Non se la possono proprio permettere un’astensione
massiccia dal voto. Questo regime deve poter continuare a sostenere – specie in
questo momento in cui il sistema è allo sbando – che agisce e si pronuncia in
nome del popolo italiano. Non importa per chi voti, ma che tu vada a votare (*). Sarebbe davvero imbarazzante e soprattutto
destabilizzante se anche nel resto del territorio nazionale alle prossime
elezioni accadesse ciò che si è visto recentemente alle regionali siciliane (aspetto sul quale è calato il silenzio più completo). Possono
permettersi, come in passato, una decina di milioni di astenuti, non di più.
Stanno correndo ai ripari, hanno richiamato in
servizio i migliori servitori del regime. Quelli che decantano la costituzione
truffa, quella stessa che nei suoi articoli al primo comma fissa un principio e
poi, al comma successivo, lo revoca rinviando il tutto a leggi ordinarie, ossia
alla discrezionalità dei padroni di turno. È il caso, tra i tanti,
dell’articolo 21, quello sulla libertà di stampa.
Al primo comma dice: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il
proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad
autorizzazioni o censure.
Quello che poi segue cambia tutto. Per stampare e diffondere qualsiasi
pubblicazione ci vuole l’autorizzazione del tribunale. Un magistrato può
disporre il sequestro di qualsiasi pubblicazione per le ipotesi di reato più
fantasiose, come quelle di “offesa al pudore”, di “vilipendio”, “istigazione” e
“apologia”. Fino a epoche non remote nel codice Rocco in vigore nella democratica repubblica c’era ancora il reato di “istigazione
all’odio di classe”! Pochi sanno a tale proposito che il fascismo, avuto il
potere, si sbarazzò della stampa avversaria strozzandola economicamente con
continui sequestri preventivi.
Per quanto riguarda le altre forme di
diffusione del pensiero, basti osservare che la radio e la televisione sono
state per decenni monopolio dello Stato, cioè dei partiti. Oggi questi mezzi di
comunicazione, quando non sono controllati dai partiti, sono in mano al
monopolio economico. La stessa stampa, se vuole sopravvivere, è soggetta
all’aiuto economico e discrezionale del governo che di anno in anno stabilisce
la misura e le modalità per accedere ai contributi. E ogni anno minaccia di non
darli, in tal modo tenendo sulla corda i giornali.
Nei teatri vigilava la questura e i
carabinieri, i quali in qualsiasi momento potevano interrompere gli spettacoli
(chiedere ragguagli a Dario Fo). Per il cinema è esistita, sempre per decenni,
una commissione di censura. Oggi non ce
n’è più bisogno, poiché non esiste più un’effettiva opposizione al sistema
e anche laddove ci fosse sarebbe marginale e insignificante. Del resto ci pensa
Benigni a falsificare, come quando in un suo film a liberare Auschwitz non sono
già le truppe dell’Armata rossa ma i carri armati Usa. Ciò gli è valso l’Oscar.
Oggi le élite dotate di un effettivo
senso critico costituiscono un aspetto minimo della realtà sociale, nello
spettacolo mediatico non è più necessario un controllo censorio e preventivo come un tempo, infatti
nel corso di questi decenni è stato plasmato un pubblico il cui gusto è
assolutamente adeguato al messaggio dominante, laddove il dominio della merce è
diventato culto consolidato della merce, veicolo dell’ideologia.
(*) Con una legge elettorale di cui ancora ieri il presidente della repubblica ha detto: «Fatto imperdonabilmente grave è stato fallire la prova della riforma della legge elettorale del 2005, su cui pure la Corte Costituzionale aveva sollevato seri dubbi di legittimità». Una delle tante cose su cui i propagandisti del voto sorvolano.
(*) Con una legge elettorale di cui ancora ieri il presidente della repubblica ha detto: «Fatto imperdonabilmente grave è stato fallire la prova della riforma della legge elettorale del 2005, su cui pure la Corte Costituzionale aveva sollevato seri dubbi di legittimità». Una delle tante cose su cui i propagandisti del voto sorvolano.
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