Noi possiamo conoscere solo nelle
condizioni della nostra epoca e nei limiti posti da queste stesse condizioni. E
ciò che noi oggi possiamo conoscere non è poco, anche se siamo quotidianamente
sommersi dall’avvicendarsi delle ipotesi che si rigettano una con l’altra per
la deficiente preparazione logica e dialettica degli scienziati. E a questo
stato di cose pare non ci possa essere rimedio stante la considerazione cui
godono oggi la logica e dialettica materialistica che ai più paiono cose
riservate a un ristretto àmbito di studio, ossia alla filosofia e dintorni, e
dunque sostanzialmente classificate come semplici speculazioni che non
avrebbero contatto con la realtà.
Va attribuito ad Hegel,
considerato unanimemente un cane morto, il merito di aver scoperto le leggi
della dialettica. Esse sono fondamentalmente tre:
la legge della conversione della
quantità in qualità e viceversa;
la legge della compenetrazione
degli opposti (di gran lunga la più importante);
la legge della negazione della
negazione (di cui farò accenno un'altra volta).
L’errore di Hegel fu di ricavare
queste leggi astratte non dalla storia della natura e dalla storia della
società umana, bensì come leggi del pensiero. Secondo questa concezione
idealistica della dialettica le leggi dell’universo così come quelle della società
diventano il prodotto dello sviluppo del pensiero umano.
Queste leggi, rimesse con i piedi
per terra, sono chiare come il sole.
Napoleone, nel sesto volume delle
sue Mémoires, osservò:
Due mamelucchi tenevano testa a tre francesi perché erano meglio
armati, montavano meglio, avevano due paia di pistole, un trombone, un fucile,
un casco con visiera, eccetera. Ma un centinaio di cavalieri francesi non
temevano cento mamelucchi; trecento erano di solito superiori allo stesso
numero; 1000 cavalieri mettevano costantemente in rotta 1500 mamelucchi (*).
Napoleone prendeva atto che i
mamelucchi erano più agili a cavallo dei francesi, i quali però erano molto più
disciplinati. Data una grandezza minima di un distaccamento di cavalleria, la
forza della disciplina insita nella formazione in ordine chiuso e nell’impiego
razionale della stessa, permetteva di raggiungere e anzi di superare una massa maggiore di
cavalleria irregolare. Intuitivamente Napoleone si esprimeva in modo
dialettico.
Anche in natura variazioni
qualitative possono aver luogo solo aggiungendo o togliendo della materia o del
movimento. Possiamo del resto facilmente osservare che tutte le differenze
qualitative della natura poggiano su una diversa composizione chimica oppure su
diverse quantità, o forme di movimento (energia). Da ciò deriva che è
impossibile mutare la qualità di un dato corpo senza aggiungere o togliere
della materia o del movimento, cioè senza un cambiamento quantitativo. All’opposto,
un cambiamento qualitativo cambia la quantità delle cose. La quantità si
converte in qualità e viceversa.
Pensiamo allo stato di
aggregazione dell’acqua liquida, esso muta con il variare della temperatura,
trasformandosi o in vapore o in ghiaccio. Il semplice cambiamento qualitativo
della temperatura causa un mutamento quantitativo dello stato dell’acqua. Anche
in questo caso, come in tutti i casi, ogni cambiamento è una conversione di
quantità in qualità. Se, ad esempio, a una molecola di ossigeno aggiungiamo un
terzo atomo, otteniamo l’ozono, una sostanza nettamente differente. Così, altro
esempio, la cooperazione di molti uomini, la funzione di molte forze in una
forza complessiva, produce un nuovo potenziale di forze essenzialmente diverso
dalla mera somma delle singole forze che lo costituiscono.
La stessa legge che vale per la
chimica e la fisica, vale anche per la biologia, quanto per la storia della
società umana. Si tratta di una legge generale di sviluppo della natura, della
società e del pensiero. Ecco dunque che la dialettica, cosiddetta obiettiva,
domina in tutta la natura, e la dialettica cosiddetta soggettiva, il pensiero
dialettico, non è altro che il riflesso del movimento che nella natura si
manifesta sempre in opposizioni, che con il loro continuo contrastare e con il
loro finale risolversi l’una nell’altra, ossia in forme superiori, condizionano
la vita stessa della natura (**).
(*) Deux mamelucks tenaient tète à trois Français , parce qu'ils étaient
mieux armés, mieux montés, mieux exercés, ils avaient deux paires de
pistolets, un tromblon, une carabine, un casque avec visière, une
cottede-mailles, plusieurs chevaux et plusieurs hommes de pied pour les
servir. Mais cent cavaliers français ne craignaient pas cent mamelucks, trois
cents étaient vainqueurs d'un pareil nombre; 1.000 en battaient 1.500: tant est
grande l'influence de la tactique, de l'ordre et des évolutions ! (Dix-sept notes sur l'ouvrage intitulé Considerations sur l'art de la guerre, Paris, Firmin et Didot, 1823, p. 262).
