lunedì 8 marzo 2010

Esegesi del cazzo


 



C’è grande fermento sul famoso decreto. Si cita l’art. 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400, quindi gli artt. 72, poi il 48 e il 51 della Costituzione e via di seguito (il manifesto di oggi).
È troppo semplicistico dire che le liste elettorali non sono state ammesse non perché chi le doveva consegnare ha interpretato male o a modo suo le norme sui termini e le modalità di presentazione, ma perché ha presentato le liste in ritardo (e ammette infatti di essersi attardato per ragioni alimentari) o perché le firme non andavano bene? Che c’entra l’interpretazione, la costituzione, le leggi, i legulei?
Invocare il rispetto delle regole in un paese malavitoso e malmostoso come il nostro, è assolutamente risibile. Da sempre, non quindi da oggi, il rispetto occhiuto e puntiglioso delle regole vale solo per i poveracci; viceversa l’interpretazione è largamente consuetudinaria per i potenti. Dov’è l’eclatante novità?
Pochi anni or sono milioni di persone, pensionati e salariati, si sono mobilitati per l’art. 18; oggi, nei fatti, è passata una norma che permette i licenziamenti senza giusta causa. Assieme ad essa, un’altra norma rende ancor più difficili i controlli degli ispettori nei posti di lavoro.
E il rispetto delle norme della 626? E quelle sull’inquinamento e l’abusivismo? E il referendum sul finanziamento dei partiti (soggetti privati), quindi in materia fiscale, laddove gli evasori fanno impunemente ciò che vogliono? E il riciclaggio dei proventi illeciti, esportati all’estero, non è stato forse legalizzato con garanzia dell’anonimato?
Non ha forse scritto il giudice Scarpinato sul Corriere della Sera, senza smentita o clamore alcuno, che la nostra è una classe dirigente nazionale tra le più premoderne, violente e predatrici della storia occidentale, la cui criminalità si è estrinsecata nel corso dei secoli in tre forme: lo stragismo e l’omicidio politico, la corruzione sistemica e la mafia?

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