La
partita che si gioca tra l’Ue e la Grecia appare sempre più come un tiro alla
fune. La questione, con ogni evidenza, è sempre più politica, anche se in
discussione vi sono decine di miliardi di nuovi aiuti. Un gioco di tira e molla
almeno a livello di trattative, perché sul piano pratico siamo sempre lì: a chi
far pagare il costo della crisi? Dopo aver ridotto, secondo cifre recenti, gli
stipendi del 37 per cento, le pensioni del 40, tagliato i dipendenti pubblici
del 30, tocca ora alla grassa borghesia greca lasciare qualcosa sul campo.
Quella
stessa borghesia che ha messo al sicuro negli ultimi mesi i propri “risparmi”,
mentre la piccola e media borghesia, non potendo far altro, i propri risparmi
li spende nell’acquisto di nuove auto. Le immatricolazioni sono aumentate nei
primi cinque mesi dell’anno del + 15,7% con più 21,6 a maggio, con un
incremento del 25,9% per le moto. A giugno l’incremento delle vendite auto è
proseguito con più 15,1 rispetto allo stesso mese dell’anno prima, e più 10,9
per le moto. Non era andata peggio l’anno prima, infatti le vendite di auto nel
2014 rispetto al 2013 erano aumentate del 21,3 per cento.
Primi
in classificai i modelli Toyota, seguiti da Volkswagen e Mercedes, ma anche i
modelli Alfa Romeo non se la passano male. È l’altra faccia della crisi greca:
mentre molte famiglie non sono in grado di acquistare prodotti alimentari di
base, altre possono permettersi di acquistare auto da decine di migliaia di
euro.
La
tabella qui sopra (clicca per ingrandire) mostra dei numeri ufficiali sul reddito greco e sul tasso di
povertà dal 2008 al 2013 (non ho dati ufficiali più recenti). Il reddito è
rimasto sostanzialmente stabile, e anche il tasso di povertà, pur in salita,
non ha avuto balzi drammatici. Fermo restando che chi è povero non se la passa
bene, complessivamente la situazione sociale non credo sia molto diversa da
certe nostre regioni meridionali o da quelle di Spagna e Portogallo.
Non solo auto ;-)
RispondiEliminae infatti
RispondiEliminai nodi, antichi, vengono al pettine
peraltro ciò dimostra il fallimento del riformismo e dall'altro il suicidio verso cui ci sta portando il neoliberismo, con una germania (non mi stancherò mai di ripetere) che non è mai cambiata (non può)