Quello
che segue è un breve post un po’ “filosofico” preceduto da due concise considerazioni.
Dopo tre post sulla crisi ellenica e il terzo temporale della giornata avevo
bisogno di aprire le finestre su qualcosa di meno monotono.
*
Abbiamo rinunciato a vivere per
assicurare la sopravvivenza ad un’economia di rapina gestita da un’oligarchia
finanziaria che oggi ci lascia due possibilità: la follia di distruggerci o la
decisione di ricrearci.
*
Se le contraddizioni eliminate con la
fantasia non esistessero, non esisterebbero neanche le crisi. La crisi esiste
perché esistono quelle contraddizioni.
*
I
più domestici economisti borghesi sostengono che Il Capitale di Marx è
superato in quanto analisi di un “capitale” particolare ed attualmente
inesistente, quello dell’Ottocento.
Per
completezza bisogna anche dire che non sono pochi quelli che affermano con
sicumera che Marx sarebbe stato superato dagli avvenimenti storici. E per
superamento essi intendono, battendo la briscola sul tavolo, l’esempio del
cosiddetto socialismo reale e dei suoi ingredienti. Di questi fossili del
“fallimento” non è ragionevole occuparsi ora, s’incaricherà la storia con acconcia
postilla.
Ieri
osservavo a tale riguardo: la forma
particolare e storico congiunturale entro cui operano le leggi fondamentali del
modo di produzione capitalistico si modifica certamente, ma non si modificano
le leggi stesse, in qualsiasi stadio
dello sviluppo capitalistico esse operino.
In
altri termini è necessario ribadire come Il
Capitale, in quanto analisi dell’economia capitalistica, sia tutt’altro che
superato e resti anzi l’unica base scientifica per analizzare e comprendere
l’attuale società.
Dunque
le analisi degli economisti borghesi non sono scientifiche? Esse possono
corroborarsi di tabelle statistiche, di grafici e di complicati tecnicismi
anglosassoni, farsi le seghe con ogni
fatto e misfatto empirico, ma non vanno oltre una congerie fantasmagorica di
dati e non riescono a dar conto del modo di produzione capitalistico in
generale, delle sue leggi e delle sue tendenze, per non dire delle cause della
crisi (*).
Il
metodo scientifico per indagare a fondo sui fenomeni, si avvale di modelli
teorici (concreto del pensiero) che, sebbene concepiti sull’osservazione
empirica della realtà (concreto sensibile), riflesso approssimativamente esatto
di questa, non sono affatto la realtà stessa, bensì la ricostruzione nel
pensiero di essa.
Pertanto,
la sostanziale differenza tra il metodo empirico d’indagine dei fenomeni e il
metodo scientifico, risiede nel fatto che quest’ultimo, superando le forme particolari con le quali il fenomeno si presenta
alla percezione spontanea, studia il sistema di relazioni interne ed esterne
che stanno alla base della sua genesi e del suo sviluppo.
Per
indagare oltre l’apparenza si avvale appunto di un modello teorico, di un
sistema di concetti, mediante il quale formula ipotesi, sulla base delle leggi
di movimento che regolano la natura del fenomeno, e successivamente le verifica
ricercandone il riscontro o il contraddittorio nella prassi (**).
Ora,
il metodo usato da Marx ne Il Capitale,
si è valso di un'indagine che, raccolto e fatto proprio nei particolari il
materiale preesistente, lo ha analizzato nelle sue diverse forme di sviluppo
per coglierne l’interna connessione e, successivamente, esporne in chiave
critica un modello teorico che rappresentasse adeguatamente il movimento reale
dell’economia capitalistica.
Pertanto
Marx non ci ha lasciato una teoria sul funzionamento del capitale nella società
borghese di un dato periodo storico, bensì ha
esposto la struttura e il funzionamento complessivo del modo di produzione capitalistico,
ricondotto a modello teorico ideale, intendendo per “ideale” la traduzione e il
trasferimento nella mente umana del fattore materiale.
Per
tali motivi, oltre che per il riscontro oggettivo della realtà, le leggi
fondamentali e storiche del modo di produzione capitalistico sono e rimangono
leggi valide anche a distanza di più di un secolo da Il Capitale.
Chiarito
questo punto, va rilevato come il metodo adottato da Marx gli consentisse le
più ardite operazioni di pensiero, cioè di spingersi per via analitica fino
agli estremi limiti del modo di produzione capitalistico, di simulare
concettualmente, secondo procedure dialettiche (logiche e/o matematiche), il
movimento intrinsecamente contraddittorio delle leggi generali del divenire
capitalistico per carpire al futuro la
loro forma divenuta (***).
