Certi luoghi balneari diventano il teatro di un estetismo della vita. Ogni spiaggia ha il suo Papeete, il suo Twiga in sedicesimo, eccetera. Quelli che arrivano e siedono al tavolo, nei primi momenti sembrano come poeti in cerca d’ispirazione, ostentano la stessa strana aria assente, si guardano intorno per incontrare volti conosciuti, più ancora cercano di essere riconosciuti.
La nuova epoca ci ha aperto le braccia, e però mi vengono in mente le prime scene del film I vitelloni, uno dei pochi buoni film di Fellini, con un Sordi che non ha ancora replicato troppe volte sé stesso. Quel raduno estivo proposto dal regista, prima di un amaro inverno, dimostra che ogni epoca ha le sue superficialità, le tendenze che oggi ci seducono domani finiscono nel ridicolo.
Un crocevia di stili e di mondi che si assomigliano. Si scappa dalla spiaggia rovente per venire a sudare quello che si tracanna a prezzi non moderati. Seduta al nostro tavolo, tra gli altri, c’è Monica, “quasi pensionata” (le mancano sei anni!). Racconta il suo inferno: voleva dimostrare ai suoi genitori che non era una fallita che bazzica l’università. Ha abbandonato gli studi di lettere per lavorare come segretaria in un grande gruppo di assicurazioni, a sua volta assorbito di recente da un gruppo assicurativo ancora più grande.
Da allora muore lentamente nella sua torre climatizzata dove smista la posta, risponde a chi chiama, sostituisce le cartucce della fotocopiatrice e fa da straccio ai colleghi di più alto grado che la chiamano con un vezzeggiativo. Parla delle nuove architetture (quel genere che io definisco crudeltà architettonica e violenza urbana), sognava di fare la scrittrice, ma su questo film non dice altro.
Afferma che dove lavora, tutto sommato, si trova bene. “Vedere la città dall’alto è rassicurante”, dice convinta e affascinata dal cemento di uno dei più grandi centri economici d’Europa, la vetrina nazionale della modernità high-tech. È un posto pratico, con il centro commerciale vicino per comprare le sue piccole cose prima di rientrare a casa, dove vive sola.
Anche il suo compagno vive solo (non sono tra loro sposati, e non ho chiesto di più), lavora nel ramo assicurativo, in posizione apicale. Lui ci racconta che dal lunedì al venerdì per cenare acquista solo cibi “svelti”, insalate e alimenti che basta riscaldare. Ridendo ci dice che aziona la lavastoviglie una o due volte alla settimana. Il sabato e la domenica, invece, gli piace mangiare con gusto, nei ristoranti più scelti. Poi, in genere, vanno a ballare o frequentano luoghi dove ci si incontra tra gente che si conosce.
Poi, appunto, ad agosto, vivono un paio di settimane di tregua. Molto simpatici, sorridenti, alla mano, sembrano contenti, probabilmente lo saranno anche passato agosto.
Sì può ancora parlare di vita se si deve accettare ciò? Mi sovvengono i versi di una canzone di mezzo secolo fa:
RispondiElimina"Every year is getting shorter,
never seem to find the time
Plans that either come to naught or half a page of scribbled lines
Hanging on in quiet desperation is the english way
The time is gone, the song is over" [Pink Floyd, Time, 1973]
(Peppe)
saggezza del polpo: se po' campa' accussi'?
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