martedì 8 gennaio 2013

Dove va la Spagna?



La disoccupazione ufficiale nei paesi dell’euro ha raggiunto l’11,7%. L’Italia, per una volta, è nella media. I dati sono stati pubblicati dall’ufficio statistico dell’UE e dicono che le cose sono peggiorate rispetto al 2011. Ora i disoccupati nella UE-27 sono oltre 26 milioni dei quali quasi 19 milioni nell’area euro. Grecia e Spagna hanno tassi di disoccupazione ufficiale da guerra civile: oltre il 26%. Nella penisola egea il tasso è balzato dal 19,8% al 26 tondo tra il settembre 2011 e lo stesso mese dell’anno scorso. La Spagna guida la classifica con il 26,6%, vale a dire che 6.157.000 persone sono senza un’occupazione, il 32,7 dei disoccupati dell’area euro. Ben il 56,5% dei giovani spagnoli sotto i 25 anni non hanno lavoro. Ma la Spagna mostra anche di essere il paese che ha registrato la disoccupazione di maggior durata.

Tuttavia il commissario europeo del Dipartimento, Laszlo Andor, con la faccia tosta tipica dei tecnocrati della UE ha detto questa mattina che i dati più recenti mostrano che l'aumento della disoccupazione in Spagna "probabilmente sta per finire”. L'Economic Research Institute (EEI) stima invece che la disoccupazione spagnola raggiungerà il 27,9% nel 2013.

Il grande fermento autonomista è solo una spia di una situazione che si sta facendo ogni giorno sempre più insostenibile e le politiche economiche di “rigore” ne sono una delle cause. C’è da chiedersi che fine abbiano fatto gli indignados, movimento con molte idee ma ben confuse e conseguentemente privo di una vera organizzazione politica di classe. Ci sarà bisogno di un salto qualitativo nell’organizzazione della protesta sociale e questo può avvenire solo sulla base di una nuova strategia che abbia come perno la critica marxista del modo di produzione capitalistico e perciò assuma un carattere rivoluzionario dirompente e radicale che parta da una ridefinizione delle pratiche sociali, da nuove forme di esistenza collettiva più avanzate e sulla base di una razionalità irriducibile al modello limitato del profitto borghese.

È su questa frontiera, e non altrove, che i movimenti sociali sono chiamati a contarsi e definirsi. Oltre questa frontiera c’è solo lo schiavo compatibile e volontario, l’obbedienza disciplinata dalla paura in un gioco sofisticato di punizioni e di premi che s’incarica di costruire il riflesso della sopravvivenza, l’adattabilità al sistema, la sua passiva sopportazione. 

2 commenti:

  1. Mi sembra di aver letto su questo blog (non ricordo in quali post, magari me li segnala che me li rileggo), che la disoccupazione, è organica al modo di produzione capitalistico.
    Il problema che mi pongo e che pongo è: ma la classe borghese transnazionale, se lo pone il problema, che in questo modo si minano le basi strutturali del sistema capitalistico che tale classe vuole perpetuare, affinchè perpetui se stessa come classe sociale di mantenuti privilegiati?

    Un saluto

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    1. per es. anche qui:
      http://diciottobrumaio.blogspot.it/2012/12/demografia-e-ideologia.html


      la disoccupazione è necessaria per tenere bassi i salari ed è perciò congeniale al sistema e strutturale in esso
      saluti

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