lunedì 13 dicembre 2021

Pandemia, la strategia cinese


Ci sono dei fatti che non si possono ignorare. Il primo riguarda il numero dei casi accertati d’infezione da SARS-CoV-2. In Cina, un paese di 1,4 miliardi di persone, sono circa 100.000, mentre negli Usa oltre 50.000.000 (Cipro, per dire, ne conta 140.000).

Anche i principali media occidentali ostili alla Cina hanno da tempo accettato che il numero dei casi cinesi sia estremamente basso. Se la pandemia ha mostrato qualcosa, è che ignorare il virus non lo fa scomparire, e qualsiasi focolaio trascurato in Cina andrebbe rapidamente fuori controllo, in particolare nelle metropoli affollate come Guangzhou (19 milioni), Shanghai (25) Pechino (22). Un simile focolaio sarebbe visibile ai corrispondenti esteri, per non parlare delle centinaia di migliaia di stranieri che vivono in Cina.

Le misure che la Cina adotta per combattere le epidemie sono visibili e impossibili da mantenere segrete, anzi, dipendono in modo particolare dalla partecipazione della popolazione alle misure di contenimento. Quali misure sono state utilizzate per mantenere a zero, o vicino allo zero, i casi nel Paese? Mi pare questa sia la vera domanda.

La Cina ha controllato il suo focolaio iniziale all’inizio del 2020 con rigidi lockdown, in particolare nell’epicentro dell’epidemia, a Wuhan. Quando i casi si sono attenuati e le città cinesi sono uscite dal blocco, il governo ha imposto rigide regole di quarantena ai viaggiatori internazionali in arrivo al fine di prevenire la reintroduzione del virus nel Paese.

È necessario un test PCR negativo prima d’imbarcarsi su un volo per la Cina. Dopo l’atterraggio, i passeggeri sono nuovamente testati e poi portati direttamente dall’aeroporto in un hotel di quarantena, dove rimangono per due o tre settimane senza uscire. Sono testati regolarmente e il cibo viene loro consegnato direttamente nella stanza da operatori in completa tenuta di protezione.

Questo rigoroso sistema di quarantena funge da barriera abbastanza affidabile contro il virus, in modo tale che la vita all’interno dei confini del paese ha avuto un andamento relativamente normale dalla fine della prima ondata nella primavera del 2020. Attività come ristoranti, bar e cinema, sono stati aperti in tutta la Cina. Ciò è stato mostrato in modo sorprendente dalle immagini di night club affollati e feste in piscina a Wuhan alla fine del 2020.

Eppure la barriera di quarantena non è perfetta e nell’ultimo anno e mezzo si sono verificati più di una dozzina di piccoli focolai in diverse parti della Cina. Sono stati isolati in poche città e sono rientrati entro poche settimane. Il governo cinese definisce la sua politica come una strategia di “zero dinamico”. Ciò significa che il virus riuscirà occasionalmente a rientrare nel paese e a causare piccoli gruppi di casi (ad esempio, attraverso attraversamenti illegali delle frontiere), ma che una rapida risposta sanitaria alla fine riporterà i casi a zero.

I dipartimenti di sanità pubblicano effettuano una “tracciabilità delle attività” dettagliata per ogni persona risultata positiva, elencando gli orari in cui hanno visitato vari luoghi nei giorni precedenti, come sono stati contagiati (se noto) e persino i numeri di targa dei taxi che hanno chiamato di recente. Sui social-media cinesi, le tracce delle attività sono ampiamente condivise e commentate.

Ciò ha comportato investimenti cospicui nel sistema sanitario a livello locale. Ad esempio, il governo centrale richiede che ogni città abbia la capacità di testare l’intera popolazione in un breve lasso di tempo. Ciò significa due giorni per le città con popolazione inferiore a 5 milioni e entro tre-cinque giorni per le città con popolazione superiore a 5 milioni. Questa capacità di test locale è supportata da laboratori di test mobili, che sono distribuiti in regioni con focolai attivi per accelerare lo screening della popolazione.

Questa capacità di test è stata ripetutamente impiegata per porre fine alle epidemie locali. A Guangzhou, 18 milioni di residenti sono stati testati in soli tre giorni durante un focolaio della variante Delta nel giugno 2021. L’epidemia è stata contenuta con successo in meno di un mese con blocchi limitati di pochi quartieri, con test di massa e una capillare tracciabilità dei contatti.

