venerdì 30 settembre 2011

I fondamenti del "giusto ordine"



È per me un onore e una gioia parlare davanti a questa Camera alta – davanti al Parlamento della mia Patria tedesca, che si riunisce qui come rappresentanza del popolo, eletta democraticamente […] l’invito a tenere questo discorso è rivolto a me in quanto Papa, in quanto Vescovo di Roma, che porta la suprema responsabilità per la cristianità cattolica. Con ciò Voi riconoscete il ruolo che spetta alla Santa Sede quale partner all’interno della Comunità dei Popoli e degli Stati. In base a questa mia responsabilità internazionale vorrei proporVi alcune considerazioni sui fondamenti dello Stato liberale di diritto.

Questa è l’introduzione (da leggere come se aveste un sorcio in bocca) del discorso tenuto da Ratzinger al parlamento tedesco in occasione della sua visita. Egli rimarca subito il fatto di essere stato invitato quale capo dello Stato del Vaticano. E qui ci troviamo di fronte già a una prima contraddizione (o paradosso) sulla quale Ratzinger sorvola, dovuta al fatto che quel consesso, come lui stesso osserva, si riunisce come rappresentanza del popolo eletta democraticamente, mentre egli, capo del Vaticano, è un autocrate eletto da alcuni vecchi maschi scelti dal suo predecessore. Ciò posto, tuttavia, egli, che come monarca assoluto chiama la sparuta cerchia dei suoi concittadini “sudditi”, si prende la briga di discettare nientemeno che sui fondamenti dello Stato liberale.

Ratzinger non è stupido, mente per ufficio e perciò è inutile la chiosa di tutto il discorso, risultato di una gran mole di lavoro di lima e di preghiera. Del resto anche lui, come quelli che lo ascoltano, è preoccupato anzitutto di una cosa, e cioè del mantenimento del “giusto ordine”, quello del denaro e del classismo. Mi piacerebbe però sapere se i componenti dell’alto consesso a cui Ratzinger si è rivolto nel suo discorsetto, qualora credenti e cattolici, siano effettivamente convinti, in cuor loro, che questo inattendibile personaggio vestito in modo stravagante rappresenti effettivamente dio in terra. Se quindi seguano l’invito, per esempio, all’astinenza. Per tutti gli altri, coloro che cioè amano ripetere che dio è morto, osservo che tuttavia non hanno smesso di mettersi in ginocchio davanti a un rappresentante di un potere religioso e politico che si è espresso per secoli con flotti di sangue e di fango promettendo la salvezza dell’umanità. Nonostante questa tirannia vaticana sia defunta, essa continua a uccidere laddove, per esempio, tiene soggiogata la gente imponendo la rinuncia al preservativo e condannando così migliaia di vite alla malattia.

Futuro cattolico



Dice il più bel filone del Tavoliere: «Prodi rappresenta un punto di riferimento per tutti coloro che intendono costruire un centrosinistra capace di guardare al futuro». Se non fosse per quella di Riina Salvatore, che come leggo nei giornali ha detto di essere un “uomo acqua e sapone”, quella di Vendola Nichi sarebbe la migliore performance in assoluto della settimana (invece le do ex æquo). In fin dei conti Prodi ha solo 72 anni ed è colui che “Da adesso in poi la sinistra presenterà un governo stabile e duraturo”. Remember? Non avendo palle proprie, Vendola si attacca a quelle di Prodi. Sempre di orchite cattolica si tratta.

giovedì 29 settembre 2011

Un mazzo tanto



Nella storia della sinistra italiana (qualunque cosa per essa s’intenda) non mancano i paradossi. Uno di questi consiste in un dato di fatto evidente. Fino a vent’anni fa esisteva in Italia il più grande partito comunista (lasciamo da parte i distinguo) d’Europa. Attualmente la sinistra italiana non è in grado di esprimere non solo un grande partito comunista o genericamente di sinistra, ma nemmeno un grande partito semplicemente laico. L’infiltrazione delle metastasi cattoliche si palesa ovunque. Né si è capaci di un partito d’opposizione che dica almeno “No” al diktat delle banche e che invece, con la scusa dell’emergenza (accettando anche questa), si affretta a far passare liscia ogni oscenità.

La sinistra italiana che conosciamo è morta. Non lo ammettiamo perché si apre un vuoto che la vita politica quotidiana non ammette. Possiamo sempre consolarci con elezioni parziali o con una manifestazione rumorosa. Ma la sinistra rappresentativa, quercia rotta e margherita secca e ulivo senza tronco, è fuori scena. Non sono una opposizione e una alternativa e neppure una alternanza, per usare questo gergo. Hanno raggiunto un grado di subalternità e soggezione non solo alle politiche della destra ma al suo punto di vista e alla sua mentalità nel quadro internazionale e interno.

