Scriveva alcuni giorni or sono Enrico Franceschini su
Repubblica:
Negli ultimi
dieci anni, per via della globalizzazione, sono stati i Paesi emergenti, con la
Cina in testa, a portare via posti di lavoro all’Occidente. Nei prossimi
decenni ce li porteranno via anche, e forse soprattutto, i robot. Secondo uno
studio pubblicato a Londra, preparato dalla Deloitte, una società di analisi di
mercato e dalla università di Oxford, e anticipato dal Daily Telegraph, in Gran
Bretagna ben 10 milioni di posti di lavoro saranno occupati da robot e computer
nei prossimi vent’anni, portando via un lavoro su tre di quelli oggi esistenti.
Gli impieghi più minacciati saranno quelli a basso salario e bassa
qualificazione.
E se invece dei robot addestrassimo delle scimmie? I
costi di sostentamento e allevamento delle scimmie sarebbero comunque minori di
quelli sostenuti per la ricerca, la realizzazione e lo sviluppo dei robot. I
costi sarebbero minori anche dal lato della manutenzione, poiché quando una
scimmia s’ammala o muore si potrebbe subito sostituirla con un’altra tratta dall’allevamento.
Forse il problema più serio da affrontare sarebbe quello delle associazioni
animaliste qualora s’avvedessero che una scimmia viene trattata alla stregua di
un operaio.
*
In questo sito c’è un articolo di Natalie Thaïs Uomini
(si chiama così) e Georg Friedrich Meyer che riguarda uno studio da loro
condotto usando una sofisticata tecnologia ad ultrasuoni per misurare il flusso
di sangue nel cervello dei soggetti mentre sono impegnati a fabbricare le
repliche di strumenti di pietra della cultura acheuleana (circa 17mila anni
fa). I risultati della ricerca pongono in rilievo lo stretto legame cognitivo tra due
fondamentali caratteristiche umane: linguaggio e lavoro. C’è da aggiungere solo
che già in precedenza altre ricerche, utilizzando risonanza magnetica e PET,
hanno mostrato risultati coerenti con questa ipotesi.
Per la fabbricazione di questi strumenti, sia pure
grezzi, è necessaria la padronanza di una varietà di concetti ben definiti,
compreso quello che presiede alla selezione dei materiali lapidei idonei
(selce, ossidiana, ecc.), quindi la comprensione della meccanica della
frattura, e la capacità di pianificare l’uso della forza e l'angolazione
appropriata con cui colpire con il “martello” sulla materia prima (il nucleo)
per ricavarne un fiocco, ossia la punta della dimensione e forma desiderata. In
sintesi, l'artigiano deve avere un’immagine
mentale dello strumento desiderato e poi decidere sulla sequenza dei
passi necessari per produrre l'utensile destinato ad uno scopo specifico, ossia
a una diversa attività (uccidere e macellare un animale, per esempio).
Gli scimpanzé, invece, utilizzano degli oggetti come
strumenti. Essi possono scegliere un ciottolo adatto ed usarlo come un martello
per rompere noci, o un piccolo ramoscello per farne una sonda utile per
ritirare le termiti dal loro nido. Tuttavia, pur dimostrando abilità
stupefacenti, la forma dell'utensile finale impiegato è già visibile nella
materia prima, insomma non lavorano le pietre per produrre degli utensili
veri e propri, sia pure rudimentali. Soprattutto la loro mano non diventa autonoma, non solo come organo del lavoro, ma anche come prodotto stesso del lavoro.
E ciò che è acquisito per la mano – o per il piede per la necessità del cammino
e di una stabile posizione eretta – è acquisto anche per tutto il corpo,
secondo la legge darwiniana di correlazione dello sviluppo.
Inoltre, le scimmie e i delfini non procedono per
generalizzazioni e formulazione di concetti, categorie, leggi, sistemi di
numerazione, ecc.; non pensano verbalmente e non esprimono rapporti e pensieri;
non sanno organizzare socialmente il cervello, la volontà, la memoria, la
percezione, ecc.; controllare il comportamento, o scaricare le tensioni interne.
