mercoledì 19 dicembre 2012

Una vecchia legge



Secondo i sondaggi l’area del non voto si sta restringendo. Se fosse vero, ciò vuol dire che la crisi economica non è poi così estesa (l’entità dei conti bancari è in aumento) e che il sistema è ancora in grado di alimentare – nonostante le sue evidenti tare e la crisi morale – illusioni e speranze se non altro verso ciò che si ritiene il “meno peggio” e sfruttando il silenzio sulle questioni che contano veramente. Se poi si guarda al contemporaneo aumento dei consensi che i sondaggi accreditano a Berlusconi, si può tranquillamente liquidare la questione dicendo che ciò è l’effetto di una propaganda “di facile fruizione intellettuale anche per deficienti”. E invece a me pare che la questione sia un po’ più complessa e vada intesa anche sotto il profilo dei turgidi interessi di questa parte non trascurabile del paese.

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Dalla tabella qui sopra appare chiaro chi tra i paesi europei ha tratto vantaggio dall’Euro. Si dice che la Germania ha saputo varare riforme per tempo. Sarà, ma a me pare che i paesi dell’area mediterranea abbiano adottato una moneta forte dando così vantaggi all’area dell’ex Marco. In più c’è da dire che uno degli elementi fondamentali dell’economia, ossia il credito, avvantaggia enormemente i produttori tedeschi, i quali non a caso non vogliono porre sotto controllo della Bce le proprie landsbank. Inoltre, essi possono giovarsi di una rete infrastrutturale e di servizi indubbiamente migliore e invece non hanno un’evasione fiscale nemmeno paragonabile alla nostra, oppure intere regioni sequestrate dalla malavita e dove vige un’illegalità endemica e diffusa. La Germania nella riunificazione, attuata in gran parte a spese degli altri paesi dell’Europa, ha creato occasioni spesso ghiotte per nuovi investimenti. Insomma, come solito, i tedeschi sanno fare squadra ed esprimere una volontà del tutto particolare, mentre noi dobbiamo accontentarci dell’estro dei singoli al cui traino va il resto. L’Italia potrebbe essere almeno prima per turismo, ma sappiamo bene come fare perché non sia così.

In Italia, come Marchionne insegna, non si punta agli investimenti e all’innovazione ma all’aumento dello sfruttamento e al taglio di salari e diritti, col risultato che non solo da noi, ma anche a Tychy, in Polonia, la Fiat annuncia licenziamenti in massa (a dire il vero anche la Opel di Bochum chiude, ma è una storia che assomiglia molto a quella Fiat). Tito Boeri ieri, su Raitre, diceva che bisogna tagliare ulteriormente i salari. Il miglior modo e più rapido per dare la mazzata definitiva a salari e pensioni – secondo altri – sarebbe quello di uscire dall’Euro e cioè cadere dalla padella alla brace. Magari con un referendum che sfrutti l’umore del momento, come propone quel tale di Genova.

Il governo attuale invece ha scelto la strada della disoccupazione: maggiore è il numero dei disoccupati e più alta diventa la concorrenza determinando salari più bassi e peggiori condizioni di sfruttamento. È l’unico sistema col quale i padroni intendono perseguire la famigerata competitività. È una vecchia legge e funziona egregiamente soprattutto se i sindacati lasciano fare e in assenza di una forza politica adeguata a difesa. Salvo generare recessione e l’aumento del rapporto debito/Pil. Non è quindi una scelta tecnica, ma politica.

3 commenti:

  1. certo che hai risposto, converrai (al contrario del "sinistrorso" boeri, fratello dell'ex sfidante di pisapia alle primarie di milano) che l'uscita dall'euro potrebbe essere una soluzione (permettendo di svalutare la moneta che verra' e permettendo un export maggiore verso l'estero) piuttosto che andare ancora avanti con la deflazione e creare schiavi ancora piu' schiavi che si vendono la propria forza lavoro con un cartello sul petto "WORK FOR FOOD"...

    E' possibile che i media e le pecore italiche seguano a prescindere questi maitre a penser di sta minchia, perdonami il francesismo, invece di ragionare e farsi un'idea propria?
    Mi vien da bestemmiare.
    gg

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  2. L'idea che la moneta unica con le sue regole sia, attualmente, una delle cause primarie delle italiche difficoltà economiche e produttive, si sta facendo lentissimamente strada nella mente di molti. Ma, in ogni caso e a mio avviso, l'augurabile ipotesi di una pur complessa uscita unilaterale dai trattati sottoscritti, non sarebbe sufficiente alla soluzione, anche parziale, dei problemi attuali se, al ritorno ad una moneta nazionale, non si aggiungessero, contemporaneamente, riforme di struttura quali la modifica dell'attuale sistema bancario, compresa la possibilità di nazionalizzare il credito, il ripristino di una sorta di scala mobile per i salari, un diverso e più severo criterio per le società di capitale per potersi quotare in borsa, il considerare inalienabili alcune aziende preventivamente definite di carattere strategico, l'investire nella scuola, nella sanità, nella ricerca pubbliche, il promuovere diversi criteri di imposizione fiscale con particolare riferimento alle attuali inaccettabili esenzioni. Insomma una ordinaria politica socialdemocratica che sarebbe possibile, in questo Paese, se esistesse un partito di massa ispirato a questi criteri invece che un partito democratico che, tra mille equilibrismi, si vanta di essere garante, in buona sostanza, dell'ultra liberismo di Chicago e dei nostrani eterni privilegi, confondendo l'internazionale dei lavoratori e l'europeismo nato a Ventotene con l'internazionalismo dei capitali e la loro ideologia di sfruttamento e sopraffazione.
    Conscrit

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  3. si bene...ma cominciamo con uno step alla volta, prima si esce dal nodo scorsoio made in germany chiamato euro e poi si procede con il resto, la politica dei piccoli passi...che poi, proprio piccoli non sono...

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