In Grecia si è tenuto un
referendum farsa. Come se una famiglia che deve soldi a tutti i negozi del
quartiere si fosse riunita per decidere se pagare il beccaio, il fruttivendolo e
il farmacista oppure chiedere agli stessi di condonare buona parte del credito.
Tutto ciò non ha nulla a che fare con la realtà. I nodi restano, come i debiti,
ineludibili.
Sarà fatto tutto il possibile, forse,
ma per quanto tempo ancora? Ci sarà un nuovo accordo per un pacchetto di aiuti
finanziari, certamente non in cambio di sole promesse ma di altre misure di
austerità. In tal senso le dimissioni di Yanis Varoufakis sono qualcosa di più
di un indizio. Tutto ciò nella migliore delle ipotesi, ma tra sei mesi, un
anno, poniamo pure tra tre anni, sarà diversa la situazione? Basterà tagliare
pensioni e vendere le pietre del Partenone?
Dal canto suo è difficile credere
che l’alta borghesia ellenica cambierà stile di vita, che gli armatori e gli
avvocati paghino le tasse, posto che ciò sia condizione sufficiente. Ancora una
volta toccherà ai soliti poveri illusi stringere la cinghia. Passata la sbornia
referendaria a pagare il conto saranno sempre loro, i poveracci, quel 50 per
cento di giovani disoccupati senza prospettive di un futuro. Grillo e Vendola, terminata la gita, si dileguano.
Si continua a pompare denaro e
però la crisi invece di risolversi viene ad aggravarsi. A questa clamorosa
evidenza si risponde con la richiesta di altre “riforme” che inevitabilmente
creano nuove e più gravi povertà. È ormai certezza che il rimedio proposto e attuato
finora non sia quello giusto, e tuttavia non c’è quasi nessuno che spinga il
dubbio oltre il debito e l’adozione dell’euro in sé.
L’errore fondamentale nel quale
comunemente si cade è quello di vedere la crisi greca (e altre analoghe)
semplicemente in termini di crisi da debito. È anche sicuramente una congiuntura contrassegnata dall’altissimo
debito pubblico, ma vi è fondamentalmente un altro motivo che causa questo
genere di disastrose situazioni. Dipendesse dal debito e dall’euro la crisi
avrebbe una svolta con la ristrutturazione del debito e il ritorno a una moneta
nazionale. E però la Grecia, così come altri paesi europei, in ogni caso ha
bisogno di indebitarsi anche solo per tirare avanti e sia nell’euro e
sia fuori.
Si tratta, paradossalmente e
specularmente, dello stesso errore di chi vede superabili le crisi del modo di
produzione capitalistico sul “movimento del denaro”. È quanto sta facendo da
anni la Federal Reserve e ora anche la Bce. Con l’aumentare la massa monetaria in
circolazione il problema sarebbe risolto, l’agognata “crescita” vista come questione
di “stimoli” e di liquidità al sistema creditizio. Fosse così semplice il
capitalismo non avrebbe più crisi e i banchieri centrali sarebbero venerati
come delle star.
Per rientrare entro certi
parametri del debito sarebbero dunque sufficienti le riforme strutturali, le
liberalizzazioni verso il privato, taglio degli sprechi, lotta all’evasione, stimolare
il credito stampando moneta, eccetera. Restano sempre in ombra le
contraddizioni fondamentali del modo di produzione capitalistico, così come
resta sullo sfondo la lotta tra i diversi soggetti capitalistici per i mercati
e il ruolo svolto dagli organismi nazionali e sovranazionali che neutrali
certamente non sono.
Il capitale ha occupato tutto il
pianeta, ha travolto i modi di produzione superati fino a distruggere
minuziosamente quelle economie locali di sussistenza che consentivano di
sopravvivere a buona parte del genere umano. Intere nazioni sono state portate
al fallimento della loro già precaria economia, centinaia di milioni di
proletari e sottoproletari ne stanno pagando le conseguenze. E però c’è la
questione del “debito”, dello Stato che non riesce a trovare le risorse per
pagare stipendi pubblici, pensioni, sanità, scuola, trasporti, ecc.
Una manna per il capitale
finanziario, non da oggi ma che nei nostri anni ha assunto dimensioni assurde.
È così che gli Stati e i relativi popoli sono diventati debitori di una manica
di cravattari. C’è chi propone di far pagare le tasse ai ricchi. Propone,
appunto. Si tratta in ogni caso di una visione semplicistica di che cos’è e di come funziona il capitalismo. Entrare nel merito, diciamocelo francamente, è
una gran rottura di coglioni. E poi se i regimi sedicenti comunisti sono
falliti, con essi è fallito il marxismo e conseguentemente anche l’analisi di quel tiratardi di Marx era sbagliata, e se non proprio sballata essa era datata e rivolta a
situazioni diverse, antiche, che non ci riguardano più.
La forma particolare e storico
congiunturale entro cui operano le leggi fondamentali del modo di produzione
capitalistico si modifica certamente, ma non si modificano le leggi stesse, in qualsiasi stadio dello sviluppo
capitalistico esse operino. Ma a chi vuoi interessi capire realmente, poi con questo caldo, e quanti tweet servirebbero?
