Il cardinale Camillo Ruini, principe di santa romana chiesa (ad ognuno il suo), sostiene che la chiesa è la più esposta alla pederastia perché sarebbe l’ultima istituzione ad avere una paideia. Che la chiesa sia l’unica e l’ultima istituzione a fornire ai giovani un modello educativo mi pare quantomeno una forzatura, fermo restando il fatto, tuttavia, che sono proprio le forme e i modi della paideia cattolica una delle cause principali, non del fenomeno pederastico in sé, ma della sua diffusione ed estensione tra il clero e i religiosi (come scrivevo nel recente post paideia Christi). Ma ciò che soprattutto non si può accettare è la definizione che si tratterebbe di «deviazioni legate alla sessualità». E no, bello mio, qui la sessualità è solo uno degli àmbiti ai quali si attagliano le “deviazioni”. Che non è la stessa cosa.
Scrive Guido Ambrosino, corrispondente del quotidiano il manifesto:
Il portavoce del Vaticano, padre Federico Lombardi, si sbraccia a ripetere che Ratzinger sarebbe stato da sempre un fautore della massima intransigenza contro la pedofilia dei preti, attentissimo e sensibile nel combattere questa piaga. La smentita più drastica di questa presunta sensibilità del papa viene da Jörg D., vittima di abusi nella diocesi di Osnabrück. Il 17 settembre 2009 ha scritto un'accorata lettera a Ratzinger: «La prego di intervenire, nella forma che Lei riterrà più opportuna». Denunciava la vicenda di 14 chierichetti e bambini della prima comunione, ripetutamente violentati dal parroco. Ma Benedetto XVI ha taciuto, come ha taciuto il suo «sollecito» entourage: a tutt'oggi nessuna risposta dal Vaticano, nemmeno due righe per confermare l'arrivo della missiva.
La pagina 9 de il manifesto di ieri è dedicata a questo tipo di notizie e commenti. L’impressione che se ne ricava è che il resto della stampa italiana ignori deliberatamente molti “dettagli” di quello che sta succedendo oltralpe.
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