(*)
Se pensiamo che l’economia politica ha sino a questo momento cercato a tentoni
di formulare la differenza fra capitale costante e capitale variabile senza
riuscirvi con precisione, che non ha mai fatto distinzione fra plusvalore e
profitto, né ha mai spiegato cos’è il profitto puro separato dai vari elementi
che lo costituiscono che sono resi reciprocamente indipendenti, che dunque
l’economia politica borghese non ha mai fatto un’analisi esauriente delle
differenze nella composizione organica del capitale e ancor meno nella
formazione del saggio generale del profitto, allora non deve meravigliare che
essa non sia mai riuscita a trovare
soluzione alla tendenza progressiva della diminuzione del saggio generale del
profitto e farnetichi cose assurde in merito alle crisi.
(**)
La legge non descrive il movimento della realtà immediata, ma piuttosto cerca
di coglierne, oltre le forme, la sua “bronzea” necessità. Così come i
“concetti” e le “categorie”, anche la legge è reale in senso mediato, e cioè
riflette mediamente la realtà oggettiva. Un modello teorico riflette anch’esso
solo in senso mediato il suo oggetto reale. Si chiedeva ironicamente Engels:
“Forse la feudalità è stata mai corrispondente al suo concetto?”.
Per
legge generale di un fenomeno s’intende la sua contraddizione principale espressa in categorie (ad esempio
economiche: valore d’uso e valore di scambio; o fisiche: attrazione e
repulsione) o simboli (ad esempio matematici) tra loro connessi secondo
procedure logiche (o matematiche) materialistiche e dialettiche che ne
spieghino il processo reale. Per analisi della tendenza – espressione peculiare
della legge – s’intende lo studio simulato della contraddizione principale come
processo, e cioè la sua dialettica quantitativa e qualitativa, nei suoi diversi
stadi: dall’inizio alla fine.
Perfetto. Promossa.Saluti rossi.
RispondiEliminaIn realtà ci sono fior di critiche alla teoria del valore di Marx, discrepanze che Marx stesso non era riuscito a risolvere fino in fondo (ed è per questo che gli ultimi due volumi del Capitale sono usciti postumi sulla base delle ricostruzioni di Engels). E' un argomento complesso, impossibile da trattare in un semplice post. Il fatto è che no, Il Capitale di Marx non è una cazzata, ma un'opera dell'ingegno umano con dei suoi propri limiti intrinseci. Non è una cazzata e non è un testo sacro. E', come tutte le cose umane, una via di mezzo.
RispondiEliminaSarebbe bello, a questo punto della storia umana, che il Capitale avesse tutte le risposte, tipo l'I Ching, ma chi le cercasse rischierebbe di rimanere deluso.
Altra cosa è vedere il capitalismo avvitarsi su se stesso per i propri limiti intrinseci. Ma la soluzione al superamento di questa forma di produzione (ma si può ancora parlare di produzione e basta?) è ancora lontana.
un esempio delle "discrepanze"?
Elimina"Ogni grande scoperta è utile solo se quello che la nuova legge riesce a prevedere supera le informazioni utilizzate." P. Feynman
RispondiEliminaMi piace questa definizione e mi pare si adatti a Marx.
Una buona giornata, nonostante il caldo, ciao,g
Quello che asserisce Feynman vale per teorie vere ma incomplete. La diagnosi che da Marx del capitalismo è completa invece. Il capitalismo è sempre se stesso, ma lo è sempre in modo diverso: è un organismo vivente. Ma vivere significa morire. Feynmam fa l'eco a Popper, è evidente. Saluti rossi.
RispondiEliminaE' vero che Feynman, occupandosi di fisica, tratta teorie vere ma incomplete, ma nello specifico della proposizione riportata si riferisce più in generale al metodo della scienza e al suo riscontro empirico.
RispondiEliminaIl fatto che Marx, partendo da informazioni e analisi già note all'economia classica, abbia scoperto delle leggi che superano la massa di informazioni e analisi disponibili, arrivando a prevedere le dinamiche interne di sviluppo del capitalismo, verificate poi nella pratica, mi pare che lo accrediti a pieno titolo nella sfera della scienza anche secondo la definizione che ne dà un fisico matematico.
Non vedo proprio, invece, restando alla proposizione citata, echi di popper.
D'accordissimo su quello che dici della completezza di Marx.
Ciao anonimo, buona domenica a te e a Olympe.g