Quando
si parla di crisi generale storica del modo di produzione capitalistico il
senso comune non coglie la realtà di tale concetto e la sua intrinseca dinamica
(*). Ci sono epoche nelle quali tutto sembra inutile e la nostra epoca di
questa inutilità ci parla in ogni momento. Del resto che senso ha rivolgersi al
senso comune per simili faccende? Già Rosa Luxemburg ebbe a osservare a tale
proposito che ogni periodo forgia il suo materiale umano e che se la nostra
epoca avesse veramente bisogno di lavori teorici, essa stessa creerebbe le
forze necessarie alla sua soddisfazione. Per intendere il significato esatto di
tale fatto, come in quasi tutti i giudizi dell’intelligenza, occorre innanzitutto
rovesciarlo. L’epoca attuale può offrire un saggio dell’intelligenza ma non un
uso delle sue molteplici possibilità poiché essa è legata alla conservazione
fondamentale di un ordine antico.
*
Prendiamo in esame la composizione superiore del capitale costante in rapporto a quello variabile. Ebbene sappiamo che l’aumento del capitale costante in rapporto a quello variabile accelera la caduta del saggio del profitto (ho esemplificato, sulla traccia della legge scoperta da Marx, in questo post), e a sua volta la diminuzione del saggio del profitto accelera la concentrazione di capitale e la sua centralizzazione tramite l’espropriazione di piccoli capitalisti, degli ultimi produttori diretti sopravvissuti presso i quali vi è ancora qualcosa da espropriare. È questo un fenomeno sotto gli occhi di tutti ma ciò non significa che la sua dinamica immanente sia immediatamente intellegibile.
Dato
che la valorizzazione del capitale è l’intrinseco fine della produzione
capitalistica – questo almeno il senso comune dovrà ammetterlo – il saggio di
valorizzazione del capitale totale ne è la molla, sennonché la sua caduta
rallenta la formazione di nuovi capitali indipendenti e si presenta come un
ostacolo per lo sviluppo del processo di produzione capitalistico. In altri
termini, per citare una famosa frase di Marx, “il vero limite della produzione
capitalistica è il capitale stesso”. Vediamo il dettaglio.
Gli
economisti borghesi, che considerano come assoluto il modo di produzione
capitalistico, si accorgono che tale modo di produzione genera esso stesso dei
limiti ed attribuiscono questi ultimi non alla produzione, bensì a fenomeni di
natura sociale e persino psicologica, o semplicemente speculativa, comunque
transitori ed emendabili con le giuste “riforme”. Per contro è vero che la
caduta del saggio del profitto favorisce la sovrapproduzione, la speculazione,
le crisi, un eccesso di capitale insieme a un eccesso di popolazione, e
tuttavia questi sono fenomeni
prodotti della contraddizione fondamentale che sta alla base del modo di
produzione capitalistico.
La
tendenza alla diminuzione del saggio del profitto è provocata soprattutto dal
fatto che il modo di produzione capitalistico trova, nello sviluppo delle forze
produttive, un limite che ha nulla a che
vedere con la produzione della ricchezza in quanto tale (**); e questo
particolare limite testimonia del carattere ristretto, semplicemente storico,
transeunte, del modo di produzione capitalistico; prova che esso non
costituisce affatto l’unico modo di produzione in grado di generare ricchezza,
ma, al contrario, arrivato ad un certo
punto entra in conflitto con il suo stesso ulteriore sviluppo.
Vedo
di esemplificare ulteriormente. Poiché l’unica fonte di valore, e quindi di
plusvalore, è la forza-lavoro umana, la diminuzione relativa del capitale variabile
implica che si giunga a un punto del processo di accumulazione in cui il
plusvalore prodotto è divenuto così piccolo, relativamente al valore del capitale complessivo accumulato,
che non è più sufficiente a valorizzare l’intero capitale, facendogli compiere
il necessario salto di composizione organica (***). Spero, vivaddio, non sia il
caso di aggiungere “numerelli” a sostegno in un post già così lungo.
