Al contrario di quello che sostengono le anime belle dei media occidentali, l'amministrazione Obama porta la piena responsabilità politica e morale per il terrorismo di stato e la violenza sanguinaria che ha causato decine di morti e migliaia di feriti in Cairo Tahrir Square e altrove in Egitto. Gli attacchi di bande di uomini armati guidati da agenti in borghese della polizia segreta e da teppisti del Partito Democratico Nazionale, sono venuti a ruota di quella che i funzionari di Washington hanno descritto come una "franca" e lunga conversazione telefonica tra Obama e Mubarak.
Ed infatti, da parte sua, il presidente Usa ha poi illustrato le sue osservazioni alla televisione americana lodando i militari egiziani, affermando che Mubarak ha capito che un "cambiamento deve avvenire", ma che è richiesta una "transizione ordinata". Tali indicazioni sono state accompagnate dalla solita retorica ipocrita di esaltazione delle masse insorte contro la dittatura, ma non senza ammonimenti: "Siamo pronti a fornire l'assistenza necessaria per aiutare il popolo egiziano su come gestire le conseguenze di queste proteste"!
Come scrivevo ieri nel post qui sotto, chi comanda in Egitto sono gli Usa e la "transizione ordinata" è totalmente subordinata al mantenimento di un regime sostenuto dagli americani, controllato dai militari egiziani e in grado di rompere il movimento insurrezionale. L'obiettivo è di truccare le carte a favore dello status quo. Se ci saranno le elezioni, potranno tenersi solo dopo che Washington sarà stata in grado di manipolare il loro esito, assicurando la vittoria di un fantoccio sostenuto dagli USA e controllato dai militari egiziani.
In altre parole, le proteste devono finire e lasciare che sia il Dipartimento di Stato Usa e l'esercito egiziano a determinare il futuro dell'Egitto! Del resto, il messaggio televisivo di Mubarak è stato chiaro: se le masse si rifiuteranno di accettare la sua offerta e cessare la loro sfida insurrezionale, egli ha luce verde da Washington per ristabilire la sua dittatura militare con l'uso della più dura violenza e per cacciarli dalle strade del Cairo, Alessandria, Suez ecc.. Senza l’appoggio Usa non avrebbe potuto mobilitare migliaia di poliziotti e criminali per condurre attacchi con coltelli, bastoni, bombe molotov ecc. rischiando di provocare una rappresaglia degli Stati Uniti.
E gli eventi della giornata hanno dimostrato che Mubarak non aveva nulla da temere. Mentre la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato hanno rilasciato dichiarazioni nelle quali formalmente si deplorano le violenze, l’addetto stampa di Obama, Robert Gibbs, si è rifiutato di rispondere alla domanda se l’amministrazione consideri Mubarak un dittatore, e ha anzi chiarito che non c'è intenzione di sospendere i 2 miliardi di dollari di aiuti annuali degli Stati Uniti che vanno al regime egiziano, soprattutto a sostegno delle forze militari e repressive del paese.
La lotta iniziata dai salariati e dagli oppressi egiziani contro il regime di Mubarak ha portato inevitabilmente ad un confronto con l'imperialismo americano, base principale di sostegno alla dittatura. Ancora una volta la realtà politica dimostra che senza un’organizzazione rivoluzionaria delle lotte, senza l’unità di programmi e d’azione dei popoli del Nord Africa e del Vicino Oriente, le forze della reazione e della dittatura atlantica continueranno ad avere la meglio.
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