Le contraddizioni restano in ombra perché sono la trave, la struttura portante appunto, e coloro che predicano le riforme strutturali non intendono capire che, tolta la trave, crolla tutto.
RispondiEliminaI sollazzevoli ragionieri perfetti o alla Seminerio o alla Bagnai, anche se gli dessero retta, non cambierebbe un cazzo - ma per loro va bene così.
Cara Olympe,
RispondiEliminaoggi il Sig FMI ci fa sapere che il rapporto tra il sig Pil e il sig Deficit italiani,non ci consente di avere ulteriori prestiti con cui rilanciare i sig.ri Investimenti,poiche'i signori Mercati che vagano da secoli sopra il Monte Olimpo ci negherebbero i dane',se non ad altissimi interessi lucrosi per gli Dei.
Mi stavo chiedendo,ma gli Dei ,non erano solo delle entita'del passato..eppure credo che la superstizione fosse passata ,non e'cosi' evidentemente,milioni di uomini continuano a fare sacrificia queste misteriose entita',piuttosto che ....
Creduloni ..povero Bernstein..che pensava che...
Caino
A quanto vedo, e parlo specialmente per i cosidetti compagni, la "supposta" del referendum ha avuto un buon effetto.
RispondiEliminaSaluti Olympe.
Luigi
non c'è alcun fatalismo nel capitalismo; ciò che accade per via del capitale è prevedibile e proprio per questo non è inevitabile. La conoscenza delle condizioni storiche in cui il capitale si muove è fondamentale per questo. Il capitale si interpreta una volta che ha vinto (questo è il vero liberismo, grazie al cazzo) prima di vederlo trionfare si può, però, studiare e prevedere. In Italia si interpreta, ci si interroga sbigottiti: e adesso? Adesso non c'è più niente da fare e così si stratifica l'infausta tradizione delle nostre classi subalterne.. Si rimedia a partire dalle proprie convenzioni sociali fattesi convinzioni, speranze, credenze, veggenze incarnate in partiti democratici in forma di colomba. Amen. Per queste ragioni dico che l'inizio del contrasto reale deve iniziare collettivamente - all'interno della propria classe sociale - alzandosi come ben dicevi dal proprio posto numerato. Ovvero esattamente dalle convenzioni tradizionali ma antistoriche che ci incatenano. Iniziando, possibilmente, dall'annosa tara del familismo coatto. E voler tassare i ricchi sappiamo bene non essere sufficiente e non essere il punto, ma in Italia, per esempio, significa già alzarsi in piedi.
RispondiEliminaQuesto si che si chiama parlar chiaro.
RispondiEliminaIl dopo 89
RispondiEliminaSi cominciano a vedere i primi sintomi del crollo del mondo bipolare.L'analisi economica del capitalismo e delle sue contraddizzioni non deve mai essere disgiunta dall'analisi geopolitica ,questa e'la dialettica marxista ed il suo piu'grande lascito oltre agli scritti in materia di Marx e di Engels,la lezione del Leninismo e'quanto mai opportuna in tema della lotta deggli opposti Imperialismi,che oggi si vanno avviando verso lo scontro tra continenti ,piuttosto che tra Stati,come un tempo.
L'Euro,pochi hanno il coraggio di ammetterlo,va anche visto sotto questa luce,e cioe'il tentativo dell'Imperialismo (interessi)capitalistici europei di contare nella lotta che si sta profilando tra i Giganti,con gli Usa in palese difficolta'a mantenere nei prossimi decenni la sua supremazia.
Ecco che traspare solo oggi ,in chiave geopolitica l'interesse USA a tenere la Grecia in Europa, (leggasi NATO).
IL PERICOLO ,ovvio, e' che la Grecia permetta ai Russi basi nel Mediterraneo,che valgono molto di piu'in questa ottica delle pietre del Partenone.
Elmetto in testa e maschera antigas,per durare dieci minuti in piu',ECCO quello che attende le masse nel prossimo futuro,oltre ovviamente a quello che gia'si e'detto abbondantemente in questo Blog.
Non dimenticarsi mai che il Capitalismo per continuare a sopravvivere deve mantenere lo sviluppo ineguale nel mondo.
I tempi si accorciano,i sintomi si sentono gia'tutti,possiamo gia' per il futuro essere tutti morti,solo che adesso ci sono le ferie,non
Eccoci al punto. Lei (forse per carattere ottimista) ha più volte (mi sembra) valutato la crisi di questi anni come fenomeno o sintomo della inevitabile caduta del saggio di profitto. Io (si parva licet...), pessimista di natura, la vedevo piuttosto come una nuova accumulazione originaria. Naturalmente gli atteggiamenti muscolari si possono interpretare come segni di intrinseca debolezza, però mi sembra che il capitale, in questo momento, oltre ad essersi fatto governi e governance favorevoli, passi continuamente all'incasso e riscuota parecchio. Con quest'afa, mi creda, vedo scenari millenaristici
RispondiEliminasaluti, Ale