Obama non piace alla destra americana (esiste una sinistra?) e nemmeno a quella italiana (à la carte). Non piace alla destra in generale, e si capisce. Non per questo la sua politica, la sua politica estera almeno, deve trovare necessariamente consenso, per partito preso, presso tutto quel variegato e attento mondo che non possiamo definire semplicemente e sbrigativamente “di sinistra”, ma che include tanta parte di quelle persone che cercano di pensare con la propria testa.
Obama va quindi giudicato per i fatti. In Iraq, per esempio, le cose continuano come prima e in Afganistan peggiorano. In questo paese ha inviato altri 30mila soldati, che ovviamente non sono in villeggiatura. Le vittime civili aumentano (anche se le notizie che filtrano sono poche e trascurate) e (viene affermato da Gino Strada) ai feriti è impedito di raggiungere i centri di soccorso sanitario. Sempre in Afghanistan si sono tenute delle elezioni farsa, avallate anzitutto dagli Usa. L’economia di questo paese è incentrata sulla coltivazione dell’oppio, e poco o nulla si è fatto in controtendenza. Ad Haiti, dopo il terremoto, non ha trovato di meglio che mandare i soldati, armati di tutto punto.
Al vertice sul clima di Copenaghen, Barack Obama e il gruppo degli stati più ricchi del pianeta, si sono dimostrati decisi a smantellare gli impegni vincolanti di Kyoto – dove più di 12 anni fa si discusse il grave problema predisponendo il famoso "Protocollo" – e far cadere il peso dei sacrifici sui paesi emergenti e sotto sviluppati, che sono i più poveri e sono anche i fornitori di materie prime e di risorse non rinnovabili del pianeta per i più sviluppati e opulenti.
Si è presentato l’ultimo giorno della Conferenza iniziata il 7 dicembre, dopo aver ritirato ad Oslo il Premio Nobel della Pace, nel momento in cui decideva l’invio di altri 30.000 soldati nel massacro dell’Afganistan. Il 18, che era la data dell’ultima sessione del Vertice, è apparso a Copenaghen dove pensava di rimanere inizialmente solo 8 ore. Il giorno prima erano giunti la Segretaria di Stato ed un gruppo selezionato dei suoi miglior strateghi.
La prima cosa che ha fatto Obama è stata selezionare un gruppo d’invitati che hanno ricevuto l’onore di accompagnarlo a pronunciare un discorso nel Vertice. Il suo discorso è stato una miscela di parole mielose e condite da gesti teatrali, che già annoiano coloro che si assegnano il compito d’ascoltarlo per cercare d’essere obiettivi nell’apprezzamento delle sue intenzioni politiche e delle sue caratteristiche. Dopo aver detto la sua, è scomparso da una porta di servizio fuggendo da un auditorio che gli ha fatto l’onore di ascoltarlo con interesse.
Conclusa la lista autorizzata degli oratori, un indigeno Aymara, Evo Morales, presidente della Bolivia, appena rieletto con il 65% dei voti, ha reclamato il diritto di parlare, concesso solo di fronte ad un applauso scrosciante dei presenti. In soli nove minuti ha espresso profondi e degni concetti che rispondevano alle parole dell’assente presidente degli Stati Uniti.
L’occupatissimo Obama ed il suo seguito non avevano, senza dubbio, un minuto da perdere. Il suo gruppo aveva elaborato un progetto di dichiarazione pieno di fumosità, che era la negazione del Protocollo di Kyoto. Dopo la sua uscita precipitosa dalla sala generale, Obama si è riunito con altri gruppi d’invitati che non erano nemmeno 30, ed ha negoziato privatamente ed in gruppo. Ha insistito, ha menzionato cifre irrisorie di dollari, ed ha persino minacciato di andarsene dalla riunione se non si accettavano le sue proposte.
Insomma, tutto un insieme di cose, di comportamenti e atteggiamenti che hanno poco o nulla a che fare con la democrazia, la cooperazione, la pace.
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