giovedì 16 dicembre 2021

"Andare contro coscienza non è privo di pericolo ed è disonesto"

 

È passato sotto silenzio (che cosa ormai nel clamore spettacolare non passa sotto silenzio?) il 500° Anniversario della Dieta di Worms. Fu, come ogni Dieta, un’assemblea dei prìncipi del Sacro romano impero. In quella del 1521 si discussero più di cento questioni diverse, tra cui usura, monopoli, lusso e la diffusione di “leggi farraginose e inverosimili” che la gente non era in grado di comprendere. L’impopolarità del diritto romano, che in Germania stava rapidamente sostituendo le norme consuetudinarie, non era argomento meno spinoso di un altro tema urticante, ossia quello della Riforma luterana.

Aspetto di cui tener conto: Carlo V (1500 - 1558) era stato eletto imperatore solo due anni prima (*). Leone X (1475 - 1521), secondogenito di Lorenzo Medici, aveva sostenuto nell’elezione il rivale di Carlo, ossia il re di Francia Francesco I (1494 - 1547). Il Papa voleva assicurarsi il potere in Italia e in Europa controllando l’incoronazione imperiale. Gli andò male. Dal 1521 in poi, l’impero fu in guerra con la Francia.

L’arrivo di 10.000 visitatori in occasione della Dieta nella cittadina di Worms, da due anni divenuta città libera per concessione dell’imperatore, fece presto precipitare le condizioni sanitarie, tanto che a marzo i cortigiani si preoccuparono quando al sovrano venne un accidente che lo tenne una notte e un giorno in “grandissimo vomito” e per la corte si diceva che sua maestà era in grave pericolo. Morirono di malattia anche dei suoi stretti collaboratori, tra i quali Luigi Marliani, vescovo e medico, e il marchese Chièvres, quest’ultimo vero alter ego dell’imperatore e gestore effettivo del potere.

Si legge su Wikipedia:

«Il carnevale venne ignorato, la prostituzione era diffusa, venivano allestiti tornei e molti bevevano vino fino ad ubriacarsi e perfino a morirne. Il nunzio [legato] pontificio, Girolamo Aleandro [originario di Motta di Livenza], non era più sicuro dell’esito della Dieta, dopo che il 13 febbraio aveva sollecitato misure contro Lutero. Un potente intervento del cavaliere Franz von Sickingen pareva probabile. Il sentimento popolare della città era favorevole a Lutero ed una delle tipografie luterane diffuse fra la popolazione opere, documenti e pamphlet di Ulrich von Hutten».

L’audizione di Martin Lutero alla Dieta di Worms si tenne il 17 e 18 aprile. Fu chiamato davanti al giovane imperatore Carlo V a difendere i suoi scritti. Ciò avvenne dopo che nel gennaio precedente papa Leone X aveva imposto con la Decet Romanum Pontificem il bando a Lutero, il quale aveva bruciato la bolla Exsurge, Domine, pubblicata nel giugno 1520, in cui si condannavano in 41 tesi gli errori “recentemente seminati fra alcune menti frivole nell’inclita nazione Germanica”.

Carlo non ignorava il largo appoggio di cui godevano le opinioni di Lutero, e inoltre era informato che il papa era favorevole alle ambizioni italiane di Francesco I, cosicché un critico del papato come Lutero avrebbe potuto rivelarsi politicamente utile all’impero. Vi furono poi altre considerazioni di ordine politico e pratico (aveva già la Spagna in fiamme – rivolta dei comuneros – e doveva tener conto degli umori dei principi elettori tedeschi) che consigliarono Carlo di convocare Lutero alla Dieta di Worms offrendogli idoneo salvacondotto.

Le audizioni si tennero in due diverse sale dell’abitazione del vescovo locale, mentre gli altri lavori della Dieta avvenivano presso il municipio. Significativa fu l’audizione del giorno 18. Interrogato sui suoi libri, Lutero rispose che ne esistevano di tre specie. I primi comprendevano l’esposizione della dottrina cristiana, ed erano tanto evangelici che i suoi stessi avversari li consideravano salutari. Nulla da ritrattare per quanto si riferiva a questi. I secondi erano contro il papato e le pratiche del papismo. Pure per questi, nulla da ritrattare; fare altrimenti voleva dire aprire porte e finestre all’Anticristo. Gli ultimi erano scritti di circostanza contro avversari che lo avevano provocato. Un po’ troppo mordenti, senza dubbio: ma che? Quella che Lutero combatteva era una tirannia dell’empietà. Invece di condannarlo senza volerlo ascoltare, gli si dessero buoni giudici, si discutessero le sue idee, gli si mostrasse in che cosa erano perniciose (cfr. Lucien Febvre, Lutero, Laterza, p. 64).