Queste parole scritte da Luigi Pintor, un po’ in ritardo se si vuole, ma con lucidità, sono la presa d’atto del fallimento, peraltro non recente, della sinistra. I falliti non si sono fatti scrupolo di portare i sacri libri al tribunale della storia, credendo con ciò di averla fatta franca in cambio di una barca o di una banca. Che cosa è rimasto della sinistra? Il ricordo, la nostalgia e qualche bandiera. Piccoli gruppi che si scomunicano a vicenda, papi e antipapi, che non riescono a trovare un filo comune nemmeno per bere un caffè assieme. Una situazione che mi ricorda una scena del film di Elio Petri, con Volonté, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Dopo l’arresto di decine di manifestanti, un questurino dice al commissario: « Appena messi in gabbia hanno cominciato a dividersi in maoisti, trotzkisti, stalinisti … Per fortuna, altrimenti ci avrebbero fatto un mazzo tanto! ».


Il fattore decisivo



Per aiutare gli studenti americani indecisi, il mensile Travel+Leisure pubblica questo mese la lista dei dodici più bei campus universitari d’America. A quanto pare, la bellezza architettonica di un campus è tra i fattori decisivi nella scelta dei giovani liceali. Nel determinare i college vincitori, gli esperti di Travel+Leisure hanno prestato particolare attenzione a caratteristiche quali l’equilibrio urbanistico, in altre parole la proporzione di edifici universitari e aree verdi (categoria in cui si distingue Princeton University in New Jersey), la coerenza architetturale interna (ad esempio lo stile “rinascimento spagnolo” di University of San Diego in California), o, al contrario, la varietà degli stili e il desiderio di innovare dal punto di vista estetico (valori incarnati in particolare da Yale University in Connecticut). Tra gli altri campus selezionati anche quello di Cornell University nello stato di New York, di Univeristy of Washington a Seattle, del Lewis and Clark College a Portland in Oregon.

Senza un po’ di buon gusto cosa potrebbe produrre l’intelligenza pigra della classe medio-alta americana? È in questi luoghi che si rafforza l’educazione normativa dei più dotati esteti che governeranno la dissociazione urbana e l’anomia sociale in nome dell’unica realtà che riconoscono come naturale ed eterna. L’élite abituata a questi ambienti si riuscirebbe mai a recuperarla per un progetto di vita collettiva diverso?

mercoledì 28 settembre 2011

Ricchi si nasce e loro lo nacquero, modestamente


Avevo preannunciato, com’era facile prevedere, che ci sarebbe stata grande euforia nel mercato borsistico sentiti gli annunci di grandi salvataggi. Dicevo: entro natale. E invece non s’è aspettato nemmeno che i bagnini si mettessero d’accordo sul tipo di ciambelle da lanciare ai naufraghi che sono iniziati i festeggiamenti.

I vecchi lupi non si fanno sfuggire nessuna occasione, sia essa al ribasso o al rialzo. Il guadagno è assicurato, a pagare è il solito parco buoi di sprovveduti che credono di potersi arricchire con la Borsa, senza considerare che essa è una roulette truccatissima.

Ma non voglio annoiare con simili e ripetute quisquiglie. Per sapere quanto siamo poveri è sufficiente conoscere quanto sono ricchi i più ricchi, quelli che gli esperti dal fluente inglese chiamano high net worth individuals (HNWI), cioè le persone con un alto (altissimo) patrimonio netto, vale a dire che il più pezzente deve avere almeno un milione di dollari. Cercando in Wikipedia ci sono solo dati vecchi, quindi consiglio di vedere qui, dove si può scaricare in Pdf la 15ª edizione del World Wealth Report, il rapporto annuale sulla ricchezza nel mondo, redatto da Merrill Lynch e Capgemini.

I ricchi nel mondo sono aumentati nel 2010, superando i livelli pre-crisi del 2007, in quasi tutte le regioni. Si dirà: se aumentano i ricchi vuol dire che diminuiscono i poveri. Sfortunatamente nella realtà questo rapporto non coincide quasi mai.


I ricchi nel 2010 non sono aumentati solo di numero (dell’8,3% a 10,9 milioni) ma anche in termini di portafoglio, in crescita del 9,7% a 42.700 miliardi di dollari USA. Il loro numero e la loro ricchezza però è aumentata meno che nel ruggente 2009 (rispettivamente al 17,1% e al 18,9%). Se l’aumento della ricchezza della popolazione mondiale nel suo complesso avesse queste stesse performance, la fame e la miseria sparirebbero in poco tempo creando un sacco di problemi ai ricchi veri: dove troverebbero chi lavora quasi gratis per loro?

Oltre ai ricchi ci sono, ovviamente, anche i ricchissimi, come quel giovanotto straccione che ho visto uscire dall’hotel Danieli di Venezia e che risulta essere il figlio di una delle più ricche famiglie di petrolieri degli Usa. Li chiamano gli Ultra-HNWI, con un patrimonio finanziario di oltre 30 milioni di dollari. Ebbene sono aumentati del 10,2% nel 2010 e la loro ricchezza è cresciuta dell’11,5%. Vuol dire che mediamente il più misero di loro ha messo da parte oltre tre milioni di dollari in un anno, dopo aver saldato la suite al Danieli.

