domenica 27 agosto 2023

La configurazione del capitalismo nell'area europea

 

Caduto il famoso “muro”, entrati nell’era della globalizzazione, la sinistra parlamentare cambiò pelle e prospettiva politica. La corrente eurocomunista, che aveva rotto con l’URSS diversi lustri prima, intendeva modernizzare l’obsoleto progetto anticapitalista attraverso la costruzione europea, che divenne sacrosanta e fine a sé stessa.

L’europeismo si trasformò rapidamente nell’unico orizzonte politico di una sinistra parlamentare che abbandonava tutto il resto, a cominciare dal suo “popolo”. Convertita al culto monetario, l’UE e l’euro divennero per l’ex sinistra obiettivo strategico, spacciando la convinzione che una moneta comune potesse garantire pace e giustizia sociale, in sostituzione delle ormai odiate “ideologie”.

Una Bad Godesberg ancora più completa e definitiva.

All’inizio l’euro sembrava avvantaggiare tutti. La Germania otteneva ciò su cui aveva puntato, ossia uno stretto controllo sull’inflazione e una valuta forte per le sue esportazioni di fascia alta; la periferia europea aveva accesso a tassi di interesse sui mercati finanziari che sfidavano ogni concorrenza (la Grecia poi pagherà lo scotto più di tutti). La feticizzazione della moneta europea prese quasi tutti.

La crisi partita nel 2008 vide il sogno europeo infrangersi sempre di più. Gli Stati e la Bce volarono in aiuto del sistema bancario: il debito privato diventava debito pubblico. Il grande capitale, non contento di aver assorbito le sue perdite sulle spalle della gente comune, vide nella “crisi del debito sovrano” l’opportunità di riconquistare i profitti pre-crollo.

I tassi debitori di Grecia, Spagna, Irlanda, Portogallo e Italia salirono alle stelle. I governi dell’Europa meridionale accettarono i memoranda di Bruxelles (prestiti contro riforme strutturali). Non potendo rilanciare l’attività economica attraverso la svalutazione monetaria, quei paesi, ai quali se ne aggiunsero altri, s’imbarcando in una svalutazione interna gelando i salari e tagliando la spesa pubblica.

La questione dell’euro venne a intersecarsi con una serie di disaccordi che da allora attraversano la sinistra cosiddetta radicale e che però diventano parole d’ordine anche della destra: la nazione, la sovranità, l’internazionalismo, il rapporto con lo Stato. Parole d’ordine che sviano dall’essenziale.

Ci fu anche chi vaneggiava un “euro democratico”, come Yanis Varoufakis, forse non percependo appieno che proprio la UE e l’euro sono forme di dominio del capitale, sono la sua costruzione istituzionale più potente e più caratteristica nello spazio continentale, parte della configurazione storica contemporanea del capitalismo nellarea europea, per dirla in termini di semplice e inconfutabile realtà.

Pertanto, immaginare un percorso riformatore e progressista in una costruzione così fondamentalmente e profondamente liberale è un’illusione: l’alternativa non è quindi lasciarla o trasformarla radicalmente, poiché politicamente e concretamente non è data alcuna possibilità di quel tipo. La Gran Bretagna ne è uscita, ma in tutt’altra situazione e senza essere mai entrata nell’euro.

L’eurozona non è trasformabile, non è possibile riportare il suo modello alla deliberazione parlamentare ordinaria. Gli orientamenti essenziali delle politiche di bilancio o il rapporto con i mercati finanziari della Bce sono esclusi di fatto dalle decisioni del parlamento europeo, che è solo un orpello elettorale. Immaginare una riforma radicale di questo tipo significherebbe snaturare la costruzione europea, le sue finalità, e non capire che vi è stata una metodica cancellazione della sovranità politica nazionale, un’impresa che è stata lungo gli anni la caratteristica più decisiva della costruzione europea.

Il grande capitale è molto contento della creazione di un grande vuoto di sovranità, dell’assenza di un potere pubblico che possa opporsi a quelli privati. Si chieda in tal senso, per citare un nome noto, ai proprietari della Exor (holding finanziaria olandese controllata dalla famiglia italiana Agnelli, recita Wikipedia), e ciò vale anche per gli altri.

Questa ossessione di neutralizzare la discrezionalità sovrana è particolarmente valida nelle questioni economiche e monetarie, com’è oggi sotto gli occhi di tutti, e venne già intravista come progetto strategico negli anni Settanta, quando la sinistra liberal-comunista (non c’è da ridere) era occupata in faccende di più grande momento. Per esempio rubricare come “deliri” le analisi che evincevano chiari e netti i prodromi di una politica di neutralizzazione della politica nell’epoca eroica del rapporto Rockefeller per la Commissione Trilaterale, il quale metteva in guardia sugli svantaggi della democrazia per la condotta illuminata del sistema.

È questo avvertimento che il fondativo trattato europeo prese alla lettera: quanto sia pericoloso sottoporre alle persone cose di cui comunque non capiscono nulla (politica monetaria, di bilancio, ecc.), oppure le disposizioni in un testo costituzionale, eccetera. Meglio tenerle fuori e attraverso i media dar loro motivi di spensierata distrazione, alternati ad altri, di allarme, preoccupazione, paura, angoscia.

D’altra parte un’uscita dall’euro non è una alternativa praticabile per vie ordinarie, ossia politico-parlamentari, tantomeno per paesi come l’Italia, d’importanza strategica non solo economica. E poi è già impresa disperata recuperare il diritto di ridiscutere tutto ciò di cui ci è vietato discutere. In agosto, di domenica poi ...

3 commenti:

  1. Oggi mi è capitata una cosa inusuale: mi sono trovato davanti a uno schermo televisivo, mentre era in onda il TG1. Capisco che per milioni di persone questa possa essere la quotidianità, ma per me è un evento straordinario e traumatico. Infatti c'era Adolfo Urso, ministro di non so cosa. In passato mi era capitato di cercarne la biografia su Wikipedia, perché il nome di battesimo non è usuale per i nati nel dopoguerra. Infatti lui è nato nei primi anni cinquanta. I genitori l'hanno chiamato Adolfo. Sarà stato il nome del caro nonno, uno dice. Poi, appena il volto si copriva della prima lanugine, si iscriveva al Fronte della Gioventù, e poi al MSI. Coincidenze. È per dire che è uno che non tradisce le origini. Ma che c'entra col post? C'entra, perché lui stava a Lampedusa, dove ci sono tanti migranti, e ha detto una cosa originale: l'Europa non può lasciarci soli. Infatti non ci lascia soli, per non rischiare che facciamo qualcosa nel nostro interesse.

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    1. mi viene in mente il film Le prénom (it. Cena tra amici)

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  2. Ancora una volta ho dovuto ricorrere a Google per colpa dei tuoi post.
    Stavolta è per Bad Godesberg.
    Quante cose che non so.
    Beh.... adesso una di meno.
    Grazie cara

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