Oltre alle 95 Tesi del 1517, i tre scritti del 1520: Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca e sul miglioramento della società cristiana, Sulla libertà di un cristiano e La cattività babilonese della chiesa. All’epoca della Dieta circolavano più di 600.000 copie delle sue opere e almeno 10 edizioni del suo discorso di sfida sarebbero presto apparse in alto-tedesco, basso-tedesco e latino, infiammando i suoi simpatizzanti.

Già il mese prima, Carlo aveva ordinato ai funzionari dei Paesi Bassi di sequestrare e bruciare gli scritti di Lutero, di proibire la stampa, la vendita, l’acquisto e il possesso di qualsiasi libro contrario alla Santa Sede e di riaffermare le condanne delle dottrine eretiche più antiche e di quella di “un tal Martin Lutero”. In Germania, però, non aveva osato mettere in pratica le stesse misure, temendo di provocare altre ribellioni sulla scorta dei fatti già avvenuti. Pur avendo approvato un editto che dichiarava Lutero fuorilegge condannandone le opere, tuttavia continuava rifiutarsi di rendere pubblico il documento (**).

Secondo lo storico della Riforma Heiko Oberman, Lutero si considerava precursore dell’apocalisse, impaziente di riunire la congregazione dei fedeli “in quegli ultimi giorni”, perché credeva davvero che gli ultimi giorni fossero già cominciati e che dunque “i quattro novissimi” avessero avuto inizio nel tempo storico e l’orologio escatologico si fosse messo in funzione.

Quel 18 aprile, la dichiarazione finale di Lutero che segnò il suo trionfo:

«A meno non mi si convinca con la scrittura e con ragione evidente (poiché non accetto l’autorità di papi e concili che si sono contraddetti l’un l’altro), io sono legato dai testi che ho portato; la mia coscienza è vincolata alla parola di Dio. Non posso e non voglio ritrattare nulla, perché andare contro coscienza non è privo di pericolo ed è disonesto».

Queste parole, parafrasate un poco, s’adatterebbero benissimo anche alla temperie odierna, laddove palpabili eresie vengono pronunciate dai reprobi all’ortodossia recando “confusione nel mondo”, per usare le stesse espressioni del legato pontificio Aleandro. Stiano tranquilli, non c’è più bisogno della censura, è diventata obsoleta ed è stata sostituita dal coprifuoco morale.

Il giorno dopo, in una dichiarazione scritta, l’imperatore Carlo fece riferimento alle antiche origini devotamente cristiane dei suoi maggiori, e non ammetteva che un semplice monaco potesse avere ragione rispetto a millecinquecento anni di tradizione ecclesiastica (teologico-scientifica, si direbbe oggi). E ciò doveva avere valore per tutto il cristianesimo com’era stato insegnato per più di mille anni, perché altrimenti tutto il cristianesimo sarebbe stato sbagliato e per sempre.

(*) Per chi, come me, oltre ai fiori ama smisuratamente gli alberi: Ferdinando d’Aragona ( 1452 – 1516) e Isabella di Castiglia (1451 – 1504), i “cattolici”, ebbero cinque figli: Isabella (1470 – 1498), Giovanni di Castiglia (1478 – 1497), Giovanna di Castiglia detta “la Pazza”, (1479 – 1555), Maria (1482 – 1517) e Caterina d’Aragona (1485 – 1536).

Isabella sposò Emanuele di Portogallo (1469 – 1521), ebbero un figlio, Miguel (1498 – 1500); Giovanni di Castiglia sposò Margherita d’Austria (1480 – 1530), figlia di Massimiliano d’Austria (1457 – 1519) e di Maria di Borgogna (1457 – 1482), genitori anche di Filippo il Bello (1478 – 1506), il quale sposò la citata Giovanna di Castiglia, detta “la Pazza”, ed ebbero sei figli, tra cui Carlo di Gand, che diventerà infine Carlo V imperatore del Sacro romano impero, che a sua volta sposerà sua cugina Isabella di Portogallo, figlia dei citati Maria e Emanuele di Portogallo.