In breve: non sviluppano funzioni psichiche superiori e un linguaggio
extra-genetico.
Ecco un motivo per cui le scimmie non possono essere
impiegate in sostituzione degli operai, fosse pure in sostituzione di quelli
più sciatti e sfaticati iscritti alla Fiom. Invece i robot si dimostrano adatti
a sostituire gli operai in molte mansioni, e però più le macchine sostituiranno
il lavoro, più il capitalismo si avvia alla sua fine. Questo ineluttabile fatto
si può esprimere anche con delle semplici equazioni matematiche, come qualcuno
ha già fatto un secolo e mezzo or sono. Si tratta di una delle due fondamentali
scoperte di Marx, ma ogni buon borghese elude la seconda scoperta quanto fa spallucce sulla prima. La legge sulla caduta tendenziale del saggio del profitto aveva provato
a criticarla un certo Croce Benedetto, suscitando l’ilarità di Plenchanov e di
Gramsci (*).
L’imbecille poneva a presupposto della sua “critica”
un presunto “errore del Marx”, il quale avrebbe attribuito “inavvedutamente” un
valore [progressivamente] maggiore al capitale costante che viene messo in
movimento dalla stessa forza-lavoro, e ciò nonostante, obiettava Croce, il
progresso tecnico faccia scendere il valore delle materie prime ed ausiliarie
impiegate come capitale costante in rapporto al valore della forza-lavoro.
Come si può anche solo sospettare che a Marx potesse sfuggire un fatto così grossolano? Ciò può far solo sospettare il solito ambizioso disegno della critica borghese .....
A questo tronfio coglione di Croce sfuggiva un fatto assolutamente elementare, e cioè che allo stesso modo che il progresso tecnico fa scendere il valore delle merci impiegate come capitale costante, in modo altrettanto progressivo consente all’operaio di mettere in movimento una quantità notevolmente maggiore dello stesso capitale. È questa una deduzione così facile che anche un operaio iscritto alla Cisl, per quanto imbevuto di filosofia liberale, può comprendere facilmente.
Quando ci si occupa di questioni scientifiche e non meramente filosofiche si ha innanzitutto il dovere di imparare a leggere. Infatti, tra l'altro, se l’imbecille schiamazzante si fosse dato la briga di leggere anche il cap. 15° oltre al 13°, avrebbe scoperto che tale legge non funziona solo in presenza di un aumento della composizione organica del capitale, ma anche, come sa qualsiasi Marchionne, con la diminuzione del numero degli operai impiegati sulla base di un determinato capitale. Si tratta della tendenza del capitale alla massima riduzione possibile del numero degli operai da esso occupati, da un lato, in contrasto con la sua assoluta necessità di produrre la maggior massa possibile di plusvalore. Una contraddizione che porta a un punto di rottura storico e non solo logico. Ecco la differenza tra dialettica materialista e cialtronismo alla Croce, Loria, Pareto e affini.
A questo tronfio coglione di Croce sfuggiva un fatto assolutamente elementare, e cioè che allo stesso modo che il progresso tecnico fa scendere il valore delle merci impiegate come capitale costante, in modo altrettanto progressivo consente all’operaio di mettere in movimento una quantità notevolmente maggiore dello stesso capitale. È questa una deduzione così facile che anche un operaio iscritto alla Cisl, per quanto imbevuto di filosofia liberale, può comprendere facilmente.
Quando ci si occupa di questioni scientifiche e non meramente filosofiche si ha innanzitutto il dovere di imparare a leggere. Infatti, tra l'altro, se l’imbecille schiamazzante si fosse dato la briga di leggere anche il cap. 15° oltre al 13°, avrebbe scoperto che tale legge non funziona solo in presenza di un aumento della composizione organica del capitale, ma anche, come sa qualsiasi Marchionne, con la diminuzione del numero degli operai impiegati sulla base di un determinato capitale. Si tratta della tendenza del capitale alla massima riduzione possibile del numero degli operai da esso occupati, da un lato, in contrasto con la sua assoluta necessità di produrre la maggior massa possibile di plusvalore. Una contraddizione che porta a un punto di rottura storico e non solo logico. Ecco la differenza tra dialettica materialista e cialtronismo alla Croce, Loria, Pareto e affini.
