Di
seguito un altro post estivo al quale farà seguito, questa sera o domani, un
post “tecnico” dove si pongono in evidenza i motivi per i quali l’attuale non è
una classica crisi di ciclo ma si configura come crisi generale storica del
modo di produzione capitalistico. Insomma, romanzo d’appendice.
*
Dopo
il grande successo del post sull’eutanasia dei poveri e sulle minacciose
formiche che puntano a dominare il pianeta, propongo qualche spigolatura su
temi affini. Per esempio il mais. Nella zona prealpina in cui abito è la
coltura dominante. Con enormi getti d’acqua a tutte le ore del giorno e della
notte s’innaffia questo tipo di coltura. Non è raro, passando a piedi o in bici
per qualche strada interna, beccarsi un’improvvisa doccia gratis. Quanta acqua
serve per produrre una pannocchia? Tanta. In questa zona l’acqua necessaria è
attinta dalle numerose roste in cui nuotano anche trote e avannotti, ma anche
temoli, pesci marcatori di un buon stato di salute di quelle acque, nonostante
certa gentaglia continui a usarle come pattumiere.
Anche
oggi, nell’insalata, oltre a certi semi, ho aggiunto del mais. Nel caso fosse
“trans” non me ne importa nulla, del resto di ciò che viene definito “bio” ho
sempre diffidato. E poi senza il mais la cucina veneta non sarebbe la stessa
cosa. Oltre alla polenta, il mais mi fa venire subito in mente le tortilla (di mais), cioè il piatto base
della cucina centroamericana; quindi i tamales,
una sorta di panzerotti cotti a vapore, ripieni di carne macinata e salse, avvolti
in foglie di mais o banana (vi sono un’infinità di ricette ognuna con molte
varianti); il pozole, molto noto, è invece un piatto a base di mais
tenero, carne di maiale e peperoncino (quanto a quest’ultimo, massima
attenzione in quei luoghi, quello calabrese è acqua fresca). L’atole, invece, è una bevanda ottenuta
facendo bollire farina di mais in acqua o latte (consiglio il latte), cui si
aggiunge zucchero, cannella, ma soprattutto (a mio gusto) cioccolato (allora
si chiama champurrado e a colazione è ottimo),
ecc..
*
A
proposito di mais e del suo uso culinario, esso veniva impiegato nella cucina
azteca assieme a un certo tipo di carne. Il termine “azteco” è assai improprio
anche se comunissimo, infatti il nome con cui gli antichi messicani definivano
se stessi, in lingua classica nāhuatl, era “mexicas”. Motecuhzoma e il suo
popolo morirono senza sapere di essere degli “aztechi”. Infatti il termine
appare per la prima volta alla fine del Cinquecento in un testo di Alverardo Tezozomoc
e però ancora alla fine del Settecento veniva usato poco di frequente
preferendogli il termine “messicani”. È Prescott ad aver diffuso, con la sua
celebre opera, il termine “azteco”, da un luogo chiamato Aztlán.
Bernardino
de Sahagùm, nella sua Historia general de
las cosas de la Nueva España, uno dei libri più importanti del Rinascimento
a livello mondiale (*), nonché un’opera fondamentale per l’antropologia e che si
propone di riscattare il passato indigeno, scrive:
“La carne era cotta con mais e ciascuno
ne riceveva un pezzo in una ciotola o in un recipiente di coccio, insieme al
brodo di mais, e chiamavano quel piatto tlacatlalolli”.
Oggi
in Messico credo che questa ricetta non usi più, anche perché si tratta di una
pratica alimentare vietata essendo il tipo di carne usata, pur comune, di
origine molto particolare.
Il
capitolo sull’antropofagia è molto controverso e tuttavia non si può ignorare
la storia e le testimonianze sono plurime a tale riguardo, sia da parte
spagnola che da parte indigena. Lo stesso Las Casas, al di sopra di ogni
sospetto in quanto fervente difensore degli indios, descrive:
Dopo essere stati sacrificati, i corpi
erano gettati dai gradini [del
tempio], e da lì i ministri li portavano
alle cucine, dove venivano fatti a pezzi, e la mattina e all’ora di pranzo se
ne dava ai signori e ai notabili presenti e a tutti coloro che lo meritassero
per la loro reputazione.
Anche
Diego de Durán riporta numerose
testimonianze:
Dopo essere stati uccisi e gettati in
basso, erano raggiunti dai padroni dai quali erano stati catturati, che li
portavano con sé per ripartirli tra loro e mangiarli, celebrando la solennità
dell’atto (Codice Durán).
