Assistevo questa mattina a una trasmissione
televisiva su Raistoria del ciclo Why Poverty? Prima di trasmettere
l’inchiesta filmata riguardante il nuovo tipo di colonialismo che si sta
attuando in Africa ad opera delle multinazionali, il presentatore ha intervistato
Carlo Petrini (slow food) sulle
ragioni, appunto, della povertà. Questi ha risposto citando una frase di
Gandhi: sul pianeta c’è la possibilità di dare cibo a tutti gli esseri viventi
ma a causa dell’avidità di pochi esiste la povertà di molti. Questa risposta
rappresenta un classico esempio di risposta ideologica e di disconnessione
dalla realtà. Le cause della povertà sono in tal modo trasposte dalle
responsabilità di un determinato sistema economico nei suoi meccanismi volti al
profitto a quelle dei singoli individui e del loro “naturale” impulso
all’accumulo di ricchezza.
Allo stesso modo, Petrini, riferendo delle questioni
alimentari che affliggono il pianeta, ossia una parte della popolazione
mondiale, afferma che si produce cibo per 12mld di persone pur in presenza di
7mld di viventi, dei quali 1mld soffre la fame. Secondo Petrini lo spreco è imposto
da un modello di consumo sbagliato.
Ecco un altro esempio di come l’ideologia borghese progressista assolva
l’attuale sistema economico capitalistico (Petrini non lo nomina mai) per porre
invece l’accento sull’irrazionalità dei modelli di comportamento alimentare.
Questi propagandisti non si sognano nemmeno di mettere in discussione i
rapporti di produzione capitalistici e cioè anzitutto i rapporti di proprietà
dai quali dipende la forma di tutti gli altri.
Ecco che le ricette per un consumo compatibile si scontrano con la realtà di un modo di
produzione a cui non interessa nulla di cosa produrre, avendo come scopo esclusivo quello di stillare plusvalore.
787 grandi corporation controllano l'80 per cento delle più importanti
imprese del mondo e un gruppo ancora più ristretto composto da
147 gruppi controlla il 40 per cento delle più importanti multinazionali del
pianeta. Chi decide il prezzo dei cereali con i quali si sfama il pianeta,
il prezzo del petrolio con cui batte il cuore del mondo, sono una dozzina di
gruppi di trading dotati di magazzini, flotte e stabilimenti sparsi per il
mondo.
Le americane Adm, Bunge, Cargill e la francese Dreyfus, tengono in pugno le commodities alimentari controllando fra
il 75 e il 90% dei cereali mondiali.
Pensare di venire a capo di queste questioni propagandando
modelli di consumo consapevole può avere solo effetti assai scarsi e limitati e
in cerchie ristrette di popolazione, ma per il resto tali modelli virtuosi si
rivelano in definitiva inefficaci. Per tutto il giorno la pubblicità – che
costa miliardi – ci bombarda conquistando la nostra mente e la nostra anima fin
tanto che possiamo gridare: “lasciateci godere della nostra ricchezza o almeno
sognarla!”. E chi ancora non ha raggiunto certi livelli di consumo e di spreco
mitologico è disposto a qualunque cosa pur di venire a far parte della felicità
merceologica propagandata dai maghi della réclame.
* * *
Senza dimenticare che sono stati proprio i nativi d’America
ad avviare la domesticazione di mais e
tacchini,
senza i quali quel centinaio di
coloni (altro che pellegrini) approdati in loco, troppo fanatici anche per la
puritanissima Inghilterra, incapaci di far attecchire alcunché tra semi e
bestie portati dalla madrepatria, si sarebbero definitivamente estinti se non
avessero, armi in pugno, saccheggiato senza pudore i raccolti e gli allevamenti
di quelli che si affrettarono a chiamare pellerossa. Poi ringraziarono il loro
Dio per la sua benevolenza e tutt’ora, una volta l’anno, ripetono il rito
propiziatorio. Sterminati i nativi, andarono a prendersi la manodopera in
Africa, sempre ringraziando il loro Dio per la sua benevolenza. Nacque e
prosperò così quella che poi divenne la più grande democrazia del mondo.
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