Anche il più grande filosofo nazionale vivente, nel suo editoriale odierno, si occupa del pettegolezzo sanremese come un comune blogger, segnatamente dello show del cavalier Benigni. Scalfari suggella la performace dell'attore con questo giudizio definitivo: «Ha dato anche notizie di fatti antichi probabilmente ignoti ai più». Certo, non poteva tenere una lezione di storia, ma se avesse accennato una piccola nuance, rivelando chi uccise il suo eroe, il Mameli, avrebbe dato un dispiacere in Vaticano, ma sicuramente tra quei “20 milioni di italiani che per quaranta minuti hanno riso, applaudito, e preso a cuore il Risorgimento”, nessuno sarebbe rimasto con l'eventuale dubbio che ad ucciderlo sia stato un colpo vagante di un cacciatore di frodo. No, direbbe Scalfari, da buon gesuita laico, si sarebbe rischiato di guastare la festa, la comparsata risorgimentale, se Benigni avesse detto che Mameli fu colpito dal piombo di un esercito straniero che combatteva contro gli italiani in nome e per conto del Papa-Re. L’ennesimo straniero calato in Italia su chiamata del Vaticano, ossia per conto di quella chiesa che è stata sempre acerrima oppositrice di ogni autonomia e indipendenza nazionale. Quella stessa loggia ecclesiastica che maramaldeggia tutt’ora con pretesca cavillosità ad ogni tentativo di laicizzare effettivamente uno Stato che da troppo tempo è sotto tutela clericale su ogni e qualsiasi materia, sia per imporre un idolo appeso al muro, ma anzitutto su quei temi che attengono la libertà di ogni individuo. A nessun suddito può essre dato di decidere di vivere e morire come cazzo gli conviene, ossia secondo coscienza e in ossequio a principi universali e leggi europee, di educare i propri figli senza ritrovarsi tra i piedi dei pezzi di merda con la tonaca che straparlano del disegno intelligente e di altre cosmiche fregnacce, che ti dicono quando, come e con chi scopare (se non sei presidente del consiglio).
Non è un caso che qualche riga dopo, parlando di fatti politici correnti, riferendo della riluttanza di Casini ad allearsi in coalizione con il centro-sinistra per battere Berlusconi, Scalfari racconta di come Casini punti invece dichiaratamente a far vincere al Pdl-Lega le prossime elezioni, che incasserebbero così il premio di maggioranza; ma non al Senato, dove, secondo il leader caro al Vaticano, Pdl-Lega non vincerebbero. «Ci saranno – scrive Scalfari – allora due Camere con maggioranze diverse e quindi una situazione ingovernabile senza un compromesso. Spetterà allora a lui, Casini, proporre una "grande coalizione" che unisca tutte le forze politiche per gestire la crisi, a cominciare dal Pdl e dalla Lega, ma senza Berlusconi premier. Questo è il progetto, probabilmente supportato anche dal Vaticano».
Come già nel 1922, il Vaticano sguazza in simili situazioni. Ne ho scritto in questo post.
In qualunque altra democrazia sarebbe possibile l’ingerenza di uno Stato straniero come il Vaticano, di un’organizzazione mondiale così potente e occulta come la Chiesa cattolica, a tale livello nelle faccende politiche interne fino a determinarne gli assetti? Se dunque Berlusconi è un’anomalia smaccata di cui Scalfari si occupa con la propria oratoria in ogni occasione possibile, perché tacere di uno scandalo abnorme come quello della perdurante ingerenza vaticana nelle delicatissime questioni politiche italiane? O è sufficiente giustificare questi gravissimi fatti con il consenso di cui gode il cattolicesimo in Italia? Su questo punto cruciale, sugli ammiccamenti tra Berlusconi e i cardinali, la sinistra italiana, di ieri e di oggi, ha solo da andarsi a nascondere.
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