sabato 29 dicembre 2012

Perché Lenin ha ragione



«Chi arriva tardi, la storia lo punisce». È questa una frase attribuita a Gorbaciov ma mai realmente pronunciata. È invece il sunto popolaresco di un suo discorso pronunciato a Berlino nell’ottobre 1989 in occasione di un incontro con la dirigenza della DDR. Quale sia stato il ruolo effettivo di Gorbaciov in quel travagliato passaggio d’epoca, è difficile stabilirlo e forse non lo sapremo mai. È certo però che egli non è amato né in Russia e nemmeno in altri paesi dell’Est, ma non è la popolarità il tipo di metro idoneo a misurare il peso di un personaggio del genere.  Che la storia abbia voltato pagina, a volte anche malgrado lo stesso Gorbaciov, è stato comunque un bene, salvo la riunificazione della Germania che non può essere vista che come una minaccia.

Non appena le nuove generazioni tedesche avranno rimosso completamente la storia tragica del Novecento, operazione in corso d’opera, non si faranno scrupoli per affermare nuovamente i “diritti” storici del popolo germanico, tanto più che le ragioni economiche che spingono la Germania ad agire per la supremazia sono esattamente le medesime di altri periodi storici ben noti. Scrivevo al riguardo il 28 aprile 2010: La Germania, l’Europa, gli Usa, il mondo capitalistico, stanno rivivendo, al di là dei fenomeni di circostanza, gli stessi problemi, la stessa crisi e la stessa impasse degli anni Trenta, aggravati da un'enorme leva finanziaria.

Questo preambolo serve per un raffronto e poi per delle blande considerazioni sull’Italia, laddove, nonostante il collasso di muri e cortine, non è cambiato sostanzialmente nulla. Noi continuiamo a vivere la nostra particolare DDR, posto che al comando ci sono sempre gli stessi cristi eterni, e se qualche simbolo è stato gettato nel fosso non è certo quello con la croce. E difatti, anche se si mostra di non credere più in dio, non si va più a messa, ci si sposa assai di meno davanti al prete e certi costumi sono cambiati sotto l’incalzare degli imperativi economici, tuttavia il cattolicesimo si esprime come una componente essenziale del potere.

È vero che la Chiesa – cittadella dell’economia celeste – non ha miglior nemico che se stessa, tradita dalla sua stessa materialità, e purtuttavia gli occhi dei devoti nostrani sanno essere strabici, tanto che sono sempre i cattolici a dettar legge sui diritti civili e su molto altro ancora. Più che mai perché le pecorelle si sono mischiate coi lupacchiotti (con e senza orecchino) e a rappresentare la laicità e il cambiamento non c’è rimasto nessuno che abbia forza e volontà vera e non sia invischiato in particolari interessi.

Se i vescovi continuano a fare propaganda elettorale come sessant’anni fa, non ci dobbiamo stupire, tenuto conto che, per citare una banalità, il programma televisivo più seguito ha per protagonista un prete (in alternativa un carabiniere e simili). Lo strapotere dei preti cattolici è la prova tangibile della nostra arretratezza, anzitutto della nostra sconfitta politica e ideologica, e anche sotto il profilo delle libertà borghesi tale potere è la verifica quotidiana che la società civile in Italia non è la stessa del resto d’Europa, nemmeno della Spagna. Il Vaticano non ingerisce semplicemente negli affari di Stato, ma partecipa direttamente al governo della nazione con proprio personale a ciò addestrato e senza curarsi di dissimulare alcunché. Stato e Chiesa si sono suddivisi i compiti: l’uno gestisce il mercato della paura e l’altra quello dell’eterna ricompensa. Non per nulla la paura della morte è l’altra faccia della paura di vivere.

Preso atto della situazione che non cambia e che non è destinata a mutare, bisogna considerare che però non possiamo subordinare la lotta ideologica contro il millenario nemico della libertà, della cultura e del progresso alla lotta di classe. Senza lotta di classe la propaganda ideologica contro la religione finisce sterile e inutile disputa tra guelfi e ghibellini, scambio di battute, ghirigori. Non si tratta di una contraddizione verbale, ma di una contraddizione reale e perciò dialettica. In questo ha ragione Lenin, separare la propaganda teorica dell’ateismo che deve essere volta alla distruzione delle credenze religiose dal successo della lotta di classe, significa scindere violentemente ciò che è indissolubilmente legato nella realtà della vita. 

4 commenti:

  1. Condivido le tue impeccabili analisi.
    Precise e chirurgiche.
    Al contempo ti confesso che mi piacerebbe trovare di tanto in tanto sul blog, tra tante divulgazioni chiarificatrici e/o tra i commenti, qualche concreta proposta per risolvere i problemi.
    Attesa di tempi migliori, rivoluzione? E con quale programma?
    A mio avviso sarebbe interessante parlarne.
    Ciao.

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  2. mia cara Olympe , i tuoi ragionamenti sono sempre originali non convenzionali e lungimiranti. .ho letto questo brano che è bellissimo per certe considerazioni sulla storia, la politica e l' economica . confesso che, per la prima volta , l'unificazione della germania e le conseguenze che ne sono derivate e che ancora dovranno manifestarsi , mi ha dato una lettura della caduta del muro diversa da come l'avevo realizzata e mi ha lasciato un particolare senso di inquietudine .sulla questione della lotta alle credenze religiose , invece, pur trovandomi pienamente d'accordo con te , e da sempre , sulle responsabilità che la commistione Stato -Vaticano hanno sull' arretratezza politica e civile dell'Italia , sono convinta che il senso della spiritualità inteso come idea di essere non solo materia e mente ma anche spirito, anche se DEVE rimanere confinato nella sfera del privato , non è un danno o un pericolo ma ha , in sè , il potere di accrescere un forte senso etico e morale , una maggiore responsabilità di fronte ai propri pensieri e le proprie azioni , non può , insomma , che elevare la coscienza , e trasformare un essere in una persona sociale rispettosa degli altri e delle regole civili . ti assicuro che la mia distanza dalla Chiesa e dai suoi dogmi è di gran lunga maggiore e meno tollerante di quella di un ateo ma credo che la convinzione di essere anche spirito ,di avere un'anima , elevi la coscienza prima di tutto su questa Terra , sia una spinta interiore a ricercare una maggiore rettitudine e verticalità e ti rende il peggiore giudice di te stesso .
    ciao.

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    1. cara Lucilla, buon anno.
      sono con te per quanto riguarda la spiritualità personale, aspetto che non sottovaluto, ma confermo la mia posizione per quanto riguarda la religione in quanto istituzione e le credenze religiose, cioè superstiziose.
      ciao

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  3. la tua risposta mi trova perfettamente d'accordo .grazie Olympe ricambio di cuore e mi auguro di passare ancora questo nuovo anno in tua compagnia e del tuo blog.

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