L’Osservatore romano pubblica ampi stralci del capitolo scritto dal gesuita George V. Coyne, presidente del Vatican Observatory Foundation, contenuto nel volume Dio oggi. Con Lui o senza di Lui cambia tutto (Siena, Cantagalli, 2010, pagine 236, euro 15,50).
Dopo una disanima sull’origine dell’universo e le relative dinamiche evolutive, dal Big Beng alla vita, l’astronomo gesuita scrive:
Qualsiasi immagine di Dio, sorgente universale della vita, deve rispondere a tali fatti scientifici.
Siccome però l’immagine è prodotta dalla sua testa, e non può quindi rispondere ai “fatti”, il gesuita prosegue con il solito vecchio sofisma:
Quanto detto riporta a una domanda: la vita, a livello dell'intelligenza e dell'autocoscienza rappresenta un fattore importante per l'evoluzione futura dell'universo? È una domanda che forse porterebbe fuori del campo delle scienze della natura.
Qui l’artificio pretesco della finzione dubitativa serve solo come passepartout retorico per reintrodurre dalla finestra ciò che non era stato ammesso dalla porta, ovvero il concetto di finalità. Se passa la premessa, si vince anche la partita. Ed infatti, prosegue:
Preferisco tuttavia correre il rischio ricapitolando le domande fatte in un'ultima domanda tendenziosa: esistiamo solo per riciclare l'energia nella forma in cui ci viene fornita dall'universo, oppure siamo esseri speciali, in cui l'universo trova la possibilità di passare dalla materia allo spirito?
È una domanda che non c’entra un cazzo con la manfrina dell’evoluzione dell’universo e le forme più alte di organizzazione della materia, ma ha lo scopo di forzare “i fatti” in premessa per introdurre la sporca faccenda dello spirito, il soprannaturale, alias Dio.
È in questo quadro generale dell'universo in evoluzione in cui si colloca la vita, e noi con essa, che vorrei presentare, in corrispondenza di una nuova cosmologia, la proposta di una nuova immagine di Dio creatore.
Posto che la domanda non c’entrava un cazzo, ma è stata fatta c’entrare lo stesso, in modo da derivare un “senso” alla vita come “fattore importante per l'evoluzione futura dell'universo”, il passaggio successivo è stato quindi quello di fomentare “una nuova cosmologia”, cioè la vecchia cosmologia cristiana riveduta e corretta, perché essa in tal modo mi permette, al di là dei “fatti”, e cioè “fuori del campo delle scienze della natura”, di introdurre “una nuova immagine di Dio creatore”, cioè l’immagine taroccata del vecchio mito.
Infatti, in conclusione:
Nei secoli XVI e XVIi era diffusa e persistente l'idea, già condivisa dai pitagorici, che il compito dei fisici fosse di scoprire qualcosa come un grande progetto trascendentale incarnato nell'universo. Si ritiene, infatti, che uno dei fattori essenziali che contribuirono alla nascita della scienza moderna fu la teologia cristiana della creazione e dell'incarnazione.
Un teologo resta un prete, qualunque maschera adotti per travisare la sua natura disonesta.
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