mercoledì 30 gennaio 2013

Fino al giorno della morte



Perché stupirsi se uno come Silvio Berlusconi se ne viene fuori con frasi come quella dell’altro giorno su Mussolini? Forse non è noto come la pensa in proposito? È vero che ha scelto tempo e luogo dei più sbagliati (e quali sono quelli giusti?), ma l’ha fatto apposta. Del resto, che tra le tante nefandezze compiute da un torvo individuo come Mussolini – non solo quale capo del governo – ne possa scappare anche qualcuna di decente, ebbene rientra nel novero delle probabilità statistiche.

E non devono stupire nemmeno altre cose, specie in un’epoca – quale la nostra – dove i magistrati si mettono in aspettativa (!) per candidarsi a Presidenti del consiglio dei ministri e minacciare sequestri di proprietà a bischero sciolto. Per esempio non deve stupire che a presiedere nel dopoguerra la Sezione speciale per l’epurazione (dei collaboratori del fascismo, ovviamente) fu chiamato un alto magistrato, membro del Consiglio di Stato, tale Michele La Torre (nessuna parentela col povero e coraggioso Pio La Torre), a suo tempo collaboratore della rivista Il diritto razzista (si può immaginare la serietà e solidità giuridica), la quale uscì dal 1939 inizialmente come supplemento della rivista La nobiltà della stirpe, proponendosi di fornire le basi teorico-giuridiche del razzismo italiano ispirate al concetto di "una disuguaglianza razziale d'origine" che sarebbe diventato cardine dell'intero ordinamento italiano. Tutti i collaboratori di tale rivista – alti magistrati e professoroni – dopo il 1945 fecero carriera raggiungendo i più alti gradi delle magistrature repubblicane. Ce ne fu uno, Antonino Azara, già facente parte del comitato scientifico (sic!) della rivista, che divenne Primo presidente della Corte di cassazione e addirittura ministro della Giustizia nel governo Pella del 1953, poi per tre legislature senatore della Repubblica (DC).

Ma non sono i soli ex fascisti di alto rango ad aver ricoperto ruoli importanti in epoca repubblicana. C’è il caso di Gaetano Azzariti, firmatario del Manifesto degli scienziati razzisti, allora Primo presidente della corte d’Appello che accettò l’incarico di presiedere nientemeno che il Tribunale della Razza. Il suo collega, Michele La Torre, presidente della Sezione speciale per l’epurazione, evidentemente non ne aveva mai sentito nemmeno il nome.

L’Azzariti, dopo la liberazione di Roma nel giugno 1944, riprese tranquillo il suo posto presso l'ufficio legislativo del ministero di Grazia e Giustizia, tanto che alcuni mesi dopo, nel dicembre del 1943, il governo di Salò fu costretto a decretarne il collocamento a riposo (!!!). Il nostro non è a caso il paese di Arlecchino e Pulcinella. L’incarico presso l’ufficio legislativo, l’Azzariti, lo mantenne dal 1927 al 1949, anche quando presiedeva il Tribunale della Razza, e pure nel dopoguerra, con la sola interruzione dal luglio 1943 al giugno del 1944. Nel luglio del 1943 fu nominato ministro della Giustizia del governo Badoglio. Finita la guerra, egli, come detto, rimase al suo posto, per di più con ministro della Giustizia Togliatti, e fu lui a consigliargli di circoscrivere e anzi di porre fine all'epurazione dei fascisti dalle cariche statali (*). Fu anche membro delle due Commissioni per la riorganizzazione dello Stato e per la riforma dell’amministrazione. Diventò poi presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche e, dopo essere stato collocato a riposo per raggiunti limiti d'età nel 1951, il 3 dicembre 1955 venne nominato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica Giovanni Gronchi (sottosegretario del primo governo Mussolini, al quale votò la fiducia nei pieni poteri, anche se poi venne a prendere posizioni antifasciste). Azzariti divenne poi presidente della Corte costituzionale (!) il 6 aprile 1957, rimanendo in carica sino al 5 gennaio 1961, giorno della sua morte.

Pertanto, i miei giudizi, più volte espressi su questo blog, sulla classe dirigente e politica italiana sono ben fondati e motivati.

(*) Il diritto di fronte all'infamia del diritto, a cura di Loredana Garlati e Tiziana Vettor, Milano, 2009, p. 202.


1 commento:

  1. "Classe dirigente e politica"...a pensar male...

    Curioso che quando sono a un passo per vendere ai loro mandanti pezzi del patrimonio dello stato italiano - vendite per le quali aspettiamo fiduciosi le prossime finanziarie, causa, come no, il debito pubblico, - le quotazioni di alcuni gioielli del nostro patrimonio comune crollino. Monte dei Paschi prima e ora anche Saipem, che come conseguenza trascina con sè al basso anche E.N.I.

    Che siano dei venduti?

    Elementare Watson.
    Ciao Olympe,gianni

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