sabato 20 marzo 2010

In girum imus et consumimur igni



Su Il Sole 24ore del 17 c’è un buon articolo di Martin Wolf. Viziato ideologicamente, come è inevitabile, ma  pertinente. Non è direttamente di tale articolo che voglio parlare, anche se esso mi offre lo spunto per considerare, ancora una volta, come le grandi questioni economiche che parevano superate da decenni, viceversa nella loro sostanza sono ancora tutte allineate sul vecchio tappeto degli Anni Venti e Trenta. Del resto, i problemi fondamentali connessi all’accumulazione, al debito, all’import/export, alla caduta tendenziale del saggio del profitto, si ripresentano inevitabilmente come elementi irriducibili dell’economia capitalistica. Le difficoltà della Germania di allora e di quella di oggi, sono paradigmatiche. E anche l'impasse degli Stati Uniti, della Francia e del Giappone. Il problema era ed è trovare mercati solvibili dove piazzare le proprie merci. Esorcizzare ideologicamente tali questioni, è servito solo sul piano politico e del controllo, oltre che nello scontro strategico Est-Ovest. Sul piano pratico si sono creati dei mercati comuni, delle aree aperte allo scambio, fino all’attuale mondializzazione. Il resto l’ha fatto l’industrializzazione diffusa e massiccia, la creazione di nuovi prodotti e il modello consumistico basato sulla fruizione rapida, cioè sulla dissipazione. Ciò non ha risolto i problemi, ma solo rinviati e ampliati, come nel caso del depauperamento delle risorse e l’incremento dell’avvelenamento. Infatti, nell’àmbito del modo di produzione capitalistico tali problemi non solo non si possono risolvere "riformandoli", ma si aggravano. inevitabilmente. Non si tratta più delle crisi di ciclo di un tempo, ma degli effetti di una crisi generale, permanente e quindi storica, del capitalismo, i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti. È il caso di dire: l'analisi di Marx, la sua critica dell'economia politica e l'individuazioni delle leggi che muovono il capitalismo, è attualissma e da essa non si può prescindere.
Nemmeno durante la Guerra fredda il mondo ha corso tanti rischi quali si profilano minacciosi oggi. Le classi dirigenti dei diversi blocchi sapevano che l’impiego dell’arma atomica avrebbe avuto effetti devastanti e definitivi non solo per l’avversario. Inoltre gli avversari del capitalismo si connotavano soprattutto sul piano strategico politico-ideologico e molto meno su quello della concorrenzialità economica. Oggi non è più così. Il mercato mondiale nel suo sviluppo attuale crea i presupposti per un conflitto veramente globalizzato. La possibilità che una scintilla incendi la prateria, nei prossimi lustri, non è più remota come un tempo.

Nessun commento:

Posta un commento