domenica 13 febbraio 2011

La strada per Dongo è ancora lunga


Gli editoriali di Eugenio Scalfari sono importanti almeno per un motivo: se non dettano la linea sono però espressione di certi ambienti e di certi contatti. Scrivevo in questo post:
«Finora negli stessi grandi gruppi industriali e finanziari si confermavano posizioni differenziate e tuttavia non ostili al governo, basti pensare a concentrazioni statali come Eni, Enel, Finmeccanica, o alla rete di relazioni tra Assicurazioni Generali e Mediobanca. Tutta roba che non pesa poco.
Eppure il vento sta cambiando davvero e il mutamento di certe posizioni sui grandi fogli a stampa ne è una spia. Si tratta di un venticello che spira dall’Europa, dove un esecutivo distratto e passivo non rappresenta più solo una comoda sponda per i giochi dell’asse franco-tedesco, ma comincia a essere percepito dal lato della sua debolezza, cioè di una situazione che può investire direttamente i grandi interessi continentali e l’euro in un momento di grave difficoltà. E a tali interessi è legato il cuore produttivo ed europeo del paese».
Nel post successivo mettevo in luce quanto era stato deciso (anche se non ancora sottoscritto) al vertice di Bruxelles ai primi di febbraio:
«in cambio di una stretta della disciplina sui conti pubblici cui si aggiungerà un governo economico europeo in stile tedesco su pensioni, fisco e salari, la Germania finalmente unificata (do you remember?), azionista di maggioranza dell'euro, promette di fare la sua parte erogando eventuali aiuti da destinare al fondo di stabilizzazione della zona euro (Efsf)».
Quindi ieri riportavo che «il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha candidato pubblicamente il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi alla successione di Jean-Claude Trichet». Fatto un po’ insolito visti i rapporti personali che, dicono i bene informati, sono intercorsi tra i due. Ma appunto per questo, soggiungo.
Oggi se ne viene fuori Scalfari (ma anche Casini) che vuole le elezioni e la Lega è in mezzo al guado. L’Europa, ovvero l’asse franco-tedesco, vuole non solo “il patto sulla competitività” ma soprattutto il rientro dal debito. Se la situazione spagnola è un mare agitato, quella italiana non è più sostenibile e la borghesia nord europea non è più disposta a scommettere su un governo immobile, ricattato e ricattabile, senza una maggioranza solida e reale in Parlamento. Gli interessi delle partite iva non coincidono più come prima con gli interessi europei, e un’Italia debole e instabile non conviene più. C’è bisogno di cambiar colore, di molta vernice sotto la quale mascherare una nuova politica dei “sacrifici”, quindi di un ”Papa straniero”, conviene Scalfari. Ma questi lo deve scegliere il Presidente della repubblica. Il quale dovrebbe sciogliere il Parlamento per manifesta insufficienza dell’attuale governo. Facile a dirsi.
Bisognerà vedere, Berlusconi non mollerà facilmente, i suoi giornali hanno già ricevuto l’ordine di fuoco ad alzo zero contro il Quirinale. Da tempo vado dicendo che la scossa finale la daranno i famigerati “mercati”, non la magistratura.

2 commenti:

  1. L'editoriale di Scalfari non lascia adito a dubbi su quale sia l'intento dei settori di potere forte di cui Repubblica è un autorevole organo.

    Il comitato d'affari punta a cambiare cavallo al più presto, perché l'attuale è troppo inefficiente - troppo cost-ineffective, per parafrasare il gergo dei tecnocrati - nella trasformazione socioeconomica del Paese in un bel lager liberista.

    Scalfari lo dice a chiare lettere, ci vuole l'ennesimo banchiere, l'ennesimo economista in polpe e parrucca, l'ennesimo bandito gradito a Francoforte, l'ennesima Ruby fregiata di studi alla London School of Economics, l'ennesimo prostituto del potere e del denaro buono per tutte le stagioni, l'ennesimo Amato, l'ennesimo Draghi, l'ennesimo Padoa, l'ennesimo Ciampi. Le "risorse per il Paese".

    E probabilmente sarà proprio l'ennesima sacra intoccabile "risorsa per il Paese" a rimpiazzare B., con la benedizione di tutti gli astanti, pseudo-partiti e pseudo-sindacati in testa. Una personalità "super partes", osannata dal coro della stampa di regime (e guai a chi osa criticare: lesa maestà). Un paradigma vivente del politicamente corretto. Nelle migliori condizioni per rapinare, schiavizzare, degradare e umiliare i lavoratori senza opposizione, dispiegare l'horreur economique col sorriso sulle labbra, e instaurare lo Stato huxleyano che è nei più fervidi voti della dittatura corporate.

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  2. non ci piove

    huxley è uno dei miei autori preferiti (L'eminenza grigia, su tutto), e conosceva bene il suo ambiente

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