Questa mattina, per caso, ascoltavo Alessandro Barbero dire delle cose sugli storici rapporti tra Stati e sulla guerra in generale, quindi su quella in corso in Ucraina. Osservava il professore: si sono dimenticate le numerosissime guerre dopo il 1945 e di quest’ultima pare esista solo un aggredito e un aggressore. Barbero, nel dire queste cose, che un tempo sarebbero parse persino ovvie, non gode più delle simpatie dell’ampio parterre che qui ometto di omaggiare come meriterebbe.
La Storia è diventata una questione geostrategica, allo stesso modo del petrolio, dell’acqua, dell’uranio o delle terre rare. Una materia prima per la quale le grandi potenze si contendono sempre più ferocemente. Tanto più che è facile e allettante scrivere una storia adattata alle esigenze politiche del momento.
Per non parlare sempre dei crimini di Washington, la Turchia continua a non tollerare di essere accusata di aver sterminato il 77% degli armeni. Il re Filippo del Belgio esprime il suo rammarico per la colonizzazione belga del Congo, ma nulla di più sui circa 10 milioni di morti causati da quella occupazione. Israele non si ricorda che prima dell’arrivo dei primi migranti ebrei, alla fine del XIX secolo, in quella parte del Medio Oriente viveva un popolo arabo. E avanti così.
Quale nazione ha le mani abbastanza pulite da rivendicare il diritto di giudicare senza essere a sua volta giudicata e squalificata dalla propria storia? Nessuna. La schiavitù, ad esempio, oggi è considerata un crimine contro l’umanità, ma per molto tempo è stata una risorsa economica perfettamente accettata e integrata da tutte le società che la praticavano, negli Stati Uniti fino all’altro ieri.
Il proliferare delle controversie sulla memoria e sulle responsabilità storiche testimonia la crescente febbrilità delle nostre società, afflitte da una crescente ansia.
Questa battaglia per la memoria non si svolge solo sulla scena internazionale, ma all’interno delle nazioni stesse, con tante mini-guerre civili. Non serve che ricordi che qui da noi il 25 aprile divide ancora. Non c’è nulla da fare, il fascismo non muore e noi, né più né meno come algoritmi, ne restiamo incastrati in modalità binaria sull’antagonismo fascismo/antifascismo.
È così che la Storia stessa si è disgregata e piano piano ha assunto forme nuove. La narrativa storica, manipolata da trafficanti e truffatori della memoria, è diventata una questione politica cruciale quasi quanto l’economia. A proposito, oggi cade il centenario dell’assassinio di Giovanni Minzoni.
Col passaggio dagli Assolutismi, in cui il popolo era PLEBE, alle democrazie, il POTERE è stato costretto a fingere, attraverso il suffragio universale(il voto anche alle donne diomio) e la scuola, che la plebe fosse diventata POPOLO. Ma il controllo sociale e politico continua ad essere ottenuto con la violenza, oggi fascismo, e con l’ottundimento di menti e coscienze attraverso “festa, farina e forca”.
RispondiEliminaAh, la saggezza dei Bonobo!
Il paese aspetta trepidante un altro centenario che cadrà fra un paio di mesi.
RispondiEliminaPietro
?
Eliminaottobre '23
Eliminanon mi viene in mente nulla di particolare, forse nel 1922?
EliminaAzz che gaffe! È vero! Che ciuccio, torno a studiare.
EliminaPietro