venerdì 3 luglio 2015

Disposti a tutto


Il Dipartimento della Difesa statunitense ha reso pubblica la sua National Military Strategy 2015, un documento di 24 pagine che illustra il punto di vista del Pentagono per le operazioni militari future. Il documento è una lettura agghiacciante e tuttavia dubito possa interessare più dello zero virgola zero qualcosa della popolazione.

D’interesse la prefazione del gen. Martin Dempsey, presidente del Joint Chiefs of Staff, ossia il capo dei capi di stato maggiore delle varie armi, colui che oltre al presidente degli Usa ha sempre al seguito la famosa “valigetta”.



Nel perseguimento dei propri interessi, Washington si fa beffe dell'autorità delle istituzioni internazionali e viola il diritto internazionale, incluse le Convenzioni di Ginevra. Per quanto riguarda la “prevenzione dei conflitti, il rispetto della sovranità e la promozione dei diritti umani”, si può chiedere ai popoli dell’Afghanistan, Iraq, Siria, Yemen, Libia e Ucraina orientale sulle conseguenze delle invasioni americane, dei bombardamenti e degli attacchi dei droni, le guerre per procura e le guerre civili istigate e sostenute da Washington.

Il Pentagono equipara la pace, la democrazia, i diritti umani, ecc., con quello che definisce “un ordine internazionale basato su regole avanzate dalla leadership degli Stati Uniti”. Un modo eufemistico per affermare il ruolo egemonico americano su tutto il pianeta, in cui Washington fa le regole e ognuno deve obbedire o diventa un nemico, finisce nella lista degli Stati canaglia.

I quattro paesi potenziali obiettivi per l'azione militare degli Stati Uniti sono Russia, Iran, Corea del Nord e Cina. Tre dei quattro possedere armi nucleari, e la Russia e la Cina hanno il seconda e terzo più grande arsenale atomico, ma anche gli eserciti più numerosi e potenti in assoluto.

Nessuno dei quattro paesi accusati di minacce e aggressioni è in realtà impegnato in una guerra, mentre gli Stati Uniti stanno attualmente conducendo la guerra in Afghanistan, Iraq e Siria, conducono attacchi con i droni in una mezza dozzina di altri paesi, e dislocano forze militari in più di 100 paesi del mondo.

Il documento dichiara: “Noi sosteniamo la crescita della Cina e le proponiamo di diventare un partner per una maggiore sicurezza internazionale”, e poi procede a delineare la strategia degli Stati Uniti per circondare economicamente e militarmente il paese asiatico.

La guerra nucleare ha una parte importante nella strategia del Pentagono. La classe dirigente americana è ben consapevole che il suo potere è in calo rispetto alle potenze rivali, e che la sua superiorità militare è minacciata dal peggioramento della posizione economica mondiale del capitalismo statunitense e dalla crescita di antagonismi sociali interni, perciò è disposta a tutto pur di non perdere l’egemonia mondiale, i calcoli di morte prevedono miliardi di vittime: “i futuri conflitti tra Stati possono rivelarsi imprevedibili, costosi e difficili da controllare”.


La prospettiva delineata dal documento del Pentagono è di una guerra mondiale tra potenze nucleari, una follia radicata nelle condizioni oggettive in cui avviene lo scontro tra i diversi imperialismi. E questo è il risultato della crisi globale del sistema capitalista. L'espressione più tossica di questa crisi è la ferma decisione dell’imperialismo Usa di poter vincere la partita e di mantenere la sua posizione di dominio del mondo con mezzi militari.

4 commenti:

  1. E tutto questo La Chiamano Democrazia.
    Ovviamente con il beneplacito di tutti i lacche'riformisti EUROPEI.
    Ovviamente questi signori ci faranno precipitare nel baratro,in nome deĺlo Spirito e delle liberta'individuali di farsi gli affari Loro,come dimostrano i fatti odierni.
    Temo,temo,temo..per cui se non cisi libera prima di questi mestatori,vien difficile poi liberarsi dei loro Padroni.
    caino

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  2. Buongiorno, scrivo qua perché non ho trovato un contatto diretto sul blog. Sto cercando di scrivere una tesi specialistica sull'ultima opera di Walter Benjamin, "sul concetto di storia" e mi sembrava la persona più adatta a cui chiedere un giudizio su "karl Marx" di Korsch, testo con cui Benjamin ha filtrato la sua lettura di Marx. Se avrà modo e tempo di rispondermi gliene sarò grata, il mio indirizzo è giuliauti@gmail.com. la ringrazio dei suoi quotidiani contributi pubblici, spero di poterla incontrare prima o poi, magari tra le callette della nostra strana Isola della laguna.
    Con immensa stima
    Giulia Utimpergher

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    1. cara Giulia, sono di ritorno da un breve viaggio ma sono a pezzi in ogni senso. il tema ovviamente non può essere liquidato con due parole. spero di poter rispondere nei prossimi giorni qui sotto. grazie, le sue parole mi rinfrancano. cari saluti

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    2. La lettura di questo post, mi ha davvero messo i brividi.
      Comunque, bisogna prendere atto che questa è la realtà, che ci piaccia o no.

      Saluti

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