Non
si trovano i soldi per l’assistenza, la sanità, la scuola, il territorio e per
tante altre cose, ma per i cacciabombardieri miliardari i denari ci sono. È
vero che l’Italia parteciperà all’assemblaggio degli F-35, ma acquistarne una
novantina non ha senso. Anche perché le alternative a questo aereo da un trilione di dollari, il programma più costoso mai realizzato in ambito
militare, ci sarebbero: il francese Dassault
Rafale (impostosi nella recente gara in India) e il Typhoon prodotto dal consorzio europeo Eurofighter di cui fa parte anche Alenia Aeronautica del gruppo Finmeccanica.
Quest’ultimo è un velivolo già in servizio in Italia, Gran Bretagna, Austria,
Germania e Arabia Saudita ma potrebbe essere acquisito presto anche da Oman,
Kuwait ed Emirati Arabi Uniti.
Anche
perché dei suoi novanta F-35, l’Italia ne acquisterà ben trenta nella versione
B a decollo corto e atterraggio verticale, molto più costosa della versione A,
127 milioni di dollari a pezzo contro 164 per i velivoli in acquisizione nel 2013.
Ma ciò di cui non si tiene conto nei discorsi sulla faccenda, è che tali costi
sono a “nudo”, cioè al netto di ricambi, armamenti e gestione ordinaria. La
prima domanda da porsi è: a cosa ci servono le portaerei? Se l’Italia volesse
avere davvero un peso nel Mediterraneo e anche altrove, allora invece
d’investire in programmi militari dovrebbe farlo in iniziative di cooperazione
civile.
Dal
canto suo il governo canadese ha annunciato di rinunciare ad acquisire i 65
cacciabombardieri prenotati alla statunitense Lockheed Martin: troppo cari e con performance non
all'altezza delle previsioni, queste le motivazioni del governo nonostante
a suo tempo il ministro della Difesa Peter MacKay avesse definito l’F-35 come
“l'unico tipo di cacciabombardiere che risponde alla perfezione ai bisogni
delle forze armate canadesi”. Un rapporto del General Account Office (la Corte dei conti canadese) ha smentito
però le previsioni di spesa della Difesa, quindi la rinuncia del governo dopo un lungo dibattito che ha coinvolto le
istituzioni e l'opinione pubblica canadese.
L'analisi
dei costi effettuata dai canadesi può essere utile anche per valutare quanto
costeranno complessivamente gli F-35 italiani, ma da noi l’opinione pubblica
non ha nessuna voce in capitolo, non può modificare alcuna decisione,
altrimenti non si spiegherebbe il fatto che siamo il paese allo stesso tempo
più tragico e più comico dell’emisfero nord. È stato
mai affrontato tale tema nei talk televisivi?
Sarebbe
interessante conoscere l’opinione in proposito del signor Bersani, oltre
ovviamente a quella decisiva del signor Vendola. Magari ci diranno qualcosa anche
sugli scioperi dei lavoratori della Lockheed Martin contro i tagli del salario
e delle pensioni per ridurre i costi dell’F-35.
Commentare su quanto sia cattivo il boia mentre affila la lama della ghigliottina e prepara la gerla dove rotolerà la testa é come scrivere l'epitaffio da mettere sulla propria tomba.
RispondiEliminaIl popolo é troppo fesso.
Agli schiavi servirebbe un'organizzazione come quella dei lori padroni. I cattivi sono sempre perfettamente organizzati. Le buone pecorelle invece sono solo piene di buona volontà.
Anziché vendere cara la pelle si continua a racimolare risparmi per le prossime tasse del 2013.
Ciao
La statunitense Lockheed ha sempre battuto, in Italia, la concorrenza della francese Dassault e questo a prescindere dalle caratteristiche tecniche dei velivoli e dalle scelte di natura militare e strategica. I clamorosi precedenti sono noti. Il progetto ed il programma F35 nasce nel 1998 ed il governo italiano lo avallò sottoscrivendo quanto necessario. Presidente del Consiglio era Massimo D'Alema.
RispondiEliminaConscrit
http://diciottobrumaio.blogspot.it/2010/06/per-chi-avesse-ancora-residui-dubbi.html
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