L’anelito alla libertà individuale intesa “in relazione d’interdipendenza con quella di tutti gli altri”, costituisce un principio fondamentale e un
sentimento condiviso. Se poi si cita Bakunin, il principio è corroborato anche
di utopia. Tuttavia non c’è un solo borghese che non sarebbe d’accordo, non
tanto sul nome di Bakunin, ma sul principio e il sentimento in sé. Anzi, i
borghesi affermano che tale situazione di sostanziale libertà, pur con tutti i
limiti e difetti del caso, esiste già nei fatti nelle “democrazie” moderne.
Tuttavia le “idee”, per se stesse, e i buoni principi morali, non hanno mai trasformato l’uomo e tantomeno cambiato il mondo; l’abitudine delle
idee e l'attitudine dei principi è quella di procedere al passo della necessità e spesso seguendo le
trasformazioni sociali. La libertà, così come la democrazia (nozione di
supporto), privata di una contestualizzazione storica e sociale ben definita, resta
una parola abbastanza indeterminata, buona per un tema di scuola. Nondimeno,
per noi comunisti, dopo il paleantropo e l’homo sapiens, l’obiettivo non può
essere semplicemente l’aspirazione alla “libertà” se non come portato della
realizzazione pratica e concreta
dell’uomo collettivo, ossia dell’uomo
comunista, ed è questo il solo modo che abbiamo per affacciarci finalmente
alla storia, laddove l’irripetibilità dell’io diventi il luogo privilegiato
dell’esistenza del noi.
È solo interiorizzandosi
in ciascuna persona che i nuovi rapporti sociali di produzione (in gestazione,
possibili, latenti), possono ambire di rimodellare in continuazione la struttura
della coscienza alludendo a una trasformazione radicale dell’uomo sociale,
collettivo, ricomposto nelle sue molteplici pratiche e dotato di una nuova
spiritualità affrancata dalla superstizione religiosa. Naturalmente tutto
questo non è gratis, non viene perché piace agli spiriti buoni. Questo progetto
ha necessariamente bisogno di ridefinire
la coscienza rivoluzionaria e la pratica della ribellione. Non sarà quindi
declinando all’infinito la parola “libertà” o almanaccando sul tema della
collettività astratta che gli uomini potranno inventare o ritrovare le
inaspettate risorse della creatività, che potranno rimettere in gara
l’intelligenza e la bellezza al posto del successo e della ricchezza. Ci sarà
dunque bisogno di consapevolezza e di organizzazione della lotta senza
escludere nulla.
Viceversa, non si supera l’attualità e l’illusione
riformistica. L’ho già scritto innumerevoli volte ma giova ripeterlo:
l’alternativa storica al capitalismo, è necessariamente,
volent o nolent, il comunismo. Non può essere dato alcun significativo cambiamento
in presenza di rapporti sociali di produzione capitalistici; all’uopo non
bastano le vaghe idealità e quel pantano di genere robinsoniano, rousseauiano,
evangelico, ecc..
Prendiamo la frase: “Attualmente
il problema è collettivizzare il potere, dividerlo equamente, decentrarlo e far
si che le sanzioni siano rieducative”. Attualmente? Il problema del potere
e la sua gestione è vecchio come il cucco, più di Spartaco. E poi, che
significa dividere equamente il potere? Di quale potere si parla, di quello
politico o di quello economico? Forse il potere politico non è distribuito sulla
base della rappresentanza democraticamente eletta? Se non fosse così, allora
bastano delle riforme d’ordine elettorale o costituzionale. Il discorso
ovviamente cambia per quanto riguarda il potere economico, ma allora s’è
daccapo al punto di partenza.
E i diritti, su quale base concreta li determiniamo? Non
basta dire “eguali possibilità per tutti” per mettere le cose a posto. Questo diritto
è già sostanzialmente sancito in Costituzione – art. 3 – e sappiamo quanto è aleatorio.
Un diritto uguale, lo sappiamo bene, può diventare un diritto disuguale per
lavoro disuguale. Siamo perciò ancora sulla questione iniziale e non faremo un
passo in avanti senza considerare la trasformazione dei rapporti sociali di produzione.
Ancora una nota, più in generale. Non basta dirsi anticapitalisti, perché tali si definiscono anche parecchi fascisti.
