mercoledì 2 febbraio 2011

La rivoluzione d'Egitto



La situazione in Egitto, a sentire i media nostrani, sarebbe da un lato quella di un Mubarak che resiste fino alla scadenza del mandato, cioè settembre, mentre dall’altro lato ci sarebbe Obama che spinge per le dimissioni subito. Sarà, ma un vuoto di potere improvviso non può non preoccupare gli Usa. Perciò non è difficile supporre che un conto siano le parole di Obama e un altro l’atteggiamento concreto dell’amministrazione americana, volte a trovare un sostituto a Mubarak, ma non del tipo di ElBaradei e Ahmed Zeweil (utili semmai come controfigure) .
Mohamed ElBaradei è un uomo senza reale seguito in Egitto e si dice che sia in trattative con il nuovo vice presidente Omar Suleiman, ex capo dei servizi segreti, e i rappresentanti di diversi partiti dell'opposizione. Lo scopo delle trattative sarebbe quello di formare una specie di  direttorio composto da Suleiman, Sami Anan, capo di Stato Maggiore delle forze armate, El Baradei e Ahmed Zeweil, noto come vincitore premio Nobel per la chimica. Quindi i militari stanno trattando nello stesso momento in cui sparano contro i dimostranti. E la trattativa sarebbe solo fumo.
Ed infatti, l'esercito rimane la base di potere di Mubarak, ma non solo del dittatore. Nel nuovo governo ha nominato, oltre all’ex generale Suleiman come suo vice presidente, Ahmed Shafiq, ex comandante della forza aerea, come primo ministro; Mohamed Hussein Tantawi, ministro della Difesa generale, come vice primo ministro, e il generale Mahmoud Wagdy come ministro degli interni.
Si tratta quindi di una giunta militare dove, non è difficile dedurlo, Suleiman è l'uomo forte, in questo momento il più potente in Egitto. Gli Usa, l’esercito, l'apparato di sicurezza e l’élite dominante spaventata e speranzosa di salvare il salvabile, non è improbabile che gli confermino il ruolo di succesore di fatto,  salvo servirsi di ElBaradei e Ahmed Zeweil come uomini di paglia.
Comunque sia, tutto questo sta a dimostrare che, al di là dell’entusiasmo per gli avvenimenti in corso,  in assenza di un’organizzazione e di un programma rivoluzionario di classe, la sconfitta dei proletari egiziani sarà inevitabile. Come solito cambierà tutto perché tutto resti come prima, a conferma del dominio globale dell’occidente atlantico.


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