Anche
le donne venivano sacrificate e nemmeno i bambini venivano risparmiati. Scrive
de Sahagùm: “In questi luoghi
sacrificavano molti bambini; e dopo averli uccisi, li cucinavano e li
mangiavano”. Comunisti ante-litteram.
Vi
risparmio il racconto sulla pratica dello scorticamento che era “sempre motivo
di baldoria”.
Cortèz attribuì l’antropofagia alla mancanza di bestiame e propose, come rimedio, l’introduzione del maiale.
(*) L'opera si basa sulla traduzione (non integrale) di un codice in lingua classica nāhuatl conservato alla Laurenziana di Firenze.
Cortèz attribuì l’antropofagia alla mancanza di bestiame e propose, come rimedio, l’introduzione del maiale.
(*) L'opera si basa sulla traduzione (non integrale) di un codice in lingua classica nāhuatl conservato alla Laurenziana di Firenze.
Ma non erano i Komunisti che mangiavano i bambini ?
RispondiEliminacaino
In risposta ad Anonimo sui Komunisti!
RispondiEliminainfatti, Olympe l'ha scritto: " Anche le donne venivano sacrificate e nemmeno i bambini venivano risparmiati. Scrive de Sahagùm: “In questi luoghi sacrificavano molti bambini; e dopo averli uccisi, li cucinavano e li mangiavano”. Comunisti ante-litteram ".
Aztechi o mexicani, credo che l'epoca in cui sono state praticate queste usanze, non dico assolva, ma in parte giustifica il loro comportamento (l'essere cannibali), perchè di cannibali dell'era moderna ne abbiamo a bizzeffe e non solo nel termine letterale della parola. Penso ai mangiatori di diritti dei popoli, a chi stupra le costitutuzioni, a chi gioca con la vita dei cittadini in nome del profitto finanziario, squali dalle sembianze umanoidi.
Buona giornata Olympe.
mi associo, ma le intenzioni di caino erano sicuramente ironiche
EliminaIl peperoncino di quelle parti è per lo più Capsicum Chinense, che di solito è molto più piccante del Capsicum Annum coltivato dalle nostre parti. Negli ultimi anni si trovano anche in italia piantine e semi di molte varietà di Capsicum Chinense, dalle nostre parti la coltivazione non è agevole ma ne vale sicuramente la pena. Oltre alla piccantezza estrema questi peperoncini hanno aromi eccezionali.
RispondiEliminaprendo nota
EliminaSalve, commento interessante al quale voglio dare qualche ulteriore contributo.
RispondiEliminaMolti antropologi per anni hanno sostenuto che la dieta azteca che prevedeva l'uso di carni umani era dovuta ad una carenza di proteine, mancando in quelle zone validi animali trasformatori di vegetali in carne. E' la tesi dell'antropologo Marvin Harris, in Cannibali e Re, traduzione di Mario Bacciantini, prima edizione Milano 1979. Infatti afferma:"la principale fonte di cibo per gli dei aztechi erano i prigionieri di guerra, i quali venivano avviati lungo i gradini delle piramidi verso i templi, dove quattro preti li afferravano, stendendoli sopra l'altare di pietra, e un quinto prete, che impugnava un coltello di ossidiana, li squartava trasversalmente lungo il petto." Per l'antropologo la causa era dovuta ad un fatto ben chiaro che qui riporto: l'America centrale si trovò, alla fine dell'epoca glaciale, di fronte a u un esaurimento delle risorse di carne animale più grave che in qualsiasi regione......Ma se la carne veniva fornita in grande quantità alla nobiltà, ai soldati e al loro entourage,e se l'offerta veniva sincronizzata per compensare i deficit di produzione del ciclo agricolo, Montezuma e la sua classe dirigente mantenevano abbastanza credito politico per evitare il crollo politico." Queste considerazioni ci spingono riflettere su quel famoso libello di Jonathan Swift sulla carestia in Irlanda contenuta nel famoso testo "una modesta proposta". Come lo scrittore percepisse nettamente il legame possibile tra aberrazioni alimentari e controllo di classe. Oggi va fatta un'altra considerazione: il cibo spazzatura è abbondante per i poveri, vedi i dati sulla obesità nei pesi occidentali, mentre quello migliore è riservato per pochi privilegiati.
ho risposto al suo commento:
Eliminahttp://diciottobrumaio.blogspot.it/2015/07/guerre-fiorite.html