lunedì 14 febbraio 2011

Il rito sacro



Sembra ci si stia preparando alle elezioni, come eventualità. Non sarà Napolitano o Berlusconi a deciderlo, men che meno l’accozzaglia che ha il coraggio di chiamarsi “opposizione” e che non è d’accordo su nulla, nemmeno sul candidato da opporre, salvo che ci sarà bisogno di nuovi “sacrifici”. Il giornale della Confindustria, quasi impercettibilmente, si sta smarcando da Salò e il nemico di Berlusconi non è al di là del Po. Tuttavia la strada per Dongo è ancora lunga, un sistema del genere non si abbatte con una spallata. Quindi ci vuole altro.
È di tutta evidenza che queste beghe, queste ambiguità in cui ciascuno si coglie come portatore di chissà quali interessi, ha solo lo scopo di rafforzare l’empatia dell’elettore, l’illusione generale di essere qualcosa di diverso dello schiavo che sceglie il custode che lo bastonerà, eccome, in nome e per conto del padrone. In questa finzione che si vuole chiamare democrazia, il rito elettorale, che l'astuzia borghese ha fatto diventare sacro, rappresenta già una giustificazione sufficiente per sopportare i limiti alla mera sopravvivenza. E invece sempre di meno sono quelli che mostrano ancora di crederci. E già questo è buon segno.

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