Occorre
tener presente che la composizione organica non è una semplice composizione
(rapporto) di valore tra capitale costante e variabile, ma essa presuppone ed è
sostenuta da una data composizione tecnica, ovvero da un determinato livello di
sviluppo tecnologico, di condizioni organizzative e di formazione della
forza-lavoro nella produzione capitalistica. Lo sviluppo costante della
composizione tecnica rappresenta la tendenza del capitale a sviluppare
produzione e produttività del lavoro.
Il
fatto che ogni composizione organica presupponga e sia sostenuta da una data
composizione tecnica comporta che non
ogni quantità di profitto possa trasformarsi in un aumento dell’apparato
tecnico di produzione. Cosa che s’intuisce anche da sé: per l’espansione
quantitativa e qualitativa della scala della produzione è necessaria, infatti,
una quantità minima di capitale addizionale che, nel procedere
dell’accumulazione, diventa, a causa della crescita accelerata del capitale
costante, sempre maggiore.
L’accumulazione
è costretta, quindi, ad interrompersi, non
perché vi sia l’impossibilità tecnica di procedere oltre, ma perché il
valore di scambio non è più in grado di “misurare” il valore d’uso: ciò vale a
dire che i rapporti capitalistici di produzione non possono più sostenere il livello raggiunto dalle forze produttive
sociali.
Richiamo
l’attenzione del volenteroso lettore su questo aspetto: se analizziamo il
processo di riproduzione, e quindi l’accumulazione del capitale sociale, cioè
del capitale complessivo della società, ci troviamo immediatamente di fronte ad
una contraddizione: come può il plusvalore sociale, che è sotto forma di merce,
trasformarsi in denaro e poi riconvertirsi in nuovi mezzi di produzione
addizionali e una nuova forza-lavoro, dati i rapporti di mercato capitalistici,
e, quindi, come può realizzarsi la riproduzione allargata che è la base ed il
fine del sistema capitalistico?
In
definitiva la risposta a tale problema è la chiave di tutto. Dall’impostazione
che le viene data dipende anche l’interpretazione delle crisi, come crisi di
sproporzionalità (ma non come crisi generale). Non è tema di questo post (forse di uno futuro) ricostruire
in dettaglio ed ab ovo le teorie
borghesi in risposta a questa questione, ed a ogni modo è sufficiente leggersi
le Teorie sul plusvalore di Marx,
segnatamente il II vol., per avere chiare le cose.
Questo
“limite”, dicevo, che nelle prime fasi del capitalismo si manifesta, nei punti
più avanzati, periodicamente con delle crisi cicliche, quando invece il
capitalismo ha raggiunto un alto grado di sviluppo si presenta come crisi generale storica, che accompagna il sistema
e lo investe nella sua totalità. Crisi generale non significa però “blocco”
delle forze produttive, o “crollo” automatico, ossia impossibilità assoluta di
accumulare. L’accumulazione prosegue, ma sempre più faticosamente e sempre più
su una base più ristretta, accompagnata da crisi cicliche sempre più
ravvicinate e scardinanti, con contraddizioni, anche di ordine sociale, sempre
più laceranti.
Il
plusvalore sociale, la ricchezza sociale per dirla in termini correnti, diventa
sempre più insufficiente a valorizzare l’intero capitale esistente, ma è però
in grado di valorizzarne una parte. Il monopolio dei settori produttivi e delle
aree di mercato, la centralizzazione sempre più accentuata e su scala sempre
più ampia, il superamento delle barriere nazionali e continentali sulla base di
grandi accordi, l’utilizzo degli Stati e delle istituzioni di governance come vettore fondamentale per
l’accumulazione, si impongono come leggi ferree, prodotto necessario dello
sviluppo capitalistico nella sua fase di declino.