(**) Per esempio: tutti i
processi chimici si riducono a processi di attrazione e repulsione. Pure nella
vita organica la formazione e lo sviluppo degli esseri viventi fa capo a
processi di polarizzazione, e del resto come dimostra l’evoluzione, a partire
dalla semplice cellula, ogni progresso è opera del continuo contrasto tra
ereditarietà e adattamento. Anche nella storia il progresso si presenta come
negazione del già costituito, manifestandosi con la massima evidenza in tutti i
periodi critici dei popoli che sono alla testa della civiltà. La dialettica non
conosce linee rigide e nette, né posizioni unilaterali.
Una volta Simon Weil disse:
RispondiElimina"La tortura ideale da infliggere ad un marxista sarebbe pretendere da lui una definizione comprensibile di cosa sia il materialismo dialettico."
Non so quali marxisti frequentasse solitamente, ma ho la certezza che se avesse conosciuto lei si sarebbe risparmiata un bel po' di fregnacce (per dirla alla romana).
Grazie, Olympe.
La Weil avvertiva quindi un bisogno di assoluto che nella dialettica del sociale non può trovare realizzazione, ed infatti rivolgerà infine la sua attenzione alla fede religiosa. caio
Elimina"Ecco dunque che la dialettica, cosiddetta obiettiva, domina in tutta la natura, e la dialettica cosiddetta soggettiva, il pensiero dialettico, non è altro che il riflesso del movimento che nella natura si manifesta sempre in opposizioni"
RispondiEliminaChi è che dice che la dialettica domina in tutta la natura? Chi vede dialetticamente e attribuisce il suo modo di vedere alla natura della natura.
Il riflesso della predisposizione umana alla visione duale e dialettica è la concettualizzazione duale e dialettica della realtà. La conoscenza è di un soggetto, il quale non è uno specchio, bensì organizza attivamente la sua percezione e la sua conoscenza in base alle sue strutture sensoriali e alla sua complessa rete di connessioni nervose periferiche e centrali. Nel pensare dialetticamente riflettiamo certamente una nostra organizzazione dell'esperienza, ma se identifichiamo questa con la realtà facciamo discendere il mondo dal pensiero: camminiamo con la testa, direbbe Marx.
dunque il fatto che noi riusciamo a vedere per l'opposizione di luce e buio è dovuto alla nostra concettualizzazione di tale opposizione? per favore, vedi di smetterla
EliminaL'opposizione sta nella tua testa, nel tuo pensiero, non tra luce e buio.
EliminaIpotizzare l'esistenza di una realtà in se stessa inconoscibile al di là della "nostra organizzazione dell'esperienza", alla fine è una banalità.
EliminaMa forse il problema di organizzare la natura e la società in modo da aver assicurati pranzo e cena - pur attraverso una conoscenza limitata - non riguarda romeo.
Se poi tutta la ricchezza del pensiero è preda di retorica e sofismi, basta porre prima di ogni ragionamento la seguente avvertenza:
"Qualsiasi affermazione e conoscenza sulla realtà è sempre limitata agli strumenti percettivi e di pensiero umano, e agli strumenti d'analisi costruiti dall'uomo".
Dopodiche...se queste conoscenze funzionano nell'organizzare pranzo e cena, posso fare una pennichella, e aprire spazi metafisici in cui superare "Il riflesso della predisposizione umana alla visione duale e dialettica" . Del resto c'è chi lo fa da millenni.g
Caro anonimo g,
Eliminala realtà esiste ed è conoscibile.
Capita, in questa esistenza e conoscibilità, che qualcuno ogni tanto perda la bussola, e allora ha valore pratico accorgersi che la realtà è propria percezione di realtà, e che non è detto che quello che viene considerato reale lo sia o lo sia così come viene percepito. Accade anche, in ambiti meno impegnativi sul piano personale e quotidiano, che la bussola intellettiva venga persa nell'uso di formule linguistiche confuse da parte di persone che invece l'orientamento ce l'hanno - per le altre persone di cui non ci frega niente possiamo fare spallucce, così come, te lo riconosco, le spallucce le possiamo fare sempre in questi casi di questioni intellettuali che non comportano difficoltà per il pranzo e per la cena.
Se Olimpia, a cui devo un riaccostamento a letture già fatte in passato poi forse troppo dimenticate, sulla scia di una blasonata tradizione scrive "contraddizioni della realtà", mi permetto di farle notare che l'espressione è, linguisticamente, un residuo idealistico, così come le faccio notare che le leggi, certe leggi, non governano nessuna realtà, nel senso epistemologico che tu avrai certamente letto e capito - così come mi sono permesso di farle presente che è una forma di idealismo attribuire alla realtà una dualità che è invece una predisposizione mentale umana, dualismo che tu hai certamente superato, con saggezza millenaria, ogni volta che ti sei seduto davanti ad un solo piatto di pasta alle vongole veraci.
Discorsi a stomaco pieno, s'intende, se no si usa la testa per rimediare il necessario: su questo, g, non ho mai avuto esitazioni quando si trattava dei miei figli o di altri adulti come me, e la ricerca di un certo rigore di pensiero, che mi è stata necessaria per motivi professionali, è stata anche utile, credo, a organizzare e vincere contese che hanno migliorato la vita di molte persone.
Gianni, per cortesia, non replicare. grazie
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