martedì 1 febbraio 2011

Campioni del mondo



Il caso della mancata estradizione del latitante Cesare Battisti è uno dei tanti episodi che ben illustrano lo stato dell’informazione nel nostro paese. Nei media in generale i motivi del diniego brasiliano all’estradizione del suddetto sono stati sostanzialmente censurati o minimizzati. Un esempio di questa smaccata censura può essere quello di Repubblica [qui]. Ma la prima censura è quella di Napolitano, che nella sua lettera alla presidente Rousseff non cita i motivi del diniego brasiliano. Sul Corriere della sera del 29 scorso, Rocco Cotroneo è quello che spiega meglio il rapporto epistolare tra il presidente della repubblica italiana e quella brasiliana, pur senza indicare i motivi del diniego [qui].
In risposta alla lettera del “migliorista” Napolitano, la nuova presidente del Brasile replica: «Di ritorno dalle ferie, in febbraio, il Tribunale supremo del Brasile si manifesterà sulla decisione presidenziale». La decisione presidenziale, cioè di Lula, ricorda Cotroneo, fu “adottata sulla base di un dettagliato parere dell'Avvocatura dello Stato”. Che cazzo ha argomentato l’Avvocatura? Mistero. Ma non è casuale che in riferimento all'Italia la presidente Rousseff si dolga delle «ingiuste posizioni in relazione al Brasile, al mio governo e all' ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva».
I governanti italiani, anche nei rapporti con esponenti politici stranieri, pensano di trattare le faccende internazionali con lo stesso metodo con cui trafficano i propri affari in patria. Lo stesso Cotroneo, in un articolo del 30 dicembre, scriveva: «Resta difficile in Italia capire il perché di questa posizione». In Italia, appunto. Quindi passava a parlare dei tre gol segnati da Paolo Rossi al Brasile nel 1982! Ma veniamo al dunque.
Giovedì 27 gennaio, a pag. 9, il manifesto pubblica un’intervista  che Battisti ha rilasciato a Marita Mello e Vinicius Mansur del giornale Brasil de fato. Qualche pignolo lettore ha sollevato obiezione perché l’intervista non è accompagnata da alcun commento del quotidiano romano, cioè "senza avvertire il bisogno" di una "presa di distanza". E questo la dice lunga sul concetto d’informazione che ha certa gente. Maurizio Matteuzzi, un giornalista che conosce le questioni sudamericane assai bene e che leggo sempre volentieri, risponde per le rime a pag. 10 sul quotidiano uscito domenica. Ma al di là di questo, Matteuzzi ricorda ai lettori i motivi che hanno indotto, sulla scorta del parere dell'Avvocatura dello Stato, il presidente Lula a negare l’estradizione. E richiama un articolo di Franco Corleone sul tema, pubblicato proprio sullo stesso manifesto del 12 gennaio:
«Mauro Palma e Alessandro Margara ( Manifesto, 31/12 e 7/1) hanno messo in luce i due punti che suscitano la contrarietà del Brasile: il fatto che l’Italia conservi la pena dell’ergastolo e la mancata ratifica del protocollo addizionale alla convenzione contro la tortura (che prevede un meccanismo ispettivo sovranazionale e l’istituzione di una autorità garante dei diritti dei detenuti)».
Da ciò si evince che i lettori de il manifesto sapevano, almeno loro. E poi, come sottolinea Corleone, ex sottosegretario alla giustizia:
«Sono davvero questioni così irrilevanti da non meritare un confronto? Antonio Cassese, acuto giurista e paladino dei diritti umani, è incorso in un errore grave sostenendo che per la pena dell’ergastolo esistono forme di detenzione alternativa, delle quali Battisti potrebbe usufruire. Non è così, in quanto i suoi reati rientrano fra quelli previsti dall’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario, che non consentono la liberazione condizionale. Ciò dimostra, se mai ce ne fosse stato bisogno, che in Italia l’ergastolo non è una finzione giuridica, come si vorrebbe far credere, anzi è una realtà pregnante (perfino in aumento negli ultimi anni). Con la stessa logica con cui l’Italia si rifiuta di consegnare un prigioniero ad un paese che prevede la pena di morte poiché estranea al suo ordinamento, così il Brasile si comporta per l’ergastolo».
Sulla questione della tortura in Italia, vedere Amnesty International.

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