La popolazione globale degli HNWI è rimasta altamente concentrata negli Stati Uniti, in Giappone e in Germania che insieme rappresentano il 53,0% degli HNWI di tutto il mondo. Gli Stati Uniti sono ancora il paese con il segmento singolo HNW più grande del mondo con i loro 3,1 milioni di HNWI, pari al 28,6% della popolazione globale degli HNWI. 


E l’Italia? Alla fine del 2009 gli HNWI erano 178.800, dato che l’ufficio delle entrate ignora (sono solo 796 sulla base della dichiarazione redditi). Nel 2010, come dimostra il grafico, sono diventati 179.170 170.000.

Un uomo senza idee e privo di autorità morale


Barack Hussein Obama è premio Nobel per la pace, lo stesso uomo che ha fornito pieno appoggio alle oltre 20mila incursioni aeree sulla Libia, all’invasione della stessa, ed è responsabile della morte, assieme ai suoi degni compari europei, di decine di migliaia di persone. È a capo, almeno formalmente, di una potenza imperialista che ha basi militari in tutte le parti del mondo, possiede centinaia di satelliti spia, è il maggior esportatore di armi e investe più di un mille miliardi di dollari annuali in spese militari.

Eppure quest’uomo di paglia ha il coraggio di affermare, in un suo discorso all’Onu, che “Quest’anno è stato un momento di grandi trasformazioni, più nazioni hanno fatto passi avanti per mantenere la pace e la sicurezza e più individui stanno reclamando il loro diritto a vivere in pace e in libertà”.

Questo burattino di Wall Street che ha dato l’assalto alle riserve petrolifere del Sud Sudan, della Costa d’Avorio e della Libia, ha la faccia tosta di dire che “Un giorno dopo l’altro, di fronte alle pallottole e alle armi, il popolo della Libia non ha rinunciato alla sua libertà e quando sono stati minacciati con questa atrocità che abbiamo visto spesso negli ultimi secoli, la ONU ha rispettato la sua Carta e il Consiglio di Sicurezza ha autorizzato le misure necessarie per evitare un massacro in Libia”.
“Gli Stati Uniti continueranno ad appoggiare le nazioni che vanno verso la democrazia, con un maggior commercio e con investimenti, perché la libertà sia seguita dall’opportunità. Continueremo con il nostro impegno con i governi, ma anche con la società civile, gli studenti, gli uomini d’affari, i partiti politici, la stampa e i media”.

Commercio e investimenti? Parliamo degli stessi Stati Uniti che attraverso le loro banche controllano il racket finanziario mondiale, che sono il primo paese consumatore di droghe e i primi produttori di marijuana nel mondo? Libertà? Chi ha promosso i colpi militari e i genocidi in Cile, Argentina, Uruguay e in altri paesi, che costarono decine di migliaia di morti e di scomparsi? Chi appoggia Israele e vieta qualsiasi risoluzione a favore del riconoscimento della Palestina come Stato indipendente e membro delle Nazioni Unite?

Non deve stupire che un individuo orfano d’idee e carente di autorità morale e di senso come Obama possa trattare questi temi con tali parole, visto come ha gestito la vicenda dell’esecuzione di Bin Laden, vecchio alleato Usa, giustiziato con uno sparo al viso davanti alla moglie e ai figli, e lanciato in mare da una portaerei, ignorando i principi giuridici  più elementari stabiliti  da tutti i sistemi penali. Tali metodi sono quelli dei gangster.

E ancora: Le azioni in materia di cambio climatico: dobbiamo utilizzare le risorse scarse e continuare il lavoro di costruire in base a quello che si è fatto a Copenaghen e a Cancún, per far sì che le grandi economie continuino con il loro impegno. Insieme dobbiamo lavorare per trasformare l’energia, che è il motore delle economie, e appoggiare gli altri che avanzano nelle loro economie”.

Vuoto fanfarone, tutto il mondo sa che gli Stati Uniti non hanno firmato il protocollo di Kioto e hanno sabotato tutti gli sforzi per preservare l’umanità dalle terribili conseguenze del cambio climatico, pur essendo il paese che consuma una parte considerevole e sproporzionata di combustibili e di risorse mondiali.

Di tutt’altro tenore le parole pronunciate nello stesso consesso da Evo Morales Ayma, presidente della Bolivia:

[…] c’è una chiara differenza sulla cultura della vita di fronte alla cultura della morte; c’è una chiara differenza su una verità di fronte a una falsità; una profonda differenza tra la pace e la guerra”.
[…] sento che sarà difficile comprenderci nel campo delle politiche economiche che il capitale concentra in poche mani. I dati dimostrano che l’1% della popolazione nel mondo concentra il 50% delle ricchezze.  Se esiste questa profonda differenza, come si potrà risolvere la povertà? E se non elimina la miseria, come si potrà garantire una pace duratura? […] A che servono queste Nazioni Unite, se qui un gruppo di paesi decide interventi e massacri?”

martedì 27 settembre 2011

L'aria di Napoli e l'impasse delle api


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L’Italia. Un paese che potrebbe produrre tranquillamente, con le moderne tecniche e tecnologie, cibo per 200mln di persone ed è invece costretto a importare ben oltre la metà della carne, del pesce, del latte, delle granaglie e perfino del miele (viene dalla Cina, Ungheria e Romania: possibile che lì le api siano più produttive? Ah, Scalfari, vecchio bolso che ci parli di competitività …).