[*] Croce, Una
obiezione alla legge marxistica della caduta del saggio di profitto, poi
raccolto in Materialismo storico ed
economia marxistica, Laterza, Bari 1946, pp. 149-61; Plenchanov, À propos du livre de Croce, in Oeuvres
philosophiques, Mosca, vol. II, pp.
762-63; Gramsci, Il materialismo storico e la fil. di B.C., Einaudi, 1974, 211-15.
A proposito di professori, economisti e affini.
RispondiEliminaSul FQ un "articolo" di un professore ordinario di Economia applicata del Politecnico di Milano parlava della regolazione indipendente, antitrust e roba simile, autorità "terze" indipendenti che ci salverebbero da politica corrotta e da scelte economiche pessime.
Ho scritto come commento al suo ragionamento che la parola "indipendente", in un mondo dove ci sono in poche mani i mezzi di produzione e tutto il resto, era un pò esagerata. Tra l'altro facevo notare che con tutti gli antitrust, regolatori e quant'altro, abbiamo situazioni concrete come quella dettata dai risultati della ricerca svizzera sul controllo delle corporations a livello globale, con le 737 aziende che controllano l'80% delle maggiori multinazionali, con all'interno un core di 147 aziende che controllano il 40% delle più importanti.
Il professore ha risposto che sono "molte centinaia", quindi non si può parlare di monopolisti, che sono "contendibili" come dicono gli economisti.
737 sul campione di 43060 aziende, manco un 2%, preso dal database di 37 milioni di aziende...e per il professore di Economia Applicata del Politecnico di Milano non è nemmeno un fatto da segnalare, insomma che a parte loro professori noi non capiamo una mazza di niente.
Saluti,
Carlo.
scusa Carlo, ma cosa volevi che ti rispondesse, che hai ragione? pensi che sia gente onesta? però hai fatto bene ad intervenire.
EliminaBeh, in un certo senso mi aspettavo dall'esimio professore ordinario una risposta del genere.
EliminaDiciamo che scrivere della sua risposta segnala in quali mano siamo ai vari livelli, dalla politica all'università, e quest'ultima è fondamentale dato che vengono formate gran parte delle nuove leve che dovrebbero sostituire le cariatidi attuali.
Ciao.
Olimpia,
RispondiElimina1 - grazie
2 - idem
3 - idem
....
44 - Scrivi: "Una contraddizione che porta a un punto di rottura storico e non solo logico. Ecco la differenza tra dialettica materialista e cialtronismo..." . Mmmm....
1 - realtà materiale
2 - realtà non materiale (processi e funzioni tra cui quella mentale)
3 - prodotti che derivano dall'interazione tra 1 e 2, cioè da lavoro (azione progettata, in cui l'uomo, come hai sottolineato più volte, si distacca da ogni altro animale producendo strumenti - aggiungo case, arte, merci, storia - lavoro umano tra cui quello usato in modo schiavistico per la produzione di merci nel sistema capitalistico).
Un "punto di rottura storico" sta nel mondo prodotto da lavoro umano (3), mentre un "punto di rottura logico" sta nel mondo mentale (2). Ecco la differenza che mantiene il materialista materialista e gli impedisce di fare un corto circuito tra i due mondi.
Per cui, una contraddizione non può "portare a un punto di rottura storico e non solo logico": sono, casomai, due, le contraddizioni, se proprio si vuole mantenere confusivamente questo termine: una contraddizione logica, nel mondo 2, e una "contraddizione reale", storica, là nel mondo 3.
Le cose vanno bene se alla contraddizione logica corrisponde una realtà di contrapposizione nel mondo delle cose, della storia. Ma è corrispondenza, tra due piani diversi, tra due mondi, non identità una corrispondenza che va verificata, di volta in volta: non tutto ciò che è razionale è reale.