Ripropongo un post del maggio 2012
dal titolo L’equivoco grillista.
Hanno un bel dire i grillisti
accusandoci di essere dei pantofolai, ma quando poi ci si renderà conto che non
è realizzabile ciò che è ritenuto possibile e quasi a portata di mano, ossia
che non c’è corrispondenza tra la realtà e la sua immagine disegnata dai
proclami, prenderà il sopravvento la parte più reazionaria di quel tipo di
movimento.
L’insieme dei punti programmatici
del Movimento cinque stelle sono già ampiamente escussi da più parti, per
esempio qui, perciò non credo resti da aggiungere altro se non che la
rivoluzione grillista è di un vuoto politico disarmante, e fa anzi di tale
mancanza un punto d’onore.
A me interessa l’aspetto più
propriamente ideologico del grillismo. Già la frase “la democrazia batte il
capitalismo” denuncia che si dovrebbe tornare sui banchi di scuola e farsi
spiegare che la democrazia borghese, o comunque denominata e quale noi
conosciamo, senza il capitalismo non esisterebbe nemmeno.
Se invece s’intende contrapporre “democrazia”
versus capitalismo feroce e speculatore, quello cattivo per intenderci, allora
non si coglie, come ho rilevato in altre occasioni, in che cosa consiste
fondamentalmente il capitalismo, ma soprattutto, soggiungo, la natura del
rapporto che necessariamente viene a stabilirsi tra l’economia e la sfera
politica e statuale, per non parlare poi di classi sociali e simili.
Per raddrizzare il sistema
politico da capo a piedi, il Movimento punta sull’attività volontaristica, il
limite dei due mandati, la fedina penale intonsa dei candidati e insomma il voto
di osservanza del settimo comandamento: una democrazia rappresentativa decente
sotto l’aspetto formale e dei più correnti principi etici.
E tuttavia proprio su questi punti
il grillismo predica bene e razzola male, dal momento che si tratta di un movimento
politico incentrato sulla figura di un capo carismatico dal quale passano tutte
le decisioni che contano e anche quelle di dettaglio, come ha ben rappresentato
Malvino in un suo post tracciando un parallelo tra Grillo e Pannella (o magari
quello con Guglielmo Giannini).
Resta da stabilire poi (e qui
richiamo un post dei giorni scorsi) se in un paese di stragi e di servizi e
servizietti, di mille collusioni e camarille, di fitti intrecci economici tra
illegalità e legalità, si possa veramente e radicalmente cambiare qualcosa
seguendo la via del riformismo, oppure se anche quello di Grillo, come peraltro
ho già scritto, non sia un altro espediente per alzare il solito grande
polverone e non cambiare nulla.
La sentenza non serve che la
pronuncino i posteri perché l’insufficienza della proposta politica grillista
non tarderà di venire in luce man mano che la crisi economica incrudisce e
salariati e pensionati chiederanno lavoro e reddito per campare. Allora vedremo
se la democrazia grillista batte il capitale.
*
A distanza di quasi due anni, e a proposito di stipendi, anche questo post può essere illuminante.
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