mercoledì 22 dicembre 2021

I pangolini scrivono a Babbo Natale

 

Anche gli altri animali, oltre a noi, hanno i propri codici: c’è chi predilige un approccio razionalista e chi è invece più spirituale. Ad ogni modo molti animali, non sapendo più a quale santo votarsi, quest’anno hanno deciso di rivolgersi a Babbo Natale. Anche tra loro c’è chi sogna di ricevere un dono per quel giorno santo. D’altra parte Gesù è il padreterno di tutte le creature, come mi pare dicesse quel tal Francesco, e il bue e l’asino gli devono essere particolarmente cari se li ha voluti vicino a sé fin dal primo momento.

E il pollame? Sono gli uccelli più numerosi del pianeta. Decine di miliardi che hanno una sola idea in mente: porre fine alle gabbie per poter finalmente spiegare le ali, graffiare il terreno e vedere la luce del giorno. Vivere secondo i loro bisogni sarebbe il dono più grande prima di finire arrostiti per le feste!

Anche i maiali si affrettano a chiedere condizioni di vita più dignitose. Che non debbano più subire castrazione o code mozzate senza anestesia. Le scrofe intrappolate, che non possono muoversi dal loro angusto recinto, sognano di grufolare arando il terreno e sguazzare in uno stagno fangoso. Che grande dono sarebbe vivere normalmente prima di diventare salumi e cotechini!

I cinghiali, segnatamente quelli romani, hanno invece chiesto a Babbo Natale che anche per il 2022 le cose rimangano per loro come sono, insomma anche dopo le elezioni comunali. Pare non sarà difficile accontentarli finché la giunta Gualtieri gode della luna di miele decretata dai media.

Nondimeno i delfini, che hanno un senso sociale straordinariamente sviluppato, si rivolgono fiduciosi a Babbo Natale. Sperano in un regalo che possa cambiare la loro sorte. Che gli umani smettano di usare le reti quando si concentrano, da dicembre a marzo, verso le aree dei naselli. In tal caso i cetacei restano intrappolati nelle enormi reti pelagiche che entrano in azione e muoiono per soffocamento. Ogni anno, più di 10.000 delfini passano dalla vita alla morte in questo modo. Ci sono delle soluzioni per ridurre il massacro, dei dispositivi che posti sulle reti emettono segnali acustici che avvertono del pericolo. L’ideale sarebbe non pescare in certe zone durante il periodo riproduttivo. Babbo Natale potrebbe farsi interprete in tal senso presso i signori di Bruxelles.

E che dire del pangolino? L’anno scorso era con i pipistrelli il ricercato numero uno come responsabile del virus che uccide i nostri nonni e quelli che non si vaccinano. Eppure è una bestiola mite, che cattura formiche, termiti o qualsiasi altro insetto. Una lingua lunga fino a 30 cm, che certi noti personaggi farebbero a gara per avercela e portarla in televisione. Più di questa straordinaria appendice, sono le scaglie, una vera armatura da cavaliere errante, che lo rendono enigmatico. Leggo che in un solo anno sono state sequestrate 41 tonnellate di squame, che rappresentano più di 34.000 animali macellati. Chiedono a Babbo Natale di fare in modo di essere lasciati in pace.

Pure le volpi hanno le loro richieste. Sono accusate di sgraffignare qualche pollo, una cattiva reputazione che è rimasta loro impressa come un marchio. E noi umani quanti ne mangiamo di pollastri? Ogni anno sono uccise a fucilate 600.000 volpi. Eppure svolgono un ruolo essenziale. Ognuna consuma ogni anno centinaia di arvicole che infestano i campi e altro. Anche loro hanno apposto la firma sotto lo stesso appello dei pangolini e di altre bestiole.

Gabbie, trappole, reti, veleni, fucili. Perché persistere nella nostra indifferenza per la sofferenza degli animali selvatici, perché non domandarsi se solo noi abbiano la percezione della morte e del dolore per quello che chiamiamo lutto? Perché non riconoscere la sensibilità dell’animale selvatico come per quello domestico?

Milioni di giapponesi vivono un momento di compassione davanti alla statua di Hachik. La vicenda di questo cane di razza Akita, soprannominato Chken (cane fedele), è nota. Per quasi 10 anni aspetterà con speranza il ritorno del suo padrone. Gli hanno eretto un monumento in omaggio davanti alla stazione di Shibuya. Avessero i giapponesi un momento di compassione anche per un altro mammifero, tipo le balene, che continuano a essere cacciate con la scusa della ricerca scientifica.

Le parole “scienza” e “scientifico” sono diventate un passepartout per qualsiasi cosa, come ormai ben sappiamo.

Quanto ai pesci, penso in particolare a crostacei e molluschi, pare non sognino e dunque si consolano pensando che la natura ha risparmiato loro gli incubi. Tuttavia, anche se a suo tempo e per ovvie ragioni non sono saliti sull’Arca di Noè, hanno anche loro da chiedere in dono a Babbo Natale di non essere pescati indiscriminatamente, magari di frodo durante il fermo biologico, se non altro per preservare le loro specie. Mentre ci ingozziamo di gamberi e simili alla vigilia di natale o a capodanno, facciamo mente al fatto che vengono immancabilmente e abbondantemente irrorati di metabisolfito di sodio e altri conservanti che per la nostra salute non sono proprio come il prezzemolo, checché ne dica la “scienza” legata a doppio filo agli interessi commerciali.


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