mercoledì 24 marzo 2010

Corsi e ricorsi/2


[continua da QUI]

Prima della crisi del 1929, la Repubblica di Weimar aveva quasi raggiunto il pieno impiego, il valore reale delle importazioni, consentito dal crollo dei prezzi delle materie prime, era superiore del 50% a quello cha sarà poi nella Germania nel 1933. La salute economica dipendeva dalla capacità della Germania di Weimar di mantenere un flusso adeguato dei fattori produttivi legati all’import-export, come è logico che sia. Il flusso delle esportazioni doveva cioè garantire i mezzi finanziari necessari per ripagare i debiti e le importazioni. Tutto questo garantiva la stabilità sociale, allora come oggi.

Con la crisi del 1929, i governi intrapresero una politica economica puntata sulla deflazione e sul contenimento delle importazioni, facendo precipitare l’economia in recessione. Del resto, il peso dei debiti di guerra era ancora, almeno fino alla moratoria Hoover del luglio 1931, assai sostenuto.

Il dibattito economico tra le due guerre verteva fondamentalmente su una domanda: può la spesa pubblica, finanziata nel breve termine con l’emissione di nuova moneta avere un impatto effettivo sulla produzione e l’occupazione? Senza entrare in tecnicismi, da un lato stava una corrente di pensiero che negava tale possibilità sostanzialmente per motivi di ordine inflattivo; dall’altro stava la corrente che riteneva possibile, nel breve periodo, che in presenza di milioni di disoccupati e di fabbriche affamate di ordini, non c’era motivo d’attendersi un’impennata di prezzi e salari.

Nei primi anni Trenta, con 6 milioni di disoccupati e gli impianti al 50% delle proprie capacità, il massiccio intervento pubblico nell'economia non era solo un’ipotesi, bensì una strada obbligata.

Contrariamente a quanto si ritiene, la manovra di creazione di lavoro finanziato dal credito, non fu avviata da Hitler, ma già dal suo predecessore, il generale Scleicher, nel 1932. Furono emessi dei titoli, a copertura degli appalti dei lavori pubblici, garantiti da un gruppo di banche affiliate allo Stato. L’appaltatore, a fronte di uno sconto, poteva farsi liquidare i titoli presso una delle banche del consorzio; queste ultime si facevano scontare a loro volta i titoli dalla Reichbank, cioè dalla banca centrale, la quale a sua volta, emetteva liquidità. Il ministero delle finanze, dal canto suo, riscattava dalla Reichbank i titoli raccolti con il gettito fiscale aggiuntivo generato dal buon andamento dell’economia. Insomma, nulla di nuovo sotto il sole.

In tal modo la disoccupazione decrebbe abbastanza rapidamente, anche se non nella misura mitologica indicata dalla propaganda nazista. Il crollo della disoccupazione, infatti, non riguardò da subito le fasce del lavoro impiegatizio ed intellettuale. I diversi piani contro la disoccupazione prevedevano soprattutto la realizzazione di infrastrutture, ma una quota degli stanziamenti assai consistente veniva drenata per finanziare “misure speciali”, cioè infrastrutture militari e armamenti.

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