Paradiso perduto per chi non va in vacanza sono le piscine. Regno del cloro, dei peli corporei di ogni tipo, castani, rossi, biondi, lunghi e corti. Le cose non andavano meglio nelle antiche terme romane, tantopiù che il sapone era ancora un perfetto sconosciuto. Il numero di batteri nella piscina calda in particolare doveva raggiungere vette astronomiche. Il bagno vero e proprio consisteva in una specie di sauna: prima c’era un bagno di sudore, poi un bagno freddo, poi un massaggio, seguito da letture o spuntini in una stanza piacevolmente tiepida.
Le persone sedevano insieme in latrine comuni senza tramezzi e parlavano degli dei e del mondo. I servizi igienici avevano un canale con acqua corrente che scaricava via i detriti. C’erano servizi offerti in stanze sul retro o in angoli bui. Il sesso in vendita era onnipresente nell’impero e costava solo pochi assi, come venivano chiamate le monete di bronzo. I graffiti di Pompei ne sono testimonianza eloquente.
Seneca era uno dei residenti privilegiati di Roma, poteva permettersi un palazzo confortevole. Se non fosse per le terme del quartiere: “Quando qualcuno riceve un massaggio, sento il battito delle mani. Se poi hai un giocatore di palla che continua a contare ad alta voce il rimbalzo, è tutto finito. Poi ci sono quelli che si buttano in piscina e spruzzando acqua in tutte le direzioni!”.
Oggi la situazione è anche peggiore nei parchi acquatici. Coorti di bambini corrono e ululano la loro gioia, adolescenti saturi di ormoni, la piscia nell’acqua blu, “un bambino ha vomitato nella vasca idromassaggio”, avvertono i commenti. Papà panciuti giocano a battaglie d’acqua con i figli, mamme in coma sulle sdraio. Si sta come in un insettario, disagio fisico e psichico. Un safari gratis nell’inferno dell’estate.
C’è il parente che va in campeggio dotato di piscine e scivoli, t’invita ogni anno con la scusa del compleanno. Dopo due dinieghi, al terzo invito devi piegarti. Evidentemente non c’era posto migliore per festeggiare. È davvero tutta una questione di prospettiva. Dobbiamo affrontare i fatti: qui tutti sono determinati a divertirsi e il buon gusto potrebbe essere interpretato per snobismo nel buonumore ambientale. Fai come se ci divertissimo, mi dice chi mi vuole bene. Ci sentiamo fuori posto e in colpa, tutto qui.
È arrivata anche la nonna dei bimbi, un po’ sopraffatta, però sollecita a moltiplicare le proposte di attività, ma è impossibile staccare i più grandicelli dallo schermo del telefono. Altri due invitati chiacchierano su sedie di plastica e ci raccontano che andavano in ferie, prima del Covid. In ogni cosa della nostra vita c’è una grande cesura, un prima e un dopo il Covid (a.C. – d.C.). Con l’inflazione e l’aumento dei prezzi, ci dicono, le previsioni del tempo apocalittiche, hanno deciso che anche per quest’anno sarebbero rimasti a casa. Noi annuiamo, del resto ci manca l’adrenalina giusta per condividere queste tragedie familiari. Stanno aspettando la pensione, eccetera.
Finalmente possiamo lasciare questa bolla di divertimento, di roulotte, capanne di paglia e sensazioni facili. Siamo ai saluti, altri improrogabili impegni ci attendono, grazie di cuore. Di rimando: grazie del regalo, non dovevate. Dovevamo, invece. La realtà la ritroviamo intatta all’uscita con il brutto tempo. Evitiamo di voltarci.
Mi hai fatto ridere. Molto.
RispondiElimina