Dopo
l’esito del referendum di domenica scorsa, la vittoria del No al diktat della
UE, del FMI e della Bce, il governo greco ha accettato un pacchetto di misure
economiche ancora più dure di quelle proposte precedentemente. Tsipras sta ora
utilizzando la stessa retorica patetica alla stregua dei precedenti primi
ministri Samaras e Papandreou. Dov’è dunque la differenza? Cambiano le maschere
ma le bugie sono sempre le stesse.
Più
del 61 per cento degli elettori ha respinto le misure che il governo ha ora
adottato. Tuttavia imputare questo fallimento allo strumento referendario
significa sbagliare bersaglio. In sé i referendum non sono né buoni né cattivi,
essi sono uno strumento politico che riflette i rapporti di forza espressione
dagli interessi in campo.
Il
ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble ha detto ieri l’altro che
qualsiasi significativa ristrutturazione del debito della Grecia era
improbabile, in quanto ciò violerebbe le norme comunitarie. Mercoledì scorso,
il segretario Usa al Tesoro, Jack Lew, era intervenuto pubblicamente per
spingere a un accordo tra la Grecia e l'Unione europea. Alcuni membri di Syriza
hanno dichiarato che funzionari ministeriali delle finanze francesi avevano
lavorato con il ministro delle finanze greco Tsakalotos a riscrivere il
pacchetto di misure.
Dunque
gli attori e decisori di questa tragedia nulla hanno a che vedere con il popolo
greco. Ed è proprio a questo punto che un nuovo referendum si rivelerebbe decisivo se non altro per smascherare l'inganno. Il popolo greco dovrebbe esprimersi di nuovo e solo così si avrebbe conferma
della sua volontà di accettare o no le misure di riforma proposte. Ecco che in
tal caso il referendum, come strumento politico, mostrerebbe tutta la sua
efficacia. Questa richiesta democratica è facilmente comprensibile e coerente
con il livello medio attuale di coscienza politica tra i greci, ma Syriza si
guarderà bene dal proporla. E ciò denuncia più di ogni altro fatto la natura
sostanzialmente conservatrice di questo movimento politico.
Nei
miei post, per ciò che valgono ovviamente, ho sostenuto tre tesi: votare per il
referendum di domenica scorsa significava sottostare ad un inganno; è
impossibile per la Grecia costruire una struttura produttiva in un mercato
liberalizzato in cui i rapporti di forza sono già ben definiti; al proletariato
greco “non sarà perdonata la sua debolezza e
sarebbe invece utile far chiarezza su com’è stato possibile ridursi in
schiavitù senza fare resistenza”. Soggiungevo: “Questo è il punto politico
vero, il resto sono chiacchiere che stanno a zero, lacrime sul latte versato”.
In altre parole, a Tsipras è riuscito - anche grazie alle pressioni americane sull'UE, altrimenti lo avrebbero fatto fuori come fecero con Papandreou - un capolavoro politico che era sfuggito ai suoi meno abili o più sfortunati predecessori: fare "approvare dal popolo"... il memorandum della Troika. La quadratura del cerchio (capitalista).
RispondiEliminaE la quadratura del cerchio è possibile a lui e non ai vari Samaras e camerati banchieri grazie all'equivoco sul colore politico del governo in carica, come in Italia e altrove. Ad un partito e un governo che si autodefiniscono "di sinistra" è consentito fare le stesse o peggiori porcherie di quelle che combina la destra senza pagare pressoché alcun pegno.
mi ricorda altre situazioni ...
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