Giovanni di Castiglia e Margherita d’Austria ebbero un solo figlio, Juan, che nacque e morì nel 1497. Ferdinando d’Aragona, vedovo Isabella di Castiglia, sposò nel 1505 la nipote Germana di Foix (? – 1536), ebbero un figlio nel 1509, anche questi di nome Juan, che morì neonato.

Ecco dunque perché i possedimenti di quattro dinastie europee furono riuniti sotto un unico scettro tramite una nutrita serie di matrimoni e morti premature (i citati Miguel e i due Juan). Anche in simili faccende decide Sua Maestà il Caso, facciamocene una ragione.

Nessuno dei nonni di Carlo V avrebbero voluto un tale risultato, al quale non si sarebbe arrivati se solo uno degli eredi di Isabella ed Emanuele di Portogallo, di Giovanni di Spagna e Margherita d’Austria, o di Ferdinando d’Aragona e di Germana di Foix non fosse morto da piccolo.

Carlo, che dimostrò fin da bambino attitudini allo studio poco spiccate per non dire mediamente scarse, salvo rivelarsi, per esempio nei riguardi della propria madre, di un raro cinismo e disinvolta spregiudicatezza, ereditò dal nonno paterno, Massimiliano, i possedimenti asburgici in Europa centro-orientale e dalla nonna paterna, Maria di Borgogna, i Paesi Bassi e la Francia Contea. Dalla nonna materna, Isabella, ebbe la Castiglia e i domini d’oltremare e dal nonno materno, Ferdinando, la Navarra, l’Aragona e i suoi avamposti mediterranei. La sovranità di Castiglia e di Aragona verrà condivisa nominalmente da Carlo con la madre Giovanna fino alla morte di lei nel 1555. A quei domini si aggiunsero il Sacro romano impero nel 1519 e Milano nel 1535. Nel 1522 Carlo cedette gran parte della sua eredità orientale al fratello Ferdinando, che acquisì a sua volta la Boemia e gran parte dell’Ungheria nel 1526.

(**) Prima di pubblicare tale documento, Carlo aveva bisogno dell’appoggio dei principi elettori per farsi finanziare un esercito a difesa degli attacchi francesi. «Non appena la dieta ebbe votato il finanziamento di 20.000 fanti e 4000 soldati di cavalleria e approvata la creazione di un consiglio di reggenza preceduto da suo fratello Ferdinando, Carlo firmò l’editto che bandiva Lutero» (Geoffrey Parker, L’imperatore. Vita di Carlo V, Hoepli, 2021, p. 122).

7 commenti:

  1. Febvre è un classico assoluto per gli studi della Riforma. Tuttavia, per Lutero non posso fare a meno di segnalare la recente monografia di Adriano Prosperi. Suppongo, visto l'arco temporale considerato, che sia solo il primo volume di due.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. grazie della segnalazione. francamente devo dire che di Prosperi non ho molta stima come storico. può essere che mi sbagli per la recente monografia, perciò mi scuso in anticipo.

      Elimina
    2. È buona, in particolare, la descrizione dell'elaborazione concettuale delle idee di riforma.

      Elimina
  2. Che strano che Giovanni di Castiglia morì a 19 anni e nello stesso anno in cui morì suo figlio Juan, fu un caso, un eccidio o un refuso? Anche a me piacciono gli alberi, sopratutto se centenari o millenari.
    Cari saluti

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Veda alla voce Giovanni di Trastamara, c'è da divertirsi. Saluti

      Elimina
  3. Come dire, très amusant, pare che "el desenfreno sexual" abbia avuto la sua importanza;
    ... "Solo seis meses después de la boda con la Princesa Margarita, Juan de Trastámara había caído muerto. Hubo quien quiso vincular ambos hechos. A juzgar por algún testimonio contemporáneo, se consideraba que el exceso de actividad sexual, motivado por los constantes y deseosos furores de su bella y joven esposa, habían impedido la recuperación de la salud del heredero de los Reyes Católicos. «Preso del amor de la doncella, nuestro joven Príncipe vuelve a estar demasiado pálido. Tanto los médicos como el Rey aconsejan a la Reina que, de cuando en cuando, aparte a Margarita del lado del Príncipe, que los separe y les conceda treguas, pretextando el peligro que la cópula tan frecuente constituye para el Príncipe», dejó escrito Pedro Mártir de Anglería, futuro Capellán de la Reina Isabel la Católica."
    Questi cattolici senza ...tregua
    Grazie Olympe

    RispondiElimina