* * *

« … a Napoli, oggi, si respira un’aria nuova, di legalità e democrazia, che vede la società civile pronta ad una stagione di rinascita etico-politica».
Prendi nota, guaglione.

* * *

«Gli americani stanno facendo di tutto per sbloccare l’empasse, con un misto di blandizie, minacce e pubbliche reprimende».

A quei simpaticoni di Phastidio piace parlar foresto: ma faseo ben fioi de cani, sì un blog serio, miga il diciottobrumaio!

Locuste



Come non si può giudicare un uomo dall'idea che egli ha di se stesso,
 così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento
 dalla coscienza che essa ha di se stessa.

Nel post precedente, sia pure come sempre alla buona, ho cercato di dimostrare come la più devastante speculazione sia figlia della leva finanziaria e perciò possiamo concludere che tale stato di cose è la prova di una realtà politica che non ha la capacità di affrontare il periodo storico nel quale si trova a operare. Anzi, è palese dagli atti formali, oltre che da quelli occulti che possiamo solo intuire, che la politica è totalmente asservita alle potenze economiche che governano il pianeta e la nostra vita. Tale legame tra interessi economici e politici è sempre esistito, ma mai è stato così stretto negli ultimi decenni al punto da ridurre il tutto a un gioco d’azzardo demenziale e incontrollabile come quello che abbiamo sotto gli occhi.

Nulla ci trae in inganno più delle parole stesse. Ora questi sfacciati ci vengono a dire che servono 3.000 miliardi per salvare le banche esposte ai debiti inesigibili. Non battendo nuova moneta, dicono, ma tassando. Pagheremo non solo il debito pubblico statale ma anche le garanzie date in pegno alle banche, le quali hanno prestato soldi a cani e porci (ho già scritto in passato e in dettaglio, per esempio, dei crediti concessi alla Grecia per l’acquisto di migliaia di carri Leopard e sottomarini della Thyssenkrupp).

I media naturalmente evitano con cura di dirci che gli esponenti del governo greco sono prigionieri nelle loro stesse case, assediate dai dimostranti. Altri, pacifici, hanno dimostrato domenica in piazza Syntagma, ad Atene. Questa relativa calma (gli sgherri hanno usato comunque i lacrimogeni e manganelli per disperderli) durerà fino a quando ci saranno soldi per pagare, in qualche modo, stipendi e pensioni e fino a quando i sindacati e i partiti di “sinistra” (alleati della “sinistra” tedesca) riusciranno a contenere la protesta. C’è un tempo per tutto, anche per aprire gli occhi e accorgersi che non c’è più nulla da salvare nelle condizioni esistenti.

Il governo greco dovrà avere cura di pagare le forze armate, per ovvi motivi, perché non è detto che in Grecia non sarà proclamato lo stato d’emergenza e sospese le garanzie costituzionali, con il timbro di Washington e Berlino (non è un caso che i manifestanti domenica gridassero slogan evocativi del golpe del 1967-74). Ma nemmeno allora i popoli d’Europa si sveglieranno dal torpore di un presente senza uscita, convinti che la sorte li risparmierà. Ecco perché ho parlato del suicidio politico dell’Europa.

lunedì 26 settembre 2011

Quello che la Tv non ha detto stasera e non dirà domani/2

Secondo gli accordi interbancari di Basilea 1 e 2, una banca europea sarebbe tenuta ad avere in cassa almeno 8 euro e una banca americana 10 dollari per ogni 100 che presta, ragione per cui le banche dovrebbero limitarsi a concedere prestiti fino ad un massimo di dodici volte e mezzo il loro proprio capitale. In realtà la tecnica di portare fuori bilancio i crediti concessi ai clienti (per es. i mutui) trasformandoli in titoli commerciali, la vendita di questi titoli a società da loro stesse create, quindi l’invenzione di nuovi prodotti finanziari e altri mezzi ancora, consentono alle banche di concedere nuovi crediti, cioè di creare debito e con esso denaro per un ammontare enormemente superiore ai multipli formali sopraindicati. Questa truffa legale viene definita “effetto leva” o “leva finanziaria”.

Semplice vero? Però al telegiornale non ce lo spiegano, se no ci scappa un’ecatombe.

Da notare che l’ammontare dei derivati trattati fuori dai mercati borsistici, cioè scambiati “al banco” tra privati, quindi fuori di ogni controllo delle autorità di vigilanza, è salito in dieci anni a un livello tale che è corrispondente a 12,6 volte il Pil mondiale del 2007.




