“In linea di principio, un facchino differisce da un
filosofo meno che un mastino da un levriero. È la divisione del lavoro che ha
creato l’abisso tra l’uno e l’altro”.
*
In
che cosa consiste essere uno schiavo? Per uno schiavo moderno significa vivere
nella costante paura di perdere i propri mezzi di sostentamento. Molti schiavi
questa questione non se la pongono neppure, tale è la loro fiducia di riuscire,
in un modo o nell’altro, a sbarcare il lunario. E a costoro sembra che questo sia vivere. Il dinamismo dei
venditori d’illusioni funge da supporto.
Che
cosa dà il diritto a un padrone di liberarsi del suo schiavo e dunque di
togliergli i mezzi di sostentamento? La legge. Tuttavia lo Stato, attualmente, per
mantenere disponibile un certo numero di schiavi, oltre che per prevenire disordini
sociali, garantisce per breve tempo un sussidio di stretta sussistenza, in
attesa che lo schiavo trovi un nuovo contratto (posto che lo trovi).
Da
questo punto di vista la condizione degli schiavi moderni è anche peggiore di
quella antica. Il padrone moderno non ha più la necessità di mantenere il
proprio schiavo per non rischiare di perdere il capitale che ha investito
nell’acquistarlo. Infatti, lo schiavo moderno è formalmente libero, e tuttavia è
il suo stato di bisogno a vincolarlo alla sua condizione di dipendenza.
Nel
momento in cui sul piano generale venisse a mancare tale stato di bisogno, la
libertà fittizia dello schiavo si trasformerebbe in libertà effettiva. In tal
caso i padroni non troverebbero più sul mercato schiavi disponibili a lavorare
per loro, e ciò vedrebbe attaccate le inesorabili procedure del profitto e
messo in crisi l’assetto sociale classista. Sul piano sociale, e cioè del
welfare, le politiche liberiste hanno molto a che fare con questo, naturalmente
adducendo più “oggettivi” motivi (*).
Una
politica sociale che limitasse o eliminasse tale stato di bisogno, e dunque laddove
il lavoro fosse regolato a un minimo e non più forzato (**), sarebbe contraria
agli interessi dei padroni del mondo, i quali hanno tutto l’interesse a
perpetuare tale stato di necessità e bisogno, e anzi ad accrescerlo, e di
disinteressarsi del progresso sociale delle classi subalterne se non nella
misura in cui il mercato del consumo è in grado di garantire al capitale la
trasformazione del sudore in profitto.
Un’economia
di sfruttamento del lavoro ha prodotto uno sviluppo senza precedenti delle
tecniche per risparmiare lavoro. Si tratta di un paradosso solo apparente che
trova la sua causa nel modo in cui procede l’accumulazione capitalistica. La
nostra epoca si situa storicamente al punto in cui i rapporti sociali di
produzione (cioè i rapporti di proprietà) entrano, come mai prima d’ora nel capitalismo, in
conflitto con l’ulteriore sviluppo delle forze produttive.
Questo
fatto è all’origine delle grandi mutazioni in atto, di ogni tipo, sociali,
politiche e antropologiche, e ciò non annuncia l’umanizzazione del capitalismo,
cosa di per sé impossibile, ma il suo necessario superamento e l’emergere di un
mondo dove l’economia sarà finalmente a misura dell’umano, in cui “i produttori
associati regolano razionalmente questo loro ricambio organico con la natura,
portandolo sotto il loro comune controllo invece di essere da esso dominati
come forza cieca”.
(*)
È un fatto empiricamente constatabile che nella società capitalistica – come
del resto in precedenti formazioni economico-sociali – soltanto una classe
disponga del sovrappiù sociale. I capitalisti, in base al diritto di proprietà
che vantano sui mezzi di produzione, sancito dalle leggi che i “nostri”
rappresentanti hanno approvato, e sulla base dei contratti di lavoro vigenti
(sempre approvati dai “nostri” rappresentanti liberamente eletti), si
appropriano dell’intero plusprodotto. È questa una circostanza storica che non
ha carattere “ontologico”, cioè proprio degli individui umani, né poggia sulla
natura del processo lavorativo in
generale, che potrebbe essere, al grado di sviluppo cui siamo giunti, regolato
ben altrimenti.
(**)
Il capitale tende già a un “minimo”, da sempre, ma non della giornata
lavorativa del singolo operaio, bensì nell’impiego complessivo del capitale
variabile in rapporto al capitale costante. La diminuzione relativa della
manodopera in rapporto al capitale investito come impianti e materie prime, si
verifica parallelamente allo sviluppo della forza produttiva e ciò ha come
diretta conseguenza, a un determinato stadio, la disoccupazione di massa. I
mezzi di produzione, invece di essere mezzi per una continua estensione del
processo vitale per la società dei produttori, diventano nella produzione
capitalistica esclusivo scopo per accrescere la valorizzazione del capitale.
In linea di principio leggerti è indispensabile.
RispondiEliminagrazie, ma non esageriamo.
EliminaConcordo con Luca,anche perche' di questi tempi,peana anticapitalisti si odono da Destra,dalle Parrocchie ect,ect. .
RispondiEliminaSembrano sovente convergere,ad una analisi superficiale,ma sono molto diversi ,sia a partire dalle premesse che per le eventuali conclusioni.
Si respira un'aria antiUE,come se un eventuale ritorno agli Stati sovrani,disegnasse di per se',un ritorno ad un antico benessere (si fa per dire).
L'Ue non e'la fonte del "male" di per se',come il dipendente Marchionne non e'il demonio,tanto per fare un paragone.
Il rischio di confusione e'notevole ,il populismo infatti e'facile da assaporare da masse di intronati croniche..
Sarebbe bene magari approfondire questi aspetti e queste sostanziali differenza.
Karl Polany,per esempio ,che non era unmarxista,ma per una economia pianificata pero',affermo'un tempo che Nazismoe fascismo furono risposte economiche per una economia capitalista che dopo il 29 si rifiutava di rifunzionare secondo i vecchi parametri..
Pensiamoci..
caino
http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Fmi-disoccupazione-Italia-alta-20-anni-per-tornare-a-situazione-pre-crisi-7c84def1-8c59-4b24-b027-72213f5af11e.htmlAvviso per gli intronati,sara'anche una cattivona,,ma dice cose..
RispondiEliminapiuttosto che verso una generalizzata diminuzione dell'orario di lavoro propenderei per un reddito di cittadinanza incondizionato.
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