mercoledì 26 dicembre 2012

Goti



Ieri sera in tivù trasmettevano il film Miracolo a Berna (un titolo che richiama alla memoria la famosa pellicola di De Sica del 1951). È la storia di un ragazzino tedesco, Matthias, e del proprio padre, un reduce tornato dalla prigionia russa nel 1954. I mondiali di calcio si giocano proprio quell’anno e sono vinti dalla Germania Ovest il 4 luglio a Berna in un’epica finale contro l’Ungheria, la squadra del mitico Puskás. Il ragazzino è amico di un giocatore della nazionale tedesca, Helmut Rahn, che segnerà il gol decisivo.

Il film mostra, a mio parere, come lo spirito, la determinazione e la mentalità tedesca, a nove anni dalla tragedia della guerra e dalla sconfitta, siano rimasti sostanzialmente quelli di sempre, inalterati. Il film lo dichiara forse ben oltre le intenzioni: la Crande Germania è ancora lì, risorta e pronta a essere protagonista nel mondo. Il modello educativo e di relazione, l’ingegno applicativo e la volontà, unitamente a una forte identificazione individuale nel sentimento nazionale, rappresentano le chiavi della rinascita e del successo tedesco, della bontà del suo sistema sociale. Il film non dimentica nemmeno, incidentalmente, di citare l’altra Germania, quella dell’Est, dove vivono pur sempre dei tedeschi!

* * *

Interessanti, a riguardo del carattere e dello spirito tedesco, anche le parole del più grande compositore operistico di ogni tempo, al quale i tedeschi non piacevano mica tanto. A dire il vero, per contrappunto, non garbavano nemmeno i vizi tipici dei suoi conterranei, gli italiani, considerandosi egli stesso così poco italiano, a dispetto dell’immagine patriottica e retorica che accompagna il suo ritratto. Assai poco condiscendente verso l’antropologia nostrana, ovvero la tendenza al compromesso, lo scambio di favori, la faciloneria nelle cose e sul lavoro, le scorciatoie professionali, il quieto vivere.

Tuttavia, a riguardo dei tedeschi e dei suoi timori per l’Europa, così si esprimeva nel 1870 alla Maffei, all’indomani della sconfitta francese a Sedan: “Che i nostri letterati, ed i nostri politici vantino pure il sapere le scienze, e perfino (Dio glielo perdoni) le arti di questi vincitori, ma se guardassero un po’ in dentro, vedrebbero che nelle loro vene scorre sempre l’antico sangue goto, che sono d’uno smisurato orgoglio, duri, intolleranti, sprezzanti di tutto ciò che non è germanico, e d’una rapacità che non ha limiti. Uomini di testa, ma senza cuore”.

E che dopo Adrianopoli l'Europa non sia rimasta la stessa è un fatto.

4 commenti: