Hitler usava Goebbels come esperto di sinonimi e contrari. Anche la pubblicità e la comunicazione fanno largo uso di sinonimi e contrari. Quando i portavoce dei padroni del mondo, cioè di quelli che controllano tutto, compresi la tecnologia e i mezzi di comunicazione terrestre e satellitare, parlano di “mercato”, intendono in realtà dire “capitale”, termine scomparso nella sua accezione originale. È parso molto più conveniente sostituire “mercato” a “capitale” per avere un effetto di neutralità. Se a decidere sono i “mercati”, è un po’ come se piovesse. Si tratta di un fenomeno "naturale", a fronte del quale, al massimo, puoi aprire l’ombrello. Se invece scrivo che l’aumento del prezzo dei carburanti è conseguenza delle decisioni del “capitale”, le implicazioni nel discorso pubblico sono diverse e potenzialmente assai pericolose.
Prova a dire che le speculazioni sui carburanti e i generi di prima necessità sono determinate dai capitalisti, cioè dalla borghesia, e vanno a colpire anzitutto i salariati e i pensionati. Non sarebbe politicamente corretto. Ti eliminano come elemento indesiderabile, di disturbo.
E per essere garantiti da eventuali effetti indesiderati nell’uso della terminologia, dal discorso pubblico sono spariti anche i riferimenti alle classi sociali. Sono state semplicemente relegate nelle soffitte della storia e sostituite da sinonimi: cittadini, consumatori, elettori, utenti, ecc.. Prendiamo il New York Times di ieri: «I prezzi dell'energia più elevati agiscono come una tassa sui consumatori, riducendo la quantità di potere d'acquisto discrezionale che essi hanno».
Non potendo cancellare la realtà, la si occulta cambiando il senso alle parole. Chi cazzo sono i “consumatori” ai quali si riduce il “potere d'acquisto” dal momento che gli aumenti dei carburanti “agiscono come una tassa”? Quelli che abitano nelle ville di Beverly Hills o del Massachusetts, nei mega attici di New York, nei ranch del Texsas? E cosa significa potere d'acquisto “discrezionale”? È il lamento dei pescecani dei settori merceologici diversi da quello degli idrocarburi. A noi, sembra dire il NYT, non fotte nulla di come spendono i propri salari gli schiavi, ma se i capitalisti del settore petrolifero aumentano, senza alcuna necessità (vedi più avanti) i prezzi dei carburanti, è chiaro che vengono in culo alla concorrenza, ai produttori e venditori di altri prodotti.
Tanto è vero che subito soggiunge: «Tali preoccupazioni hanno fatto scendere il Dow Jones di 178,46 punti, o 1,44 per cento, a 12,212.79. L’indice azionario più ampio, lo Standard & Poor's, è diminuito 27,57 punti, o 2,05 per cento, a 1,315.44, mentre l'indice composito Nasdaq perde 77,53 punti, o 2,74 per cento, a 2,756.42».
Altro che i “consumatori”, il NYT scrive che questo genere di dumping, di speculazione, è contrario all’etica del libero mercato, cioè gli speculatori e i petrolieri la stanno facendo troppo sporca. Infatti il ministro del petrolio saudita, Ali al-Naimi, ha detto in una conferenza stampa, dopo un incontro dei ministri delle nazioni produttrici di petrolio e consumatori a Riyadh, in Arabia Saudita, che «L’Opec è pronta a soddisfare qualsiasi carenza dell'offerta anche a fronte di quanto succede».
Scrive sempre il giornale americano: «Tom Kloza, l'analista capo presso il Servizio informazioni per i prezzi del petrolio, ha stimato che i sauditi potrebbero estrarre un surplus da 1 a 1.5 milioni di barili nel giro di pochi giorni. Come più grande produttore, l'Arabia Saudita è di gran lunga il più influente membro dell'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, con una capacità di riserva da 4 a 5 milioni di barili al giorno nel giro di poche settimane. Questa quantità è più del doppio del petrolio che verrebbe perso globalmente se la produzione in Libia fosse interrotta completamente».
I "mercati", i capitalisti e gli speculatori, cioè i mandanti delle "rivolte", festeggiano e incoraggiano i propri media a colpire con il solito terrorismo: 10mila morti, 50mila feriti, al rialzo. Chissà, forse tra vent'anni ne sapremo qualcosa di più. Intanto in Egitto e Tunisia, come largamente previsto, comandano i militari, e di balle come “libertà” e “democrazia” non si stente più parlare. Diceva bene un certo Marx: «la borghesia non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione, i rapporti di produzione, dunque tutti i rapporti sociali [...] gli uomini sono finalmente costretti a considerare con occhi liberi da ogni illusione la loro posizione nella vita, i loro rapporti reciproci».
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