Dall’aprile 2020, il numero massimo di nuove infezioni rilevate in un solo giorno è stato di poco inferiore a 200 e il numero massimo di persone messe in quarantena in un dato momento è stato di poco superiore a 50.000. Tuttavia non bisogna nascondersi che le misure di quarantena alle frontiere da sole non possono impedire completamente la diffusione del virus.

Questi sono fatti, non interpretazioni.

In Europa, invece, si è passati da un lockdown all’altro senza però una decisa e capillare azione di tracciamento degli infetti e dei loro contatti. Senza soprattutto una strategia chiara e comune (menda che sta in radice al sistema UE). Si sono aperte nella primavera del 2020 tutte le attività senza che si sia prima eradicata o delimitata l’infezione, ma soprattutto si sono aperte le frontiere e fatte entrare persone provenienti da paesi laddove i controlli e i tracciamenti erano stati praticamente inesistenti. Ciò vale anche per quanto riguarda la più recente variante Omicron, e così a seguire.

La trasmissione dell’infezione è continuata, sia pure a bassa intensità per tutta l’estate, per poi esplodere nell’autunno dello stesso anno, segno che la strategia di “mitigazione” in assenza di presupposti era sbagliata (ed è sbagliata). Ciò che è successo nel 2020 si è ripetuto, nonostante la vaccinazione di massa, anche nell’autunno del 2021 ed è probabile che si ripeterà anche negli anni futuri. Di variante in variante, di vaccino in vaccino (che pure serve, facciamocene una ragione), di green pass di base in green pass rafforzato (che serve a nulla o a poco), ignorando ciò che è avvenuto in Cina (vedi articolo di Lancet) e dimentichi delle lezioni della storia in tema d’infezioni pandemiche (*).

Abbiamo bisogno d’investimenti in personale operativo, laboratori e altre strutture (dopo due anni come stanno le cose?), quindi di quel coordinamento che in Europa è assente e spesso manca anche tra regioni, tra Länder, dove ognuno va per proprio conto. Inoltre, ma non è cosa secondaria, non abbiamo bisogno di sedicenti “esperti” che c’intortano da mane a sera in tv pro e contro i vaccini e sul green pass. Si renda obbligatoria la vaccinazione, pubblici tutti i dati e i documenti, si smetta di trattare la popolazione da subnormali. Insomma, abbiamo bisogno di persone che sappiano distinguere concetti quali strategia e stratagemma, che non dicano sciocchezze come quella che dobbiamo “convivere con il virus” (l’alta mutevolezza, contagiosità e letalità lo sconsiglia), comunichi e operi con trasparenza e serietà, non per interesse personale e calcolo politico.

(*) Non so come evolverà il caso cinese, poiché la Cina deve affrontare le stesse pressioni commerciali interne dei paesi occidentali, che premono per la revoca delle restrizioni alle frontiere e altre misure di controllo che potrebbero ostacolare l’attività commerciale. Finora, grazie alla sua strategia, la Cina ha avuto la capacità di aspettare e vedere da una distanza di sicurezza come evolve la situazione nel resto del mondo, ma fino a quando potrà resistere? 

4 commenti:

  1. Meglio ancora lo sta facendo il Giappone dove non c'è alcun obbligo vaccinale.
    bonste

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    1. Strategia o tattica? Se è tattica per evitare i picchi dei ricoveri, può esser vincente; se è strategia, ho molti dubbi che possa funzionare, salvo colpi ripetuti di fortuna sfacciata. Hope Simpson studiò la diffusione dei virus respiratori negli anni ottanta, le sue osservazioni e quelle successive non danno grandi speranze alla Cina o al Giappone. A meno che abbiano già acquisito un'immunità di massa nei diciotto mesi antecedenti all'innesco ufficiale della pandemia (ipotesi da non scartare a priori). A mio parere sappiamo poco e quel poco è molto distorto da fideismi.
      Grazie Madame, bel post.
      Mi inchino, Eminenza bonste.
      Lugagnan.

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    2. importante non sia stratagemma
      saluti al forte

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  2. effetto vaccino durava poco. Si può dire adesso?

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