domenica 2 novembre 2014

Indistinguibile dal resto


Posto che Roma è indiscutibilmente la capitale dell’arte antica, Firenze lo è di quella “moderna”. Chissà perché mai quel genere di committenza pubblica e privata oggi non esiste o produce esiti così controversi e anche tanto deleteri. È una domanda ricorrente che ognuno di noi si pone, e che ora s’istilla una volta di più leggendo il capitolo Economia di lusso e committenza artistica, in un libro fuori dal mucchio: Storia di Firenze, di Johm M. Najemy.

Non si tratta di difendere l’accademia, per così dire, perché di mediocrità d’epoca ne sono esposte a bizzeffe in musei e mostre d’ogni genere, in queste ultime con la balla di far nascere l’illusione di una partecipazione di massa alla cultura alta, un coinvolgimento prefabbricato e controllato per fare cassa, laddove si tratta di organizzare la partecipazione ad eventi cui è possibile partecipare. Poi tesori dell’arte che non entrano in questo lucroso circuito se ne stanno in un canto raminghi e trascurati, magari in pessime condizioni di conservazione (ne accennai con un esempio alcuni mesi or sono).



Per il resto dobbiamo tener conto della trasformazione dei processi economici oltre che tecnici, perciò non avrebbe senso richiamarsi ai modelli estetici del passato, i quali restano (o dovrebbero restare) un sicuro punto di riferimento. E tuttavia il risultato, il rovesciamento totale perseguito e conseguito, è che l’arte non ha più nulla a che fare con la vita, ma esclusivamente con l’ideologia del consumo e il suo riconosciuto stile culturale di cui gli scandali pubblicitari sempre più apparentemente audaci ne sono esempio. E con la ratifica del racket dell’arte: una “cagata d’artista” è battuta in asta perché la critica, quale sfera specializzata e separata, la spaccia con sprezzo del ridicolo per un’opera d’arte e le appone il timbro del capolavoro.


Oggi siamo al punto che qualsiasi cosa possa fare l’arte, la vita lo potrebbe fare meglio se non fosse posta sotto sequestro e manipolata dal mercato. Ovunque guardi, l’arte scompare, al punto che pure quella forma d’arte che si esprime nei graffiti, in certi casi eccellente fin quando è rimasta esclusa, è stata cooptata, trasformata in merce. E non è sempre stata merce e spettacolo l’arte? Già, spunto interessante sull’ambiguità dell’arte; ma quella che passa oggi per arte è nemica della creatività, dell’intelligenza, mai il bluff è apparso più truffaldino e disperato, indistinguibile dal resto.

1 commento:

  1. Se Piero Manzoni oltre l'autonomo gesto irridente è pure riuscito a piazzare il suo residuo organico per migliaia di euro ha fatto l'en plein.
    Lasciando il bluff truffaldino ha chi se lo vuole e possa permettere - soldi loro - , dall'altra parte ci sono coloro che li spenderanno invece nei mercati rionali per i paesaggi fatti a spruzzo e in serie da mettere sopra il buffet. Fuorvianze didattiche per tutti questi non ne esistono, entrambe categorie bloccate alle soglie dell'Impressionismo.
    Forse 'indiscutibilmente' oltre a quella antica e moderna va ulteriormente definita l'arte contemporanea perchè insieme a Kounellis e magari Warhol nella spazzatura per gli ignari ci potrebbero finire Kandisky e Malevic.

    angelo r.

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