Porre un minimo di legge ai salari sembra diventato un attentato contro la libera impresa. In buona sostanza il solito coro dice ai lavoratori salariati: il vostro compito non è solo quello di essere poveri e docili, ma di esserlo in modo tale da accettare qualunque condizione di sfruttamento.
Per loro niente stock option, azioni gratuite, gettoni di presenza e soprattutto paracadute d’oro (oltre il pensionamento “normale” in base allo stipendio). Nel frattempo il salario medio, tutto compreso, dei lavoratori salariati di quanto è aumentato negli ultimi vent’anni?
I grandi capi, quelli che fanno crescita esterna, cioè delocalizzano e fanno fusioni e acquisizioni, quanto hanno guadagnato mediamente? Un confronto pro capite come questo piacerebbe leggerlo in qualche “libero” giornale, blog pragmatico o twitter realista.
Fare degli operai e degli addetti ai servizi degli irresponsabili. Nove euro l’ora, vergognatevi! Non ce lo possiamo permettere, dove andrebbe a finire la redditività delle imprese? E poi senza distinguere tra chi vive al nord e chi al sud: come potremmo stimolare la mobilità con una più accentuata differenziazione dei rispettivi salari reali?
La preoccupazione comune di questa gente è fare in modo che il lavoro costi il meno possibile ai padroni. Storia vecchia.
Quanti anni a salario minimo deve lavorare uno sfigato per guadagnare quello che intasca uno sfruttatore di schiavi salariati in un anno? Non gli basterebbe una vita, spesso neanche più d’una.
Si preferisce gettare la gogna sui percettori del RdC. Ma può venire voglia di lavorare quando vedi quello che offrono a te e quegli stipendi favolosi a loro? Disparità medievali.
Perché pagare così tanto i manager? Perché sono insostituibili? Ovviamente no. Neanche Lukaku o Mancini lo sono. Forse gli stipendi sono alti a causa della concorrenza internazionale? Non fateci ridere.
Va tuttavia riconosciuto che un bravo manager è quello che sa creare le “frodi carosello”, oppure iscrivere nei bilanci di un gruppo delle passività e svalutazioni di società acquisite ad hoc, o ancora e per motivi opposti gonfiare il valore di società fantasma.
E altre truffe travestite da affare (il tecno-gergo non governa solo l’economia, ma anche il vocabolario). Del resto come spiegare che un laureato in filosofia diventi amministratore delegato di una multinazionale se non per la sua abilità nelle acrobazie societarie e finanziarie?
I signori e le signore che si alternano al governo vogliono che si lavori più a lungo per finanziare le pensioni, gli ospedali, l’assistenza sociale, insomma la spesa pubblica, compresi gli stipendi dei grandi manager. Ci vogliono soldi, tanti soldi. Devono provenire necessariamente e principalmente dai lavoratori salariati.
Lavoro, lavoro e ancora lavoro. Non si parla d’altro, oltre che di corna d’élite. La domanda è: a quali lavori, quanto pagati, con quale status? Si potrebbe aggiungere un’altra domanda, di matrice anarco-insurrezionalista, dunque pericolosa: per produrre che cosa?
Un’unica determinazione governa la testa di quella gente: assegnare agli schiavi il salario più basso possibile. Storia vecchia anche questa.
https://www.thenation.com/article/economy/working-class-jobs-capitalism/
RispondiEliminaSe fai la stessa cosa ma su di un gommone sei un trafficante di vite umane.
RispondiEliminaPietro