Guardate la tabella qui sopra. Non prendete paura, chiunque la può leggere e comprendere (cliccate sopra se non riuscite a vederla bene). La colonna “total assets” è quella degli attivi finanziari (azioni, obbligazioni pubbliche e private, ecc.); poi quella “total derivatives” è quella dei famigerati derivati, gli strumenti finanziari più pericolosi che la fantasia demente dei banchieri abbia escogitato; ora confrontate l’ammontare dei derivati in rapporto alla colonna degli attivi finanziari. Spaventoso, vero? E quali sono le banche che controllano oltre il 90% dei derivati? Le cinque sorelline: JP Morgan, Bank of America, Goldman Sachs, Morgan Stanley e Citibank. Non vi viene qualche sospetto sui responsabili del disastro?
Vi ringrazio per l’attenzione.

Requiem



«Hanno chiuso Passepartout, l’unica trasmissione culturale della Rai, scrive Aldo Grasso sul Corriere. Hanno dato il benservito a Philippe Daverio, come fosse una badante del sapere, ma nessuno è sceso in piazza a gridare contro l' oscurantismo, la censura, la libertà di pensiero. […] A questo atto di ottusità della Rai, Daverio ha risposto con ironia, componendo un elogio funebre della sua trasmissione: "È improvvisamente mancato Passepartout, nel pieno della sua salute. Lo compiangono la redazione tutta e centinaia di migliaia di affezionati suoi seguaci. La causa del decesso è da ascriversi probabilmente ad una pallottola vagante sparata durante il riordino amministrativo recente della Rai, che si è trovata costretta a passare dall'ordinamento privato della sua gestione a quello pubblico più consono alle risorse erariali che la alimentano". Poi una stilettata all'ex direttore di Raitre, Paolo Ruffini, passato a La7: "Le truppe di Passepartout sono state incoraggiate nel loro impegno dal direttore che le esortava a tenere puliti i ponti e lucidi gli ottoni mentre egli stesso, affezionato capitano, era già sulla scialuppa di salvataggio che lo portava verso un altro bastimento"».

Aggiungo di mio che era il solo programma che riuscivo a seguire per intero e con una certa innocenza, cercando d’imparare qualcosa. Questa classe dirigente che non sa che farsene del patrimonio culturale ricevuto in eredità, non ne lascerà nessuna.

Il suicidio politico dell'Europa



A partire dagli anni Settanta la grande borghesia europea e americana è stata costretta dalle lotte sociali e sotto la minaccia della stagnazione a cedere dal lato dei redditi e quindi dei consumi, non certo a proprie spese, ma con i soldi stampati dello Stato, cioè con i debiti, facendo così crescere la platea dei rentier e degli speculatori. È così che il riformismo ha potuto trionfare senza intaccare i profitti che anzi aumentavano assieme agli indici borsistici. Il presidente Reagan [*] poteva ben dire: noi siamo più forti della Russia perché possiamo stampare dollari. E infatti il crollo economico, prima ancora che politico, dell’inefficiente capitalismo di stato non si fece attendere molto.

Ora il debito supera la ricchezza prodotta e non si possono più stampare dollari e euro illimitatamente, a comandare il gioco è la speculazione finanziaria e i banchieri che si sono assunti il ruolo di governo dello sviluppo capitalistico. Sono loro che decidono sul fare e non fare, come dimostra la riunione di ieri a Washington DC tra i grossi animali del Fondo monetario e della Banca mondiale. Il segretario al tesoro Usa, Timothy Geithner, ha detto che bisogna evitare la minaccia di un fallimento a catena, di una corsa agli sportelli bancari. Si grida al lupo per far passare le nuove “riforme”, tagliare spesa sociale, salari e pensioni, svendere il patrimonio, riempire di soldi le banche perché possano ricominciare il solito gioco (prima di natale ci sarà grande euforia in borsa).

Tutte queste misure saranno nero su bianco a Cannes, il prossimo 4 novembre, sotto dettato. Intanto il governo di Angela Merkel ha intensificato i preparativi (127mld) per proteggere le banche tedesche dall'impatto della ristrutturazione del debito greco e il capo del Tesoro britannico, George Osborne, ha affermato che "La zona euro ha sei settimane per risolvere la crisi politica". Le banche sono piene di carta straccia, perciò signori, è il richiamo, bisogna onorare i debiti. La coscienza comune comincia piano piano a prendere atto che non si tratta della solita crisi di ciclo, di una impasse transitoria, ma di una catastrofe di sistema con effetti che si trascineranno per decenni, e soprattutto che la balla riformista del welfare non funziona più (con relativa crisi della rappresentanza politica). Verrà il momento quindi che le classi medio-alte saranno disposte a qualsiasi scambio politico pur di salvare l’apparenza del loro benessere e il conticino in banca.

