimuoverle non bastano le buone intenzioni e le dichiarazioni politiche di principio. 

2 commenti:

  1. a proposito di Africa, avete visto il doc su Thomas Sankara di stasera sulla rai?

    Perchè non esistono piu' politici così?!

    http://www.youtube.com/watch?v=ZDyOCw4suXk

    gg

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    1. è sempre la solita storia, come quella di Saro-Wiwa e prima ancora di Omar al-Mukhtār e di tanti altri. da un lato il colonialismo, quindi le multinazionali, ma anche le rivalità e i conflitti etnici africani. del resto l'europa ha scatenato due guerre mondiali e dopo secoli e secoli di conflitti. nulla di nuovo sotto il sole

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