Dapprima una doverosa rettifica:
nel post alle vongole di ieri, scrivevo che tra le vongole sottomisura vietate
c’erano anche le “pevarasse”, cioè le Venus
gallina. Per fortuna tale prelibatezza non rientra in quelle considerate
dagli idioti di Bruxelles. Confermo il resto.
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Annunciavo, sempre ieri, due righe
sulle cavallette fritte, una leccornìa secondo alcuni. Non ho nessun dubbio a
credere a tale attestato di bontà e, sempre per quanto mi riguarda, non
chiedo altre verifiche.
È abbastanza noto il fatto che nella cucina ebraica tutti
gli invertebrati non sono kosher, cioè nelle regole alimentari stabilite nella
Torah, così come interpretate dall'esegesi del Talmud e come sono codificate
infine nello Shulchan Aruk che prescrive le norme rituali e comportamentali
ebraiche. Fanno eccezione le locuste, dichiarate koser (o kaser) con dispensa
rabbinica. Del resto è difficile credere che durante il famoso esodo nel
deserto gli ebrei si nutrissero solo di manna. Ad ogni modo a Venezia non mi
risulta alcun consumo, nemmeno in tempi straordinari, di questa prelibatezza.
*
Se l’idea delle cavallette fritte
vi rivolta un po’, pensate al mezcal
aromatizzato (una tequila), una bevanda alcolica (da non confondere con il pulque) ricavata dal maguey (un’agave) e molto diffusa in
Mexico. Queste agavi in Mexico sono chiamate mezcales, da cui il nome della bevanda. Ebbene esistono vari tipi
di aromatizzazione, con dei vermi rossi (bruchi delle agavi) e un tipo di
aromatizzazione fatto con i petti di pollo crudi. Vero che noi usiamo metterci
l’uovo nel marsala, ma c’è una grande
differenza mi pare.
E, sempre a proposito di
prelibatezze, male che vada potremmo nutrirci di formiche. Pare che
rappresentino un quarto della massa animale del pianeta e producono una gran
quantità di metano che certo non fa bene all’ozono stratosferico. È il caso di
dire: due piccioni con una … formica.
Se oggi siamo alle prese con la Xylella fastidiosa che sta devastando
gli ulivi pugliesi, negli anni Venti e Trenta vi fu un’invasione di formiche
nella riviera ligure di ponente. Italo Calvino, figlio di un esperto
floricultore e di una botanica, dedicò all’evento un suo racconto: La formica argentina.
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