[*] Nelle sue memorie: «Il grandioso successo dinamico del capitalismo ci ha fornito una potente arma nella battaglia contro il comunismo: il denaro. I russi non potrebbero mai vincere la corsa agli armamenti, mentre noi possiamo sperperare all’infinito». Naturalmente anche l’infinito monetario ha un limite, soprattutto se il debito statale è basato sulla “fiducia” dei cosiddetti investitori. Tanto è vero che Reagan ne era consapevole: «In un certo senso Karl Marx aveva ragione. Siamo testimoni di una grande crisi rivoluzionaria, una crisi in cui le istanze dell’ordine economico cozzano contro quelle dell’ordine politico (Ronald Reagan, discorso alla Camera dei Comuni inglese tenuto in occasione della sua visita dell'8 giugno 1982)»

domenica 25 settembre 2011

Nessun futuro è deciso in anticipo



Un giorno forse la nebbia si diraderà e vedremo la realtà per quello che è (stata). Come catarsi, perché ogni altra passione sarà a quel tempo un paio di metri sotto terra. Ci stanno facendo un bel giochetto. Chi è quel ladro che, entrato in casa dopo aver suonato il campanello, si permette impunemente di metter le mani nei cassetti del comò senza aspettarsi una nostra decisa reazione? E allora si ricorre al trucco più vecchio del cucco, molto elementare ma che funziona sempre: si grida che la casa sta bruciando. Presto, non c’è tempo, bisogna mettersi in salvo.

L’incendio naturalmente non esiste (vedi anche qui), ma l’allarme sì, quello è giustificato. Tempo prima, la casa del vicino è andata in cenere e altri fuochi minacciosi si sono visti divampare in lontananza, oscuro presagio. La psicosi si è diffusa con il fumo di quegli incendi e non serve nemmeno che si gridi “al fuoco”, è sufficiente ormai che si dica: “si salvi chi può” per ottenere l’effetto desiderato. Già Marx osservava 140anni or sono che “La stampa quotidiana ed il telegrafo in un batter d'occhio diffondono le loro trovate su tutto il globo terrestre e fabbricano più miti in un giorno di quanti se ne potevano fabbricare una volta in un secolo”. Chissà cosa direbbe oggi davanti a un televisore.

Il bestiame borghese al potere è incapace, nonostante tutti i tentativi maldestri, di portarci al di là dei rapporti capitalistici. Dovremmo ben farcene una ragione, prima o poi, che la società futura non potrà essere la diretta continuazione del presente (né un ritorno reazionario e nostalgico al passato). Essa dovrà avere in sé la negazione dialettica del presente, presentandosi come formazione qualitativamente originale. L’unica cosa quindi che sarebbe da fare è cominciar a tagliare le teste, quelle che producono idee conformi alla continuazione del presente. Del resto le prospettive della rivoluzione sociale sarebbero veramente misere se dipendessero dagli attuali appelli pseudo-umanistici alla giustizia e al buon governo.

Al tempo della rivoluzione francese ci furono delle petizioni di cittadini inviate alle pubbliche autorità perché le ghigliottine fossero trasferite dalle piazze ad altri luoghi. Il motivo delle doglianze non era di ordine umanitario come potremmo immaginare noi mammolette d’oggi, ma di ordine economico. L’odore del sangue non aveva impregnato solo le piazze, ma anche i muri delle abitazioni, facendone scadere il valore immobiliare.


«Il nostro secolo non è più una semplice epoca rivoluzionaria; noi entriamo in una nuova fase di metamorfosi della storia umana. Il mondo si trova sulla soglia di una trasformazione più drammatica per conseguenze storiche e umane da quella generata dalla rivoluzione francese e da quella bolscevica […] Comunque oggi possa essere scioccante nel 2000 sarà riconosciuto che Robespierre e Lenin furono dei riformatori moderati (Zbigniew Brzezinski, America in the Technotronic Age, ora nel vol. Between Two Ages: America's Role in the Technetronic Era)».
 

Il buco



Un errore, una gaffe, può capitare a tutti. Qui invece si tratta di una patente idiozia scritta e firmata dal ministro della ricerca scientifica. Alla quale s’aggiunge una pezza che è peggio del buco. Sarà anche una questione di nulla per quanto riguarda la sostanza, sarà pure la conferma di tanti meritati sospetti, ma il fatto resta rimarchevole. Oltre tutto leggendo la stampa non so più se per descrivere la fisica del volo degli aerei basti ancora Newton, o magari Einstein, oppure ci si debba orientare per quella dei voli che trasportano gli idioti di Stato o certi giornalai.

Il comunicato stampa del ministero parla chiaro:

Alla costruzione del tunnel tra il Cern ed i laboratori del Gran Sasso, attraverso il quale si è svolto l'esperimento

La signora Gelmini (capo pro tempore di quei burocrati che spaccano il capello in quattro quando c’è da interpretare una parola di una legge) parla di polemica ridicola, invece di stare zitta (mai scusarsi!) e risparmiarsi un’altra figuraccia.

