L’uniformità e l’omologazione del mondo sviluppa paure, distacco, repulsione. Si può passare per spiriti reazionari, elitari e borghesi, qualunque cosa voglia dire quest’ultima parola. Insomma, sentirsi fuori posto. Queste vecchie paure stoiche possono assumere un aspetto preoccupante. Se non vi è mai capitato, non stupitevi. Siete perfetti per questo nuovo mondo.
Si sviluppa un atteggiamento ambivalente: si sfruttano, seppur con sospetto, le nuove tecnologie, anche perché vi si è costretti, e però si continua a scrivere con la penna. Anzi, con la matita, peggio ancora con la matita portamine! C’è qualcosa di più retrò, di più snob? C’è ancora, non si sa per quanto, chi ammira la laboriosa lentezza dei secoli passati, la venerazione per gli scritti autografi, meglio se con le correzioni di mano dell’autore.
Rimpiangiamo di non poter più acquistare, con gusto sicurissimo, quelle piccole belle cose che si producevano un tempo. Quelle che occasionalmente mostriamo con orgoglio solo a chi riteniamo degno di considerazione e condivisione. Oggi quei piccoli oggetti sono diventati rarità dal costo inavvicinabile. Dunque se ne riconosce il valore, seppur tardivamente e speculativamente.
Il cambiamento decisivo è cominciato negli anni Venti. Le grandi modernizzazioni della vita quotidiana, la fotografia e la radio diventavano consuetudine; l’opera d’arte, riproducibile come un virus. Poi, man mano, la modernizzazione s’è fatta impetuosa nel dopoguerra, parossistica nell’ultimo mezzo secolo, degenerativa dalla sera alla mattina.
Alcuni giorni or sono, davanti a una tomba, ripensavo al ferro da stiro. Chi usa più quel vecchio arnese reso rovente dalle braci prese dalla stufa a legna? Certo non si può rimpiangere il dover fare bucato a mano (che le rovinava le mani e le costava così tanta fatica). No, le mie non sono nostalgie di questo tipo. Me la prendo con tutto ciò che diletta senza alcuno sforzo, e anzi con ogni comodo, una nuova razza di analfabeti.
La maggior parte delle persone non si rende conto di quanto siamo diventati vittime consenzienti di una violenza gigantesca, rimanendo pigramente storditi da cuffie e schermi, prigionieri di account e password. E sempre “raggiungibili”, trasportati dalla corrente che ci risucchia in un tunnel senza uscita.
Perdiamo il bene più prezioso dell’individuo: la nostra libertà di coscienza e di immaginazione, quest’ultima appaltata alle serie televisive e roba così. Mostrare disprezzo è inutile, ora ciò che si ama deve essere vissuto quasi da soli, in silenzio. Cosa che in questo momento, in cui copio-incollo nel blog, non sto facendo, e mi sento come può sentirsi un doppiogiochista.
https://ilsimplicissimus2.com/2023/08/06/lucraina-e-la-societa-incompetente/
RispondiEliminaGrazie per queste bellissime riflessioni, il suo sarà pure un blog di nicchia, ma di classe.
RispondiEliminaAmerei contemplare la sua collezione di calamai e pennini penso però che il bene più prezioso dell’individuo sia la sua capacità di creare relazioni, e lei ha questo dono.
RispondiEliminaGrazie anche per questo suo articolo.
(Peppe)
Troppo generosi, grazie
RispondiEliminaSimpatia, in senso etimologico.
RispondiEliminaPietro