lunedì 20 dicembre 2021

L’onore dei prezzi

 

L’analfabetismo economico e finanziario non ha come causa fondamentale nessuno dei motivi che normalmente vengono adotti e annotati qua e là.

Viviamo in un paese economicamente ricco, seppure lo Stato sia pieno di debiti. Tuttavia, secondo l’Istituto Nazionale di Statistica, le famiglie povere sono circa cinque milioni. Al Nord nel 2020 la crescita è stata più ampia, dove la povertà familiare è salita al 7,6% dal 5,8% del 2019 (47% al Nord contro il 38,6% del Mezzogiorno, con una differenza in valore assoluto di 167mila famiglie). Sono famiglie che spesso incontrano difficoltà materiali, per esempio per pagare bollette come gas o luce, e mantenere uno standard di vita dignitoso. Perché c’è così tanta povertà? Beh, perché non c’è motivo per il quale non ci debba essere.

Certo, c’è l’assistenza sociale, il RdC che ha mitigato certe situazioni, e però la povertà è in crescita dopo il lieve miglioramento del 2019. C’è il Covid, ma non basta a spiegare la persistenza e resistenza di questa diffusa povertà. Potrebbe essere ridotta, ma non entro le attuali coordinate economiche e politiche. Le aziende non sono lì per soddisfare i nostri bisogni, e la politica non è insensibile ai desideri provenienti dal cuore delle aziende.

Dovremmo sostituire i nostri desideri con i nostri bisogni. È impossibile passare dai desideri ai bisogni perché richiederebbe un’altra società. Gli esempi del passato non hanno dato buoni frutti, e altri tentativi in tal senso non sono all’orizzonte, perché a dominare non è una dittatura sanitaria, come almanaccano certi, ma una dittatura del denaro, alias di classe. Mentre milioni d’individui tirano a campare, leggevo oggi che non c’è più posto per le prossime festività per destinazione Maldive. Peccato dovervi rinunciare.

Com’è possibile in una società che si dichiara libera e uguale? È una questione di rimodulazione delle aliquote fiscali, di lotta sempiterna all’evasione? Suvvia, non facciamoci prendere in giro. Di seguito uno dei tanti esempi di come funzionano le cose.

Le grandi aziende creano mercati artificiali per meglio fottere i propri clienti. Un esempio è dato dal mercato elettrico che dovrebbe essere tutt’altro che un mercato.

Il mercato dell’elettricità ha introdotto molta incertezza e molta volatilità. Ma questo è il principio stesso del mercato, ti diranno i più appassionati sostenitori che lucrano sul mercato stesso. Ciò avviene in nome del simpatico aggiustamento tra domanda e offerta, l’unico modo di raggiungere il prezzo “reale”, che il capitalismo monopolistico ha tanto a cuore.

Anche per gli economisti, cioè i ventriloqui del capitale, la libera fluttuazione dei prezzi è sacra. Ci sono ottime ragioni per questo, come afferma un reazionario della peggior specie, Friedrich Hayek: il prezzo è uno straordinario trasmettitore d’informazioni. Chi poteva saperlo? Esempio: il gelo primaverile ha compromesso gravemente la produzione di olive nel bassanese e asolano. Come consumatore, noti che il costo delle poche bottiglie disponibili è schizzato in alto, decine di euro per mezzo litro. Compri meno o acquisti olio di altra provenienza e qualità (anche il “toscano” non se la passa bene quest’anno, su 100.000 ettari vi sono oltre 70.000 (settantamila) aziende, 43% una superficie inferiore all’ettaro: una follia). Per effetto di questo gioco tra domanda e offerta, il prezzo dell’olio bassanese evita di salire alle stelle, il prezzo dell’olio di altra provenienza sale. I comportamenti si adeguano al meglio, portando alle scelte più efficaci.

Non è così per l’olio bassanese, per il semplice motivo che non lo trovi in commercio, e quello che c’è non è un prodotto locale nonostante l’etichetta. Questo però è un caso limite, quasi come il prezzo di un’opera d’arte, o di un vino pregiato con una produzione relativamente scarsa, poiché sfrutta un prezzo di monopolio (*).

Il gioco d’equilibrio tra domanda e offerta funziona solo quando ci sono condizioni che nella realtà non si verificano quasi mai, tantomeno nella nostra epoca, a cominciare dalla possibilità di acquistare un sostituto di una merce il cui prezzo sta esplodendo. Non esiste o quasi per le materie prime, come ha mostrato lo shock petrolifero del 1973 o quanto accade oggi con il prezzo dell’energia elettrica e dei combustibili.

E poi ci sono i mercatini assurdi, creati da zero. La cosa peggiore è l’elettricità. Ecco un bene necessario, anzi vitale (si pensi alle persone messe su un respiratore in casa), che però rientra in regime di monopolio mascherato da un’ampia libertà di scelta (ma come siamo liberi noi, altro che a Hong Kong).

Ebbene, in nome della libertà di scelta del consumatore, quell’essere astratto, magico e onnipotente, si è deciso politicamente di creare un “mercato” artificiale dell’elettricità. In questo mercato i fornitori, che vendono tutti la stessa cosa, ricorrono al raggiro di persone vulnerabili, soprattutto anziani, per vendere loro contratti leonini. All’onnipotente consumatore viene il mal di testa, indeciso se cambiare fornitore o meno. La liberalizzazione inficia qualsiasi reale opzione per l’impossibilità di effettivo controllo su questo settore essenziale, dovuta al fatto che in questo sistema di rapina tutto si tiene.

La cosa bella è che operatori del settore perdono milioni di euro sui mercati finanziari a causa di una speculazione appesantita dall’aumento dei prezzi a loro volta conseguenza di massicci acquisti di quella stessa multinazionale che fornisce loro l’energia! È ciò che è appena successo alla multinazionale francese EDF, partecipata all’80 per cento dallo Stato, che ha perso 400 milioni a causa di EDF Trading, una sua filiale. Venerdì alla Borsa di Parigi il titolo EDF ha chiuso in ribasso del 2,38% a 12,73 euro. Ci si premura di precisare che il trader verrà licenziato e che “questa perdita colossale sarebbe già stata compensata dai guadagni del mercato”, cioè paga il Pantalone francese.

Un altro esempio divertente è illustrato dal quotidiano bolscevico Le Figaro: Hydroption, un fornitore di energia elettrica (elettricità nucleare a basso costo) che aveva ottenuto numerosi contratti con grandi clienti grazie a prezzi straordinariamente bassi, è appena fallito. Tra i suoi clienti c’era lo Stato, l’esercito e il municipio di Parigi. Hydroption, messo sotto scacco dall’impennata dei prezzi dell’energia, ha visto ritirata la licenza dopo che il tribunale commerciale di Tolone ne ha dichiarato la liquidazione.

Non siamo disponibili a farci imbrogliare dal droghiere, ma già al supermercato è più difficile opporsi. Con le tariffe è impossibile.

(*) Nell’annata olivicolo-olearia 2021/22, la Spagna produrrà circa 1,3 milioni di tonnellate di olio d’oliva (e 570mila tonnellate di olive da tavola), un dato che indica stabilità nella produzione e nel mercato dell’olio di oliva, in linea con la media delle ultime quattro annate e leggermente sotto di quella scorsa. I prezzi dell’olio, nella settimana 41/2021, sono superiori del 52,4% (+102,9 cent. /kg.) rispetto a quelli registrati nella stessa settimana della campagna precedente. La Spagna è il primo produttore mondiale, perciò determina i prezzi.


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