venerdì 18 febbraio 2011

Mameli e Berlusconi


Quando un proletario diventa ricco spesso comincia a pensare come i ricchi.
È il caso di Roberto Benigni, l’attore e regista che nel suo film più celebre riesce a far liberare Auschwitz dagli americani. Un falso storico che gli è valso a pieno titolo l’Oscar.
Ieri sera la sua performance televisiva, “l’esegesi dell’inno di Mameli”, ha deliziato platee di milioni di teleutenti. Tra le novità storiche illustrate al volgo di particolare significato è stata quella relativa alla morte del giovane Mameli in difesa della Repubblica romana nel 1848. È morto a seguito di una ferita, ma non ci è stato detto da chi gli fu procurata né da chi stava difendendo la Repubblica romana. Secondo l’Ansa, nel momento del monologo benignano, a Roma, al di là del Tevere, è stato avvertito un forte boato, come un enorme rutto. La protezione civile sta indagando.
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Valentino Parlato oggi ci racconta sul manifesto che nelle università italiane si spiegava (e si doveva fare gli esami) che nello Stato  c’erano tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario. Ma nelle università italiane – prosegue Parlato – continua “un bel silenzio sul potere dei soldi. Il quarto potere”.
Veramente fin dalle medie s’impara che quello dei soldi è palesemente il primo potere, dal quale tutti gli altri sono, per diritto o per rovescio, emanazione e rappresentanti, per quanto formalmente indipendenti e nutriti di grandi e retoriche riverenze. Il potere legislativo, esecutivo e non ultimo quello giudiziario, non sono altro che curatori ed esecutori del potere del denaro e dei suoi rapporti.
Tutte le leggi sono regolate secondo il principio che è il denaro il dominus di ogni rapporto sociale in un società divisa in classi, a cominciare dal rapporto fondamentale, quello tra capitale e lavoro. La legislazione tende, nella migliore delle ipotesi, a regolare i contrasti, a garantire l’ordinato sfruttamento delle braccia in forme “moderne”.
In altri termini, da un lato lo Stato ha la necessità di contenere le spinte disintegrative che gli interessi antagonistici di classi sociali contrapposte portano con sé. E tuttavia dall’altro lato esso non può affatto conciliare tali antagonismi, bensì può solo tenerli a freno, irreggimentarli, impedire con ogni mezzo che la loro potenzialità si trasformi in pratica rivoluzionaria. Esso è dunque innanzitutto garante di un determinato sistema economico e della sua riproduzione.
Nel concreto, Valentino Parlato sostiene che l’unico potere che ormai tenga testa a Berlusconi sia quello giudiziario. Ed è vero per la semplice ragione che gli altri due poteri sono stati assunti in proprio, acquistati con denaro, dallo stesso Berlusconi. L’accentramento diretto da parte di una sola persona di tutti i poteri dello Stato, distingue una qualunque democrazia dispotica da un regime apertamente fascista. È a questo che Berlusconi e i suoi alleati stanno puntando, seppure tra un rinvio a giudizio e l’altro.

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