Scrive il Corriere-pompiere:

«Anche Roberto Petronzio, presidente dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, curatore dell'esperimento sul superamento della velocità della luce, difende il ministro Gelmini. “È una polemica del tutto strumentale e pretestuosa. È ovvio che il ministero dell'Istruzione si riferisse al tunnel lungo un km, che l'Italia ha contribuito a costruire, al cui interno viene lanciato il fascio di protoni. Pertanto resto sorpreso su come si sia potuta ingenerare una simile polemica priva di fondamento”».

Ovvio un par di palle. Inoltre mi limito a leggere sull’argomento questo dato: the Super ProtonSynchrotron (SPS) is a 6.9 km long. Allora Petronzio, sto cazzo di tunnel è lungo un chilometro o nel frattempo s’è allungato? Avete affidato i lavori alle ditte che stanno ultimando la Salerno – Reggio? 

L’unica cosa che la Gelmini (ma non è colpa tutta sua, ma di chi l’ha messa lì) e il prof. Petronzio dovrebbero davvero spiegare è perché il direttore della ricerca, un italiano, abbia lasciato l’Italia e ora lavori presso un’università svizzera.

sabato 24 settembre 2011

Vendesi navigatore GPS


Einstein aveva torto. La teoria della relatività speciale è da buttare nel cesso o quantomeno da relegare nel ripostiglio. La solita Hack, quella che l'omosessualità dipende dal DNA (*), dice: «Se fosse vero cadrebbe la teoria della relatività di Einstein». Poi gratti col ditino sopra la “notizia” e scopri che la “scoperta” ha per oggetto una nostra vecchia conoscenza:

«Zichichi è l’autore del progetto che fa viaggiare i neutrini prodotti dal Cern fino al Gran Sasso».

Dice il Genio:

«I neutrini sono le più formidabili particelle dell’universo subnucleare. Quando io ho elaborato il progetto Gran Sasso, in cui era incluso il fascio di neutrini Cern-Gran Sasso, la maggior parte dei fisici pensava che i neutrini dovessero essere particelle con massa zero, come le particelle (fotoni) di cui è fatta la luce. Era il 1979. Adesso è fuori discussione che i neutrini hanno massa».

Adombrata così la storia della scoperta che i neutrini hanno massa, si ricava l’impressione che il Genio c’entri qualcosa. E invece il merito va a Bruno Pontecorvo, il quale lavorava nei laboratori di Dubna, vicino a Mosca. Miscredente e comunista.

Per il resto, vedremo.

(*) L'Ateo, rivista dell’Uaar (2/2007): “nascere omosessuali o eterosessuali dipende dal proprio DNA”.

venerdì 23 settembre 2011

Chi nuota e chi affoga



Un lettore del blog mi ha fatto osservare che l’Italia e l’Europa (e gli Usa) vivono di debito. È vero in generale, ma le cose nel dettaglio sono un po' diverse. Nel senso che in Italia e in Europa, così come in qualsiasi altro paese, gli individui vivono condizioni sociali diverse, laddove i ricchi il debito lo vivono bene, anzi ne traggono profitto, e invece i salariati sono costretti a pagalo.

È l’ideologia borghese che ha interesse a complicare le faccende economiche, in realtà molto semplici e alla portata di chiunque, di renderle oscure con l’impiego di un gergo tecnico stereotipato. Del resto solo il marxismo ha fatto chiarezza circa gli arcani economici che invece i padroni di schiavi e i loro lacchè hanno cura che restino tali per la coscienza comune della buona gente. È noto da secoli che l’ideologia della schiavitù trasforma le masse in trogloditi.

La questione del debito è presto detta: gli Stati hanno la necessità di imporre alla popolazione una tassazione per far fronte ai compiti e ai costi di riproduzione generale delle classi, così come per sostenere direttamente o indirettamente l’accumulazione capitalistica. Naturalmente il gettito fiscale ha a che fare con la base imponibile e cioè con la capacità produttiva di un paese, più o meno quello che chiamano Pil. Tale gettito non dovrebbe essere insufficiente nel caso dei paesi della UE, un’area economica prospera e che possiede una capacità produttiva quasi illimitata. Invece sappiamo bene che così non è.

Non produciamo abbastanza? Stiamo ai fatti: impianti sottoutilizzati, agricoltura con eccedenze, manodopera in esubero, conoscenza dissipata, sovrapproduzione assoluta di capitale come caso eclatante. Pertanto la crisi economica sulla quale s’avvita quella fiscale e del debito pubblico non è conseguenza di scarsa capacità produttiva effettiva e potenziale (non va dimenticato che gli oggetti d’uso, e quindi le merci che li incorporano, dipendono dal capitale, il cui scopo è il valore e non il valore d’uso), ma è causa delle contraddizioni di sistema, e la dialettica entrate-uscite è connessa alle strategie e alle fasi del ciclo capitalistico.