Bisogna essere comunisti. E invece di
filosofeggiare con Raul Vaneigem (il Trattato
di saper vivere è un testo in uso anche in ambienti fascisti – difatti è
pubblicato dalla Società editrice Barbarossa – , ciò non lo fa ovviamente un
testo fascista, ma la cosa va segnalata tanto per dire della trasversalità di certi
riferimenti), sarebbe più utile e produttivo leggere e rileggere Marx. Non è
una lettura per il week-end o di una stagione, i suoi scritti non sono un
romanzo sulle cattive abitudini del capitalismo e tantomeno un Baedeker per il comunismo, è
lettura invece di una vita e merita di essere letto per ciò che c’è scritto e
non per le leggende che se ne raccontano. Marx è un autore straordinariamente
attuale, la sua opera il fondamento di ogni critica dei rapporti sociali di
produzione capitalistici, una fonte inesauribile di esperienze e tesori di
senso, perciò continuerà a essere un punto di riferimento imprescindibile per
chi vuole capire il mondo per cambiarlo davvero.
Arrivati alla fine di questo post ineccepibile, il pensiero si sinceppa. La difficoltà sta nell'immaginarsi uno sviluppo diverso da quello che ebbe il cosiddetto socialismo reale all'inizio del XX secolo.
RispondiEliminaE anche se un tale sviluppo fosse immaginabile, come può attuarsi quando la carne, il sangue e la mente del 98/% dell'umanità (sia ricca o povera, del Primo o Terzo Mondo, è indifferente) sono letteralmente impastati dallo spirito consumistico capitalista?
Tanti milioni di persone hanno accesso a un benessere che, per quanto illusorio e in crisi, agli umani vissuti sul pianeta dagli albori della preistoria fino alla metà del XX secolo, non è stato nemmeno possibile immaginare.
Questo benessere collettivo è in gran parte un epifenomeno del capitalismo, purtroppo (e sottolineo purtroppo). E' questo il grosso problema.
Quando milioni di individui hanno persino il lusso di diventare obesi; quando la mentalità collettiva totalmente introiettata è individualista e edonista; quando la lobotomizzazione emotiva dell'umanità ha raggiunto massimi storici ineguagliabili, è difficile pensare di cambiare il mondo con vecchie logiche, per quanto ineccepibili.
E' questo che mi blocca ogni volta che leggo di ritorno al comunismo. I tipi umani che lo desiderarono non esistono più. Sopravvivono solo alcuni esemplari, che non possono fare fronte comune.
Come bambini incapaci di diventare adulti, gli umani di quest'epoca, alla scelta "socialismo o barbarie", sceglieranno la barbarie.
Caro Massimo, quanto è vero il tema che poni così bene.
EliminaSarebbe necessaria da parte mia una risposta molto articolata alle tue affermazione, ma per ovvie ragioni mi limito a scarabocchiare qualche cenno.
L'umanità non è messa così come dici, è messa malissimo. Ieri citavo l’esempio della Spagna e mezz’ora fa parlavo con un’amica argentina e non mi ha detto cose tranquillizzanti. L’India, per citare un altro esempio, non è quello che viene raccontato oggi. Non parliamo poi dell’Africa. E anche negli Usa, nella loro opulenza, i salariati e disoccupati se la passano sempre peggio. E vediamo anche l’Italia che solo ora comincia avvertire gli effetti della crisi e che però s’inaspriranno. La storia si misura sul tempo lungo come ben sai, e la rivoluzione cui alludo per certi aspetti è già in moto. Ci sta pensando il capitalismo. Certo, non lascerà la scena dall’oggi al domani e non in modo incruento. È vero che le masse del terzo mondo aspirano al benessere del nostro piccolo mondo, il che è naturale. E tuttavia i nodi stanno venendo al pettine e francamente non sono ottimista. È una strada molto stretta quella che dobbiamo percorrere ma è una via obbligata, non ci sono scorciatoie.
No, non si ripeteranno le esperienze del XX secolo, non almeno per quanto riguarda il comunismo. In definitiva non tutto il male è venuto per nuocere. Ricordiamoci cosa scrisse Marx: il comunismo non è uno stato di cose che deve essere instaurato, ma un movimento reale che abolisce lo stato di cose presente". Ciò non corrisponde, come scrivono gli idioti su Wikipedia, a un principio deterministico. E su quest’ultimo punto mi pare di aver detto più volte e anche recentemente:
http://diciottobrumaio.blogspot.it/2013/01/i-penan-non-tagliano-piu.html
saluti
Mi auguro che tu abbia ragione,Olympe. Me lo auguro veramente.