Siamo
dunque già a uno stadio molto avanzato del processo di trasformazione profonda
della formazione sociale capitalistica, che coinvolge tanto la struttura dei
capitali, quanto la struttura delle classi, il rapporto tra struttura economica
e sovrastruttura statuale. Ecco che si comprende perché il capitalismo più si
sviluppa e più si pone per la borghesia la necessità di controllare e regolare
le contraddizioni; ecco per esempio, quale chiave di lettura anche di
avvenimenti recenti, che si fa calzante, anche se non strettamente rigorosa, la definizione luxemburghiana
dell’imperialismo quale “espressione politica del processo di accumulazione del
capitale nella sua lotta di concorrenza intorno ai residui ambienti non-capitalistici
non ancora posti sotto sequestro”.
Ad
ogni modo dev’essere chiaro, tanto per sgombrare il campo da interpretazioni
che pongono l’accento sulle contraddizioni tra produzione e consumo (cosa spontanea anche a “sinistra”, sulla scia
proprio della Luxemburg, e che intriga molti esponenti “illuminati” dell’accademia
borghese), che tale contraddizione è
solo un aspetto importante della crisi capitalistica, poiché racchiude già
la possibilità ma non la necessità della
crisi del modo di produzione capitalistico, che dunque va ricercata nella produzione del plusvalore e non
semplicemente nella sua realizzazione.
E
dunque, per dare una morale di sollievo al lettore che sia giunto fin qui, è
utile senz’altro insistere per una più equa distribuzione della ricchezza
sociale, e tuttavia "la lotta contro" tale cinica iniquità, di cui perfino un papa si può fare
interprete, è sì, per dirla semplice, il motivo delle cosiddette crisi
classiche di sproporzionalità, ma non è di
per sé la ragione della crisi generale storica del modo di produzione
capitalistico.
(*)
Per senso comune non intendo solo quello spicciolo, piccolo borghese, largamente esposto alle influenze del pensiero reazionario, ma intendo anche quel pensiero accademico il cui livello di comprensione scientifica
dell’economia politica non solo non è progredito rispetto ai classici del primo
periodo ma è costantemente degradato verso teorie fittizie, fino a diventare
mera politica monetaria.
(**)
Per fare un esempio, il limite allo sviluppo del sistema produttivo antico
trovava un limite nello sfruttamento del lavoro servile, ma tale condizione non
impediva la produzione in quanto tale.
(***) Per composizione organica del capitale
s’intende il rapporto reciproco che si stabilisce tra composizione di valore e
composizione tecnica. In altre parole, la composizione di valore riflette la
proporzione in valore delle parti costitutive del capitale (abbiamo
visto: capitale costante e capitale variabile). La composizione
tecnica riflette invece il rapporto fisico tra
materie prime, mezzi di produzione e lavoro e indica il livello tecnico
raggiunto dalla produzione.
Non distinguere
tra “composizione in valore” e “composizione tecnica”, riducendo la
composizione organica a semplice “composizione in valore”, preclude qualsiasi
possibilità sia di cogliere la contraddizione fra lo sviluppo storico-naturale delle forze produttive e la forma che esse assumono nel modo
di produzione capitalistico, sia la vera
ragione per cui l’aumento della composizione organica, provocando la caduta
tendenziale del saggio di profitto, possa e debba risolversi nella crisi
dell’accumulazione capitalistica.
Sfido chiunque a trovare in rete riflessioni sulla scienza di Marx esposte con tanta chiarezza e lucidità, e senza alcuna concessione alla retorica, come quelle che propone Olympe.
RispondiEliminameriti la mia considerazione solo per essertelo letto e con questo caldo! credo sarà l'ultimo ... per la stagione
EliminaCara Olympe,
RispondiEliminacredo tu viva dentro un frigorifero,io di questo periodo connetto relativamente.
In tutti i casi i miei complimenti per la lucidita'del post,mi riservo pero ' il diritto di digerirlo lentamente,come si conviene dopo aver pranzato a base di un mezzo infante,come si conviene.
A meno che la Sig Assunta ,consigli diete diverse per la stagione.
caino
ps.
x la sig Assunta
Consiglio una lettura dei dieci giorni che sconvolsero il mondo,quando l'autore narra di frotte di proletari che difeseroSan PPietroburgo dai feroci cosacchi.