Perché lo Stato spende più di quanto riesce a incassare? Almeno per due motivi. Da un lato, a causa di scelte politiche che riguardano la selezione della spesa. Dall’altro, per il motivo che i ricchi, anzitutto la speculazione e la rendita, evadono o pagano troppo poco d’imposte. In entrambi i casi, scelte di spesa ed evasione, finiscono per agire concretamente sulla distribuzione del reddito. È chiaro, a fronte d’interessi cospicui come questi, che la propaganda in mano alle classi dirigenti ha tutto l’interesse a dire che la colpa è di quel farabutto del vecchietto del terzo piano andato in pensione troppo presto e che ora pretende di campare a lungo.

Nella realtà, somme enormi sono destinate per spese come il mantenimento di giganteschi apparati repressivi e burocratici, oppure per alimentare sotto copertura politica i lavori pubblici in mano alla criminalità organizzata o per sprechi come la TAV e l’Expo. È evidente che in tal modo si alimenta uno squilibrio travolgente tra entrate e uscite a copertura del quale sono costretti soprattutto i soliti con nuove imposte e balzelli e tagli alle prestazioni sociali.

Poi bisogna considerare che il debito pubblico è un potente volano, non da oggi, della speculazione e della rendita, quindi uno strumento politico di ricatto, per vari motivi. Chiudo con una citazione: «Se le crisi hanno rivelato l'incapacità della borghesia a dirigere ulteriormente le moderne forze produttive, la trasformazione dei grandi organismi di produzione e di traffico in società anonime ed in proprietà statale, mostra che la borghesia non è indispensabile per il raggiungimento di questo fine. Tutte le funzioni sociali del capitalista sono oggi compiute da impiegati salariati. Il capitalista non ha più nessuna attività sociale che non sia l'intascare rendite, il tagliare cedole ed il giocare in borsa, dove i capitalisti si spogliano a vicenda dei loro capitali [*]».

Parole scritte un po’ di tempo fa, nel 1851!

[*] Il diciotto brumaio di Luigi Bonaparte, cap. XII.

Questione di fortuna



Negli Stati Uniti la concentrazione senza precedenti di ricchezza nelle mani di poche persone è il corollario alla povertà di massa su scala che non si vedeva dalla Grande Depressione. La rivista Forbes ha pubblicato la classifica annuale dei 400 americani più ricchi, il cui patrimonio complessivo netto è salito a 1.530 miliardi dollari, in crescita del 12 per cento rispetto all'anno scorso. Per far parte della classifica non basta essere plurimilionari, stato necessario avere un patrimonio di almeno 1,05 miliardi dollari, più di diecimila volte il patrimonio medio netto di una famiglia americana.

In cima alla lista troviamo ovviamente alcuni dei padroni delle multinazionali e grandi speculatori di Wall Street: Bill Gates (59 miliardi dai 54 miliardi dollari l'anno scorso), il famoso Warren Buffet ($ 39 miliardi), Lawrence Joseph Ellison della Oracle, una multinazionale di softwere ($ 33 miliardi), l’immancabile Soros, il proprietario di casinò Sheldon Adelson, Christy, Jim e Alice Walton (la famiglia dove ama soggiornare John Elkan, proprietari di Wal-Mart (che vanno da 20,9 miliardi dollari a $ 25 miliardi), ecc..

Insomma, la solita compagnia di giro. Degno di nota è il fatto che il settore di attività con il più alto numero di rappresentanza nella lunga lista dei super-ricchi è quello degli "investitori", cioè quegli individui la cui principale occupazione è speculare sui mercati finanziari. Nell’elenco sono 96, rispetto a 4 per il settore industriale. Questi numeri la dicono lunga sullo stato delle cose, più di qualsiasi statistica economica.

Tipico di questo strato sociale, del tutto parassita nel suo rapporto con la società, è la vicenda dello speculatore di hedge fund John Paulson, classificato diciassettesimo, con un patrimonio di 15,5 miliardi di dollari. Forbes ha commentato che Paulson rappresenta un “paradosso” per il fatto che la “fortuna” personale di Paulson è salita del 25 per cento anche se l'hedge fund principale in cui egli opera ha perso il 30 per cento a causa delle cattive scommesse su Bank of America e altri stock. L'anno scorso, Paulson ha dichiarato un reddito personale di 4,9 miliardi.

A tale riguardo non può sfuggire che la crescente ricchezza di questo strato sociale di parassiti è un prodotto diretto della infusione di miliardi di dollari nel sistema finanziario orchestrato dall'amministrazione Obama. Tre anni dopo l’esplosione della bolla speculativa che ha portato alla crisi economica mondiale, gli speculatori stanno meglio che mai a fronte di un impoverimento di massa degli americani (ma questo discorso non riguarda solo gli Usa). E anche questo fatto la dice lunga sul carattere di classe dello Stato e del sistema nel suo complesso. Negli Usa è il merito che conta, lo sappiamo, quello invocato dalla Marcegaglia. Oltre il 50% dei bambini e adolescenti di Detroit si meritano la povertà.