EliminaPerò non credo che al collasso del capitalismo possa subentrare un comunismo "sano". Vorrei tanto, credimi, essere ottimista, ma mi è difficile, visto come vanno le cose. Potrebbero, semmai, subentrare, feroci nazionalizzazioni, man mano che le risorse diminuiscono (in primis il petrolio). In pratica, sarebbe forse più possibile una specie di stalinismo post litteram in ogni singolo stato, che un comunismo consapevole.
Ripeto ancora, desidero sbagliarmi, desidero essere ottimista, ma non vedo purtroppo i presupposti.
E' pur vero che la storia, come la vita è imprevedibile.
Posto perfetto. Rimane da aggiungere solo una buona dose di ottimismo, fermo restando che comunque per uscire dalla mentalità capitalista ci vorrà tempo :)
RispondiEliminaquasi perfetto (anche perchè la perfezione non esiste). in questa cosidetta democrazia per quel che riguarda i diritti del popolo scritti nella costituzione, nelle leggi ecc. ecc., una cosa è averli de jure e altra è averli riconosciuti nella vita di ogni giorno, siamo in democrazia, bellissima! non esiste un potere economico e un potere politico: esiste il POTERE. i politici sono semplici impiegati del POTERE. non per nulla il POTERE si è dato polizia esercito servizio segreto ecc. ecc., tutto ciò è roba sua. è chiaro, e mi fa piacere immenso, leggere che dobbiamo cambiare radicalmente il modo di produzione, trasformandolo da capitalistico in sociale. che "base politica", detto molto in generale, si deve organizare per dare il via alla svolta? come si fa a prendere nelle proprie mani i mezzi di produzione?
RispondiEliminafranco valdes, piccolo proletario di provincia
"Nondimeno, per noi comunisti..... alla storia, laddove l’irripetibilità dell’io diventi il luogo privilegiato dell’esistenza del noi."
RispondiEliminaE' una bella frase, ma contiene una dialettica che è difficile da governare,che vorrei precisare a modo mio
L' uomo comunista io non lo voglio, voglio l'uomo e basta, e il paventare uno sviluppo concettualmente mutuato dall' evoluzionismo scientifico mi crea qualche problema
preferisco di molto dove Marx, sognando una cosa, ci ricorda che non c'è una linea retta tra il passato e il futuro, ma da realizzare gli antichi pensieri
dire "uomo comunista" dice che c'è una incompatibilità ontologica tra l'uomo umano e il capitalismo, ma non vorrei mai che da questo se ne deduca che sia possibile ridefinire l'uomo in senso comunista
da
uomo comunista? non è quello dei manifesti sovietici, purtroppo è difficile liberarci di certi stereotipi del XX sec.
Eliminal'uomo e basta è un'astrazione idealistica
l'uomo è un essere sociale ed è definito dall'ambiente sociale in cui vive, è comunista perché sperimenta la forma sociale più avanzata
costruzione del comunismo e costruzione dei comunisti non sono due processi separati. Il lavoro ha prodotto l'uomo e il lavoro, nel capitalismo, lo ha scomposto in molteplici figure estranee, reificate e contrapposte.
liquidare la divisione del lavoro ereditata dal capitalismo non solo è possibile, ma è una condizione necessaria. la creazione dell'uomo comunista fa parte della rimodellazione delle forze produttive, della tecnica e della scienza entro il nuovo quadro di razionalità fondato sulla liberazione del lavoro. l'uomo libero è perciò l'uomo libero da questa schiavitù, la liberazione da questa schiavitù del lavoro capitalistico è il comunismo
presupporre una ricostruzione antropologica su base politica è in fondo il gioco delle classi dominanti
RispondiEliminai comunisti fanno politica (che è sempre economia-politica) senza che questo sia l' orizzonte ultimo
certo che faccio dell' idealismo, lo rivendico, proprio perchè mi consiglio spesso con il tedesco
comunque il post mi piace se non ti disturba lo ribloggo
da
non presupporre una ricostruzione antropologica su base politica, tutt'altro. parlo appunto, insistendo, di rapporti di produzione
Eliminatutto il rispetto per il tedesco, il quale però vede il mondo a testa in giù
nessun disturbo, anzi
grazie per l'attenzione