In una società in cui la festa è intesa come mera interruzione del processo produttivo, si tratta di una società di schiavi.
Ad ogni buon conto, dovendo accontentarci, registriamo che il consiglio dei ministri, cioè Silvio Berlusconi, ha preso una “sofferta” (TG2) decisione: il 17 marzo è festa, cioè non si lavora. Quei simpaticoni di provincia della Lega Nord non hanno perso l’occasione per “stigmatizzare” la decisione (questione di Pil!) e rassicurare i supporter padani, dediti al lavoro, che nonostante il magna e bevi che si fa a Roma, loro, i leghisti duri e puri, puntano al federalismo, dopo aver fallito la secessione. E a proposito di federalismo e di Pil, sarà bene rammentare alcuni dati Istat, riferiti al 2005 (ci vuole tempo!), e pubblicati sul Corriere di oggi:
il record del “sommerso”, sinonimo di evasione, spetta al settore «alberghi e pubblici esercizi», e si aggira attorno al 56,8%;
lavoro domestico e badanti si ferma al 52,9%;
agricoltura (31,1%) e commercio (21,7%);
l’industria tocca l'11,7% (per bilanciare le lunghe pause mensa degli operai);
nel settore delle costruzioni si arriva al 28,4%;
il tessile-abbigliamento-calzature è al 13,7%, ma è un dato molto sottostimato;
gli alimentari (10,7%);
Per quanto riguarda il lavoro in nero, dopo cuochi, camerieri e colf, ci sono istruzione e sanità (36,8%), trasporti e comunicazioni (33,9%), commercio (32,1%); servizi alle imprese (21,5%).
La borghesia ha trovato in questi scienziati sociali della padania una sponda ben utile per distrarre l’attenzione contro un sempre possibile ritorno del protagonismo del proletariato.
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