Si narra che i proletari misero in fuga i feroci cosacchi,scagliandovisi contro quasi a mani nude,i cosacchi fuggirono ,quando videro che i proletari si mangiavano i cavalli,dopo temettero che si mangiasero pure loro..bah cosa non si quando la fame incalza..la Assunta si tranquillizzi ,quello narrato non era un rito..solo fame..
Dopo - e solo dopo - essermi associato ai suddetti complimenti, mi metto nei panni di un "volenteroso" lettore di centrosinistra (o centrodestra, tanto è uguale) e rispondo alla domanda sul come può realizzarsi la riproduzione allargata: lavorare quasi a gratis (Jobs Act!) e fare debito con la carta di credito revolving.
RispondiEliminavorrei, se mi è consentito, sollevare due questioni, una specifica, l' altra di carattere generale.
RispondiElimina1 ) partendo da questa affermazione :
" non ogni quantità di profitto possa trasformarsi in un aumento dell’apparato tecnico di produzione."
mi chiedo: perché il miglioramento dell' apparato tecnico ( nel senso di una maggiore produttività ) deve necessariamente procedere dal reinvestimento di una parte del profitto ? Perché si esclude che possa procedere da nuove scoperte scientifiche ? In altre parole, perché il progresso tecnico scientifico viene considerato solamente una variabile endogena e non anche una variabile esogena ?
2 ) che utilità e senso può avere stabilire che una cosa ( la crisi generale del sistema capitalistico e il passaggio ad altro sistema ) accadrà sicuramente, se non si fa contemporaneamente cenno né a quando accadrà di preciso, né se sarà sostituita da qualcosa di migliore oppure di peggiore ? Mi sembra che porre la questione in questi termini precluda implicitamente, di per sé, ogni pur vaga possibilità di intervento politico sulla realtà.
1) infatti: parlo di aumento e non di miglioramento; inoltre, il senso è riferito a tutt'altro concetto;
Elimina2) lei mi saprebbe dire qual è l’istante storico in cui si è passati dal modo di produzione antico a quello feudale e da questo a quello capitalistico? Inoltre, non ho scritto che accadrà bensì di un processo già in atto;
Come ho già avuto modo di scrivere in un post precedente: La teoria marxista della crisi consente dunque di prevedere scientificamente in quali condizioni si realizzi la tendenza allo sfacelo del modo di produzione capitalistico, e tuttavia tale punto limite del modello teorico, quello che segna l’arresto dell’accumulazione, nella realtà non coincide con il crollo spontaneo o automatico del capitalismo. E ciò non solo perché l’istante-limitedel modello è un istante logico e non immediatamente storico, ma anche perché il movimento reale è più complesso, multiforme e variegato del movimento concettuale che ne riflette le leggi. Come dice Lenin: “il fenomeno è più ricco della legge”.
a quale genere d'intervento "politico" allude?
1 ) credevo che "aumento" stesse per miglioramento. Se per "aumento" si intende una semplice espansione del capitale costante non capisco perché questa espansione dovrebbe essere indispensabile all' accumulazione, essendo, perché questa si verifichi, sufficiente un aumento della produttività del lavoro. Che tra l' altro è sempre possibile ottenere, oltre che dall'impiego di macchine "migliori" ma di uguale valore, con un una riduzione dei salari.
Elimina2 ) benissimo. Ma forse sarebbe utile specificare che l'istante limite del modello potrebbe non avere mai una realizzazione storica e che l' accumulazione potrebbe, storicamente, continuare all'infinito.
alla riappropriazione del controllo della moneta da parte dello stato. Mi sembra il punto centrale oggi, per sottrarsi al ricatto del capitale usuraio.
Dopo aver lentamente diigerito,mi associo rimarcando due asetti:
RispondiElimina1 la proletizzazione mondiale ,globale ancora non si e'copiuta e lascia margini di sfruttamento ..vd continrnte africano
2)i recenti avvenimenti internazioli si possono interpretare solo ed esclusivamente nel quadro della teoria generale sopraesposta,diversamente possono andar bene anche le credenze sull'esistenza deglia "alieni" alla pari di certe teoria economiche borghesi da Nobel
3)la vicenda greca in questo quadro e' solo uno degli aspetti del fenomeno e nemmeno il piu'importante su scala planetaria
4) i margini per riforme (strutturali) nel quadro dell'economia borghese sono al lumicino
5) per il sig ,di cui sopra ,nessuno ha mai predetto che le cose debbano per forza evolversi nel meglio..
caino
premessa: non vorrei essere importuno, è che sto leggendo Marx ( il Capitale ) e vorrei mettere a confronto ( per approfondirla ) la mia interpretazione. I miei riferimenti sono Costanzo Preve e Riccardo Bellofiore. Forse ho capito cosa intende dire. Lei identifica il capitalismo con la riproduzione allargata. Se è così il suo post è perfettamente comprensibile e condivisibile. E adesso capisco anche il post precedente. Può darsi che in ambiente marxista questa assimilazione sia scontata ma dovremmo allora metterci d' accordo su come chiamare un sistema di riproduzione semplice ma non di meno basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione e sull' estrazione del plusvalore. Io penso che effettivamente un tale sistema è quello nel quale siamo già da un pezzo. In un tale sistema il capitale si valorizza attraverso l'aumento della produttività del lavoro e attraverso il suo trasformarsi in capitale usuraio. A confondermi credo sia stato l'uso che lei fa del termine sviluppo. Per sviluppo lei intende, credo, aumento del capitale sociale. Per sviluppo io intenderei il raggiungimento di un equilibrio qualitativamente diverso e la capacità di produrre sempre maggiore ricchezza ( intesa come insieme di cose utili e comode per la società). Dunque non capivo perché mai la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto dovesse portare necessariamente ad un arresto dello sviluppo, mentre è chiaro che porta ad un arresto della riproduzione allargata. Ho inteso bene ?
RispondiEliminalei ha fatto una scelta giusta, legga il Capitale con calma e attenzione e lasci perdere cosa posso dire io e soprattutto Preve e c.. Quando poi, con calma e conseguentemente, sarà arrivato alla terza sezione del terzo libro, allora comprenderà cosa ho voluto intendere, ma a quel punto non sarà assolutamente di rilievo che cosa ne penso io.
Eliminava bene, ma obiettivamente è una scienza "strana" quella che si può imparare solo leggendo l'opera del fondatore e che si può discutere solo attraverso tale opera. E' come dire che per imparare la geometria elementare si debbano per forza leggere gli Elementi di Euclide. Il contenuto scientifico prescinde, per definizione, dalle circostanze in cui si è manifestato storicamente. Se no, si tratta di letteratura o di filosofia.
Eliminaforse perché son tutti pagati dai capitalisti che non vogliono si sappia che il capitalismo sta per finire....Allo stato mi sembra la risposta più probabile.
Eliminama lei vuole imparare o cerca solo il contraddittorio con me?
Eliminanon si può imparare senza contraddittorio. E dunque neanche sapere, secondo me.
EliminaHo il terrore dei filosofi e di tutti quelli che affrontano Marx solo dal punto di vista filosofico,senza parlare poi di Marx giovane,Marx maturo,Marx vecchio ect,ect,delle contraddizioni con Engels , (presunte)..sembra di essere in una giostra ,dopo centinaia di giri ci si ritrova allo stesso punto..mentre ,chissa perche' si evita di approfondire il nocciolo del metodo dialettico ,del percorso che i due hanno fatto per giungervi..
RispondiEliminacaino
concordo
Eliminaforse perché son pagati dai capitalisti che non vogliono si sappia che il capitalismo sta per finire. Allo stato mi sembra la risposta più probabile.
EliminaSe e' solo per questo,ci riescono benissimo, a gratis
RispondiEliminacaino
oltre alle categoria segnalata da eco il web amplifica quella di chi: polemizzo ergo sum.
RispondiEliminaattenzione anche alle foto se non vuoi vedere